ACT Music – ACT 9624-2 – 2014
Gwilym Simcock: pianoforte
Yuri Goloubev: contrabbasso
Gwilym Simcock e Yuri Goloubev costruiscono nelle nove tracce di Reverie at Schloss Elmau una sintesi del percorso tra mondo classico e jazz che entrambi portano avanti sia nelle collaborazioni che li vedono insieme che nei progetti in cui ciascuno dei due si muove. La romantica atmosfera del castello di Elmau – particolarmente significativa la foto presente nel disco che ritrae i due musicisti fuori dal castello innevato – offre lo spunto per andare ulteriormente alla ricerca di possibili interazioni tra i due mondi e delle pratiche espressive e interpretative.
Il cammino è rivelato in modo plastico da alcuni titoli dei brani – Pastoral, Lost Romance, Antics, Non-Schumann Lied – e dalla scelta di riprendere la Reverie di Giovanni Bottesini, compositore dell’Ottocento italiano. Altri “indizi” vengono dalle note di copertina con cui entrambi i compositori presentano le motivazioni e le modalità di scrittura dei brani. E così, naturalmente, al momento dell’ascolto, l’intenzione di creare un ponte emerge dai singoli brani, dall’attitudine di entrambi, dal respiro e e dal passo ritmico conferito alla musica,
L’alternarsi delle firme dei nove brani racconta quanto la visione complessiva sia condivisa e partecipata dal duo. L’esplorazione degli spazi, l’utilizzo dell’archetto, la tensione emotiva cercata attraverso la scrittura, la dislocazione di elementi armonici o tonali per creare colori e atmosfere rimandano al mondo classico e alla dimensione accademica, alla preparazione solida, alla consuetudine con il repertorio e il gusto di scegliere con cura appropriata note e frasi. La libertà concessa dalla pratica del jazz porta l’elemento inatteso, la possibilità di percorrere strade diverse o, anche, più semplicemente, un accento e una prospettiva differente di quello stesso materiale.
Per gli amanti degli steccati tra i generi, forse Reverie at Schloss Elmau si colloca più facilmente nel versante classico. Dal momento che siamo nel ventunesimo secolo e molte barriere sono state superate – e, aggiungo, per fortuna – il lavoro ci pone davanti a un’idea musicale puramente rivolta a mettere su disco l’incontro tra due musicisti che hanno seguito strade diverse ma, in qualche modo, parallele e che si sono incontrati grazie alla condivisione di un attitudine comune, vale a dire la curiosità di interagire con il materiale, l’intenzione di plasmare i linguaggi dall’interno e di applicare le conoscenze e le esperienze secondo un approccio di volta in volta diverso, capace di giocare con i canoni, pur rimanendo filologici e sempre centrati sul discorso musicale. E, quindi, dopo poche note, perde davvero ogni interesse il gioco di stabilire se il tal passaggio o la tal frase provengano da questo o quel mondo e si finisce presto a seguire il percorso emotivo oppure il significato intimo della musica proposta dal duo.
Se, da parte sua, Yuri Goloubev è in grado di trarre dal contrabbasso il respiro vero dello strumento, grazie alla profondità del lavoro fatto con il pizzicato e, ancor di più, con l’archetto e alla qualità del suono sempre efficace ed elegante in ogni passaggio, Gwilym Simcock riesce con un tocco sempre nitido a indirizzare in modo pertinente gli aspetti orchestrali della musica. Ma il duo, davvero, gode di una gestione democratica e paritaria e non potrebbe essere altrimenti vista l’intenzione della sintesi che ne pervade ogni aspetto.
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