Franca De Filippi: la musica di mio padre

Foto: Archivio Bruno De Filippi










Franca De Filippi: la musica di mio padre


Nel 2010 è venuto a mancare Bruno De Filippi, armonicista e chitarrista jazz, uno dei protagonisti, grazie alla sua lunga carriera, della musica italiana del Novecento. Abbiamo avuto modo di incontrare Franca De Filippi, figlia di Bruno, e di registrare le sue parole nell’intervista che vi presentiamo di seguito.



Jazz Convention: La prima domanda che voglio farti è la seguente: quando hai scoperto che tuo padre un musicista famoso, apprezzato non solo dai jazzisti ma anche dal pubblico della canzone per brani come, ad esempio, Tintarella di Luna.


Franca De Filippi: Innanzitutto, voglio ringraziarti per darmi l’opportunità di parlare di mio padre: è sempre una gioia, davvero una gioia, lo dico con tanto sentimento, poter parlare nuovamente della sua carriera, della sua persona e, in qualche modo, della mia storia passata. Quando mi sono accorta?… Forse in culla o forse non ancora, perché sono nata con la musica intorno a me, con lo swing nel sangue: è stato naturale, non mi sono mai resa conto che si potesse vivere in una dimensione diversa.



JC: Mi dicevi che conservi una fotografia che ti ritrae in fasce in braccio a Mina, all’epoca diciannovenne…


FDF: Si, è una foto molto tenera che ho pubblicato anche sulla mia pagina facebook. Ero in braccio a Mina che era ospite in casa nostra all’epoca dell’uscita di Tintarella di Luna.



JC: Un brano che ha fatto conoscere tuo padre in Italia e nel resto del mondo… un disco che venduto numerosissime copie grazie a Mina e grazie anche alla vena compositiva di tuo padre…


FDF: Sicuramente è così. Mi sembra giusto riconoscere tre componenti artistiche importanti: quella di papà che con l’alternanza tra strofa e ritornello ha dato varietà al brano; la voce e l’interpretazione di Mina, ineguagliabile e irripetibile, e le parole di Franco Migliacci che ha avuto il genio di pensare alla tintarella di luna.



JC: Ripercorriamo la carriera di tuo padre. Nei primi anni ’50, il punto di partenza se non vado errato è stato un gruppo country, i Rocky Mountains Old Time Stompers…


FDF: Si esibiva con questo gruppo a cui fai riferimento alla metà degli anni ’50. Se vogliamo andare proprio alle origini della sua passione per la musica, dobbiamo risalire a qualche anno prima. Era nato nel 1930: raccontava sempre che alla fine della guerra ascoltava, dalla radio a valvole che era in casa, lo swing e la musica degli americani e aveva iniziato a carpire molti aspetti di quella musica. Ha iniziato suonando il mandolino con uno zio, lo zio Andrea, come abbiamo raccontato anche sul sito www.brunodefilippi.it. Il primo gruppo è sicuramente stato quello dei Rocky Mountains, uno dei primi gruppi milanesi che suonasse rock’n’roll.



JC: Dopo sono arrivati I Campioni che accompagnavano Tony Dallara…


FDF: Il complesso era nato prima, papà è entrato in un secondo momento… accompagnavano Tony Dallara, erano i tempi del Santa Tecla.



JC: Quindi una partenza sul versante rock…


FDF: I suoi primi ascolti erano swing, come dicevo anche prima. Le prime esecuzioni erano sull’onda della moda del momento in Italia. Proseguendo nella storia, dopo i Rocky Mountains, dopo I Campioni, ha formato un suo gruppo, il Complesso di Bruno De Filippi, in cui suonavano come “nuove leve” musicisti come Tomelleri, Jannacci e altri ancora. Anche se erano gruppi che si muovevano sul versante rock, nel suo stile già si sentiva tantissimo swing. Poi, naturalmente ci sono tantissimi aneddoti… Ricordo una tournée inglese, in cui portarono anche me piccolina: ho ancora in mente i loro sgargianti smoking.



JC: Bruno De Filippi ha cominciato come chitarrista: quando è arrivata l’armonica?


FDF: Anche in questo caso, la risposta non è univoca… abbiamo pubblicato una fotografia sul sito che lo ritrae alla fisarmonica già a 18 anni. Il suo strumento base in realtà era la chitarra in tutte le forme, passando anche per il banjo, l’ukulele, il mandolino, insomma tutti gli strumenti a corde. Dal 1980 circa ha intensificato la presenza dell’armonica cromatica, che è poi diventato il suo strumento da solista.



JC: Qual era il chitarrista al quale si ispirava?


FDF: I suoi modelli, ma anche ovviamente amici, sono stati Barney Kessel per la chitarra e Toots Thielemans per l’armonica. Sia con “zio” Barney che con “zio” Toots, che per me sono state persone presenti e verso cui in famiglia abbiamo sempre avuto un affetto profondo e sincero, aveva sviluppato un’amicizia vera. Siamo persino stati a trovare Barney a San Diego, dove abitava, dopo che ebbe un ictus. Aveva suonato con Barney qui al Capolinea, al Teatro Lirico e in altri club. Per quanto riguarda Thielemans, c’era grande amicizia e grande rispetto da parte di papà per quello che restava un suo idolo, sia tecnicamente che come espressione. Si narra che, ogni volta che Toots faceva un concerto e papà andava nel pubblico per ascoltarlo, Toots a un certo punto del concerto dicesse sempre: “Ciao Bruno, il tuo microfono è sul piano… ” e lo invitava a salire sul palco per dare vita a dei duetti totalmente improvvisati con grande soddisfazione da parte di entrambi e per la gioia del pubblico.



JC: Un momento importante è stato sicuramente il concerto tenuto alla Town Hall di New York nel 1993 e che ha visto protagonisti, insieme a tuo padre, musicisti come Cerri, Intra e molti altri… tu eri presente?


FDF: Si, ero nel pubblico ad ascoltare un evento che è stato simpatico, ma è stato anche un onore per questi nostri grandi musicisti e per il jazz italiano. Se è vero che il nostro jazz ha come riferimento quello statunitense e se è vero che gli americani hanno, da sempre, degli interpreti fantastici, è altrettanto vero che anche in Italia abbiamo musicisti estremamente validi.



JC: Tuo padre, in quell’occasione, ha eseguito anche Parlami d’amore Mariù in chiave jazz…


FDF: Tu sei un drago, io c’ero ma francamente non ricordo i brani che sono stati suonati, sono passati più di vent’anni ormai. Lo chiederei a te, a quest punto, che sei un database vivente… (ride – n.d.r.)



JC: Io sentii il concerto in differita, in una puntata di Radio Sera condotta da Adriano Mazzoletti che aveva presentato insieme ad un conduttore americano la serata della Town Hall…


FDF: È vero! Ricordo che poi si andò negli studi americani della RAI per realizzare un’intervista per RAI International. Oltre a quella grande occasione, papà suonò spesso negli Stati Uniti dove all’epoca vivevo e lavoravo. Mi è capitato spesso di ascoltarlo in posti come il Birdland o il Blue Note, a New York City, oppure al Pier House di Key West. E spesso era affiancato dal suo amico Don Friedman.



JC: E naturalmente ci sono stati tanti passaggi nelle trasmissioni radiofoniche e televisive della RAI… ricordo sicuramente diverse jam session in Radio Sera, condotta da Mazzoletti.


FDF: Certo, ma anche interventi nelle trasmissioni più divere, perché poi papà aveva registrato diversi assolo come ospite, penso all’indimenticabile I say I sto cca di Pino Daniele. Aveva realizzato un assolo su un brano romanticissimo registrato da Gigi Proietti, Il fatto è che non ti so dimenticare, e ricordo che nel 1997 fu ospite in una sua trasmissione. E poi lo troviamo con Rosanna Casale, in Incoerente Jazz, con Fiorella Mannoia che, giovanissima, aveva registrato e portato a Sanremo Gente qua, gente là, brano firmato da papà. Insomma, davvero tante collaborazioni.



JC: Festival dove Bruno aveva accompagnato Domenico Modugno nell’esecuzione di Volare…


FDF: Si, non era andato con il suo gruppo, ma era stato sul palco con Modugno. Ho persino trovato tra le sue carte un suo schizzo con la disposizione dei musicisti sul palco di Sanremo: già all’epoca, evidentemente, si resero conto della grandezza della cosa, tanto da spingerlo ad immortalare in un disegno l’avvenimento.



JC: Sempre a proposito di Sanremo, mi dicevi del suo incontro con Louis Armstrong…


FDF: Credo che per papà quello fosse l’Evento, con la E maiuscola. Lo raccontava sempre, lo ricordava nel corso dei concerti: l’incontro e la possibilità di suonare con Armstrong sul palco del festival. Armstrong interpretò Mi va di cantare in coppia con Lara Saint Paul e in quell’occasione papà ha accompagnato il trombettista con il banjo. Lui raccontava sempre che nel pomeriggio, durante una pausa delle prove, era seduto di fianco ad Armstrong. A un certo punto, Armstrong ha cominciato a cantare un brano, così a cappella, e lui ha cominciato ad accompagnarlo con il banjo. Un momento intimo, non registrato da alcuno, che ha generato un contatto umano e una simpatia speciale. Armstrong, poi, fece arrivare dagli USA una busta contenente una foto con dedica manoscritta “Al mio amico Bruno”. Louis si era ricordato di un momento così intimo e papà, dal canto suo, l’aveva ricordato per tutta la vita.



JC: Venendo agli anni di Europa Radio, lui era spesso presente in studio…


FDF: Era sempre una festa andare negli studi di Europa Radio. Qualche volta ho anche cantato lì con papà, con Renato Sellani e altri amici. Renato purtroppo ci ha lasciato da poco, era spesso anche lui a casa nostra, era un vero amico: Renato rimarrà sempre con la sua personalità e con le sue note ad essere ascoltato, ci ha insegnato che mettere anche un solo dito su un tasto di un pianoforte può generare un’emozione. La musica è trasferire emozione…



JC: Ricordo, tornando alle esibizioni di tuo padre nelle trasmissioni di Europa Radio, gli assolo su brani come Moon River oppure il brano Botta e Risposta, dedicato ad Elda Botta… Nel mio libro su Europa Radio ho raccolto una sua dichiarazione a proposito del fatto che, dal momento che Elda aveva un bel caratterino, a una Botta era necessaria una Risposta…


FDF: Pensa un po’, proprio ieri il chitarrista Roberto Porroni mi ricordava con i brividi una emozionante esecuzione di Moon River suonata anni fa con papà e Marco Ricci, contrabbassista e vero pupillo di Bruno, in un concerto valtellinese. Per quanto riguarda invece Botta e Risposta, il brano nasce, come dicevi, dal carattere di Elda, molto simpatica e molto decisa, una vera leader. Ho avuto il piacere di selezionare questo brano per il primo CD postumo, His life in music, che abbiamo realizzato con le registrazioni di mio padre. Con Carosello Records, che ha prodotto con me il disco, abbiamo cercato di compendiare in soli quattordici brani tutta la sua vita musicale. Uno di questo è proprio Botta e Risposta perché ha un’energia particolare. A quello è seguito un secondo disco, Personal notes, realizzato con Preludio, che raccoglie alcune delle composizioni meno note di papà. Tutti i CD pubblicati da lui, invece, sono elencati nella discografia che si trova nel sito. Invece la maggior parte della sua collezione di dischi e di libri di musica è stata donata alla Biblioteca Sormani di Milano: non avevo il coraggio di chiedergli cosa desiderasse che fosse fatto della sua grande collezione. Grazie al tramite di Franco Finocchiaro, amico musicista che lavora presso la biblioteca, abbiamo avuto la possibilità di donare alla Sormani tutto questo materiale che sarà sempre disponibile per essere ascoltato da parte di molti. È stato il modo per lasciare una traccia imperitura del suo lavoro e del suo amore per Milano.



JC: Quali erano gli erano gli ascolti di tuo padre? Ascoltava solo jazz tradizionale oppure si apriva anche alle nuove tendenze?


FDF: Si e no. Papà era molto aperto alle nuove generazioni, alla modernità e, in genere, alle novità. In fondo, è sempre rimasto il bambino curioso che ascolta la musica degli americani dalla radio. Per cui ha sempre aperto il suo cuore e il suo ascolto a tutto, ma poi selezionava molto. E, a questo proposito, mi fa piacere ricordare che il suo ultimo intervento in un disco è stato un assolo di armonica ne Il cielo in una stanza, registrato per un CD degli Alti & Bassi, quintetto vocale a cappella. Ho scoperto gli Alti & Bassi grazie a questo disco e sono contenta che papà, con questa sua ultima incisione, abbia contribuito al lavoro di un gruppo già affermato, ma con davanti a sé ancora una lunga prospettiva.



JC: Anche tu hai un’attività musicale, fai parte del Coro Libercanto diretto dal Maestro Mario Gioventù e con il pianista Stefano Meani. Un coro di 26 elementi con cui vi siete esibiti con grande successo al Circolo Bentivoglio di Milano in una ampia scorribanda musicale nel jazz e nella musica del Novecento, a partire da Gershwin fino ad arrivare ai Weather Report.


FDF: Certo, va detto che il coro è una realtà non professionale, è costituito da amatori, a parte Mario e Stefano. Le sue attività si possono ritrovare su www.corolibercanto.com. Tengo a precisare che io non sono musicista, ho studiato chimica e mi occupo di attività aziendali. Il lavoro mi ha portato a viaggiare per il mondo e questo mi ha fatto partecipare a diversi cori polifonici. Adesso abbiamo anche formato, sempre a livello amatoriale, un quartetto vocale, vediamo nel seguito cosa accadrà…



JC: Per chiudere, c’è una frase, una parola, un insegnamento che tuo padre diceva a proposito della musica?


FDF: C’è, in realtà, una frase che ha lasciato scritto in un manoscritto che lui inviò a un giornalista, credo, di Bergamo, dove rispondeva a questa domanda: “Cos’è per lei la musica? Cosa vuole dire ai giovani a proposito della musica?” La sua risposta è stata questa: “Non lasciatevi sedurre, non lasciatevi entusiasmare troppo dalla musica elettronica: ricordatevi che soltanto il vostro strumento e, nel caso dell’armonica, il vostro fiato, e il vostro animo possono trasferire all’ascoltatore ciò che voi avete dentro.” Questo concetto credo si possa applicare a molti strumenti: il musicista è la persona che sta dietro lo strumento e trasferisce le emozioni al pubblico. Abbiamo fatto stampare questa frase anche in occasione del concerto organizzato presso la Biblioteca Sormani, nella splendida Sala del Grechetto, quando abbiamo effettuato la donazione nel 2011: una specie di festival jazz in onore di papà.