Foto: Fabio Ciminiera
Bologna Skyline @ Zingarò Jazz Club, Faenza
Faenza, Zingarò Jazz Club – 1.4.2015
Andrea Ferrario: sax tenore, sax soprano
Michele Francesconi: pianoforte, tastiere
Alex Carreri: basso elettrico
Stefano Pisetta: batteria
Bologna Skyline è il nuovo progetto firmato a quattro mani da Andrea Ferrario e Michele Francesconi. Il punto di partenza è una riflessione sul jazz elettrico degli anni ’70: l’attenzione si rivolge alla fusion, in primo luogo, e alle costruzioni articolate e ricche di scansioni metronomiche meno consuete dei brani. La prima uscita dal vivo della formazione – composta, oltre che dai due leader, anche da Alex Carreri al basso elettrico e Stefano Pisetta alla batteria – si concretizza, in realtà, in un minitour di concerti per presentare il disco appena pubblicato da Alfamusic.
La dimensione raccolta del quartetto e, in qualche modo, le armonie affidate al solo pianoforte permettono di concentrare l’attenzione sulle composizioni e sugli arrangiamenti proposti da Ferrario e Francesconi. Emerge il “tessuto” del lavoro del gruppo e si evidenzia la capacità di mantenere aperto comunque uno spiraglio ampio per uscire al di fuori dei canoni del genere. Infatti, swing, blues e le varie tradizioni del jazz si ritrovano in molte delle tappe di un percorso che, sia pure fortemente indirizzato verso una certa grammatica elettrica, riesce a trovare spunti personali e riferimenti altri per poter ampliare il proprio discorso. Brano dopo brano, il quartetto compie un ragionamento musicale che tiene conto delle implicazioni del materiale composto per il disco e che, senza perdere di coerenza, spoglia l’operazione di un possibile sguardo nostalgico.
La sezione ritmica è il motore pulsante della formazione: energica e vigorosa, ma in grado anche di dosare il proprio intervento e convogliarlo a favore del risultato collettivo e, quando serve, di costruire uno sferzante groove. La costruzione dei brani è tale da richiedere un intervento corposo al pianoforte: la spinta offerta dalla ritmica però offre a Francesconi la libertà di usare gli ottantotto tasti per il lavoro armonico e melodico e di gestire il proprio compito con equilibrio. In pratica, il compito affidato al pianista è articolato e sostanzioso ma, allo stesso tempo, arrangiamento e composizione, gusto dell’interprete e dialogo tra i musicisti mettono ordine all’interno di frasi, accordi, risposte al solista e creano gli spazi di movimento per improvvisazioni in cui Francesconi combina il suo stile rigoroso ed elegante ed estro e affronta senza difficoltà e con buona dimestichezza una situazione stilistica alquanto differente dalle sue precedenti prove. Il ruolo di voce solista in una situazione estetica vicina alla fusion viene interpretato con grande confidenza da Ferrario: se il riferimento principale è, come è facile immaginare, ai diversi esponenti di quella stagione, il sassofonista alterna in modo efficace inflessioni e spunti per giungere a una soluzione quanto meno personale e così risponde sia al sostegno energico sia alla varietà di stimoli presenti nelle composizioni.
Come si diceva anche sopra, la chiave del concerto è nella varietà di elementi presenti nella scrittura di Ferrario e Francesconi: una volta individuato il terreno di gioco, la scelta operata è quella di non chiudersi in un rispetto forzato di forme e canoni, bensì di collegare melodie, strutture e atmosfere alle suggestioni provenienti anche da altri contesti musicali. Una scelta riconfermata ogni volta che serve, a tutto vantaggio della musica proposta. Prima del concerto, Francesconi ricordava come il disco sia uscito al termine di un lungo “laboratorio”, fatto di progettazione, confronto tra i leader, prima, e con i musicisti coinvolti, poi, prove e aggiustamenti. Il risultato di una operazione simile, maturata nel tempo e nell’applicazione, porta sul palco una musica complessa ma non complicata, arriva con fluidità all’ascoltatore, rispetta le personalità dei suoi interpreti.
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