3 Piano Generations

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3 Piano Generations

Genova, Porto Antico – 10.4.2015

Luis Bacalov, Stefano Bollani, Alberto Pizzo: pianoforte

Lo spettacolo, prima di tutto. È questo in fin dei conti, l’obiettivo di un incontro al vertice fra tre pianisti di generazioni diverse (come da titolo dello show), uniti per dar vita ad un’esibizione di sicura presa, ma con all’interno contenuti qualitativi di prim’ordine. La mente dell’inconsueto meeting è Luis Enriquez Bacalov, musicista argentino da tempo residente a Roma, noto per la sua attività di arrangiatore e direttore d’orchestra nell’ambito della musica leggera e come compositore di colonne sonore. Accanto a lui è in scena l’istrionico Stefano Bollani. Nell’ambiente della musica jazz alcuni sostengono che in Italia ci siano altri tastieristi alla sua altezza, ma tenuti in minor considerazione dalla critica e dagli appassionati. È possibile. Nessuno, però, gli sta al pari in situazioni come questa, ai confini fra diversi tipi di musica, su un palcoscenico, davanti a un pubblico. La vitalità, la verve, il carisma del pianista fiorentino di adozione, vengono fuori al meglio in queste circostanze conquistando immediatamente l’uditorio.


Il terzo nome coinvolto è meno celebre dalle nostre parti. Il giovane napoletano Alberto Pizzo, invece, ha raggiunto una buona fama soprattutto negli USA, per la sua tecnica cristallina e il suo modo di suonare pirotecnico.


Bacalov rappresenta degnamente l’anima tanghera e dà inizio al concerto con Libertango, brano usurato dalle moltissime esecuzioni, che qui ritrova nuova linfa, grazie al tocco felpato del musicista argentino e in virtù del contributo scintillante dei due partners. Da qui in poi, ogni volta che l’iniziativa spetta a Enriquez, si ascoltano classici del repertorio di Piazzolla o Gardel e non possono mancare leitmotiv cinematografici da lui composti, come il tema de Il postino o il meno conosciuto Assassination tango da un film diretto da Robert Duvall.


Bollani è in grande vena e straripa letteralmente sul suo strumento, con versioni sfarzose e lussureggianti di Samba de una nota so di Jobim, di Matilda o del Volo di una mosca (secondo traduzione), altra incursione nel mondo carioca.


Pizzo comincia con un po’ di timidezza, vicino a cotanti maestri, ma non fatica a sciogliersi e a procedere con una certa baldanza, in maniera disinibita. Quando tocca a lui la parola, propone sue creazioni o pezzi del canzoniere napoletano, quale Tamurriata nera o un ricordo di Pino Daniele.


I tre artisti, durante la serata, si presentano sul palco in solo o in coppia. Soltanto in apertura e in chiusura sono tutti insieme all’opera. Si avverte, palpabile, un’atmosfera di favorevole collaborazione fra i tre. Non è una sfida per dimostrare chi è più veloce o chi è più emozionante. Alla fine di ogni segmento si assiste, infatti, ad un reciproco scambio di abbracci o di manifesti segnali di concordia.


Gli spettatori decretano un vero trionfo per questo evento, a dimostrazione che la musica suonata egregiamente e presentata con garbo e ironia può “arrivare” ad un pubblico trasversale, non necessariamente esperto nel ramo.