Setola di Maiale – SM2660 – 2014
Pasquale Innarella: sassofoni
Roberto Fega: laptop, midi controllers, piano giocattolo
Thelonious Monk continua ad ispirare l’opera di importanti musicisti italiani nel corrente decennio. Si passa da un atteggiamento ossequioso verso il repertorio del grande monaco, rispettandone quasi la sacralità, ad una prospettiva sciolta, disinvolta, addirittura spregiudicata, in alcuni casi. Si pensi a Monk and roll del Tinissima Quartet, ad esempio, dove Bearzatti e soci si “divertono” a mischiare temi come ‘Round midnight o Misterioso con famose hit della musica leggera di qualità degli anni settanta e ottanta, attraverso collegamenti tanto audaci quanto consonanti. Si rifletta su Monk and the time machine di Franco D’Andrea. Qui i motivi di “Sphere” sono messi dentro ad una macchina del tempo virtuale che, ad elastico, li trasporta su e giù in vari periodi della storia del jazz con tutte le conseguenze immaginabili.
Pasquale Innarella, multistrumentista, famoso per le sue scelte d’avanguardia, ha una predilezione particolare per il compositore afroamericano. Non è nella sua natura, però, limitarsi semplicemente a suonare i pezzi così come sono. Occorre qualche elemento di scarto, di devianza per realizzare una reinterpretazione attualizzata, contemporanea. Provvede Roberto Fega con i suoi aggeggi tecnologici, midi controller e laptop, a disorientare, a decontestualizzare i brani, aggiungendo un vestito elettronico “a la page” ad autentici classici. In questo modo la musica si presenta con due sembianze apparentemente contrastanti. Da un lato la voce dei sassofoni rilegge in maniera libera, ma abbastanza coerente, non trasgressiva, le composizioni del pianista di Rocky Mount. Dall’altra parte Fega si adopera per fabbricare un’armonizzazione e un accompagnamento piuttosto fantasioso con elementi techno, drum’and bass, noise. Non c’è un vero scontro fra le due piste che avanzano appaiate e convergono fino a dar luogo ad un melange succoso con una superficie pop e un cuore inequivocabilmente jazz. Il brano più raccomandabile del cd è sicuramente una lenta e assorta Ruby my dear con Innarella al tenore a riprendere il timbro, l’eloquio di Hawkins e dei suoi epigoni, mentre il partner lo aiuta adoperando un pianoforte giocattolo e producendo una serie di appuntiti rumori sintetici di fondo con i suoi pc. Monktronik è un omaggio deferente e (ir)riguardoso al tempo stesso all’arte di uno dei geni della musica afroamericana. È, forse, un buon sistema per onorare un grande personaggio dimostrando la sua modernità. Con questo album le creazioni di Monk, infatti, vengono prese dal passato o dal presente e proiettate in avanti verso il futuro e oltre.