Venti libri per l’International Jazz Day dell’UNESCO

Foto: La copertina di Silenzio di Mario Brunello










Venti libri per l’International Jazz Day dell’UNESCO


Dunque il 30 aprile festeggiamo – almeno io lo festeggio! – l’International Jazz Day UNESCO. E qui per Jazz Convetion vorrei festeggiarlo in un modo un po’ particolare, se mi si consente. Intanto mi stupisco di come moltissimi ancora, fra organizzatori, jazzisti e jazz club, ignorino questa data internazionale del Jazz Day e di fatto l’esistenza stessa di un Jazz Day: è un vero peccato per loro, perché potrebbero iscriversi gratis al sito UNESCO e ottenere grandissima visibilità anche con minime iniziative, come mi capita di leggere in rete o su facebook.


Ma è il caso di riassumere brevemente cos’è il Jazz Day? Direi di sì e allora ecco che in tutto il mondo giovedì, da mane a sera, si festeggia l’iniziativa che l’UNESCO vara nel 2012 grazie all’intraprendenza di artisti, studiosi e appassionati, ritenendo la musica jazz – dagli Stati Uniti d’America ormai diffusa sull’intero Pianeta – quale simbolo di cultura, arte, civiltà. L’invenzione del Jazz Day spetta a Herbie Hancock che si avvale dunque del patrocinio dell’UNESCO – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura – che, a sua volta, nel corso degli anni, dichiara alcune musiche come il blues, il tango e appunto il jazz, al pari di edifici o paesaggi, “Patrimonio dell’Umanità”, quindi da proteggere e valorizzare.


Come lo festeggio io? Nella mia città organizzando presentazioni di libri, ovviamente sul jazz, contrappuntate da musica dal vivo e proiezioni di video e filmati. Il momento privilegiato nel mio Jazz Day resta comunque il libro. Perché? Il motivo è semplice: c’è in giro, almeno in Italia, ma non solo nel jazz (anche nel rock, persino nella classica, per non parlare di cinema o teatro o televisione) troppa superficialità che, filosoficamente, nella musica esprime con una “politica” del fare e basta. La prassi sulla teoria: punto e basta! Ai musicisti basta suonare e agli ascoltatori seguire qualche concerto e di colpo sono tutti esperti di jazz!


Non basta il “fare musica”, benché la leggenda narri che il jazz nasca spontaneamente da uomini e donne che manco sanno dell’esistenza di uno spartito. Non è vero! I maggiori jazzmen sono gli artisti più preparati: gente che a vario titolo studia, studia, poi studia e di nuovo studia. E i migliori jazzofili sono le persone che imparano sfogliando le riviste, acquistando i dischi, informandosi sui siti e appunto leggendo i libro, perché il libro – anche rispetto alla pur necessaria informazione in rete, che io non disdegno affatto – offre la possibilità di approfondire, confrontare, relazionarsi.


Ecco dunque una scelta di venti titoli – che per non fare torto a nessuno dispongo in rigoroso ordine alfabetico per autore – di libri usciti più o meno di recente che coprono un ampio ventaglio di ciò che è la critica, la musicologia,la storiografia, la sociologia intorno al jazz. Sono libri anche molto diversi fra loro per valore intrinseco o spessore intellettuale, pur contribuendo tutti a fare chiarezza su un argomento che necessita quotidianamente dei maggiori e migliori aggiornamenti possibili.



Joachim-Ernst Berendt & Günther Huesmann, Il libro del jazz. Dal ragtime al XXI secolo, Odoya, Bologna 2015.


Il maggior best seller sul jazz, il libro più venduto al mondo sul’argomento e anche quello che in Italia vanta forse più edizioni (cinque prima dell’attuale, fra il 1959 e il 1992: una per Sansoni, due per Garzanti e due per Vallardi) torna di nuovo in libreria, con l’aggiornamento, fino al 2005, di un allievo del primo autore: per quelli di tante generazioni cresciuti con “il” Berendt e poi con il Jazz di Arrigo Polillo, ma anche per i nuovi lettori, una scoperta fondamentale e una guida preziosissima.



James Brown, I Feel Good. L’autobiografia, Minimum Fax, Roma 2015.


Forse un po’ enfatico, ma comunque sincero nel raccontarsi: questo (e altro ancora, taciuto nel testo) è il re del soul che storicamente può vantare un ruolo anche importante nella storia del jazz, non solo per averlo praticato da giovane, ma per come egli stesso in fondo riesca asd anticipare qualcosa del jazzrock, della fusion, del free-funk nel corso degli anni.



Mario Brunello, Silenzio, Il Mulino, Bologna 2014.


Tra i maggiori violoncellisti classici, l’autore, in questo breve pamphlet semiautobiografico, ci invita a riflettere sul silenzio, pensando ovviamente alla storia della musica dotta. Si tratta però di un testo assai utile a jazzisti e jazzofili in un momento in cui, purtroppo, con l’esatto contrario (la musica assordante, invadente, vampirizzante, come la techno o anche certo post-bop) si rischia l’inquinamento acustico.



Cabu, Swing. Souvenirs & Carnets d’un fou de jazz, Les Échappés – Charlie Hebdo, Paris 2013.


In un grosso volume illustrato tutto quanto il grande fumettista francese (ucciso dall’Isis, assieme ad altri colleghi, nel gennaio scorso) disegna sul jazz in oltre mezzo secolo all’insegna dello sberleffo e dell’amore verso la musica afroamericana. Ed è anche una bellissima storia del jazz sui generis, raccontata dalla matita di un satiro impenitente.



Ray Charles con David Ritz, Brother Ray. L’autobiografia, Minimum Fax, Roma 2015.


The Genius racconta se stesso con l’aiuto di un noto giornalista. E la narrazione orale, divenuta pagina scritta, non perde valore o dignità nello svelare, molto più realisticamente di un James Brown, cosa significhi essere nero, cieco, drogato anche al culmine del successo, dalla fame alla fama.



Fabio Ciminiera, Il tempo di un altro disco, Lulu Enterprises, N C, 2014.


Come molti studiosi e appassionati di jazz, anche l’autore fa parte di una generazione culturalmente nata e maturata con il disco vinile e la musica rock, ovvero due fenomeni, due arti, due mezzi, due estetiche strettamente collegate (e a loro volta collegabili al jazz moderno), che vengono qui rievocate in maniera originalissima con gusto narrativo sorprendente.



Luca Alfonso d’Agostino, Flavio Massarutto, Jazz Visions, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea “Ai Molini”, Portogruaro 2014.


Un “libro d’artista” curioso e autentico sia nella veste grafica sia nel rapporto tra l’autore delle foto e quello dei poetici testi accompagnatori: sono solo otto immagini (a colori e in bianco e nero) scattate negli ultimi anni in vari festival italiani, ma bastano e avanzano, in quanto rivelatrici di nascosti saperi.



Giuseppe Ferdico, FM 88.3. La storia di Europa Radio Jazz, GF (autoproduzione), Milano 2014.


Nel 1976 Elda Botta e Sergio Leotta fondano a Milano quella che può definirsi la prima e per molti versi unica emittente jazz in Italia che, fra alti e bassi, resisterà fino al 1998. Aveva un ascolto medio di venticinque il persone al giorno e trasmetteva concerti in diretta con i maggiori jazzmen italiani, europei e statunitensi. Da qui l’affettuoso ricordo di un tenero collaboratore con raccolta di documenti e altre curiosità.



Amedeo Furfaro, Il giro del jazz in 80 dischi (Italia), CJC, Musica News, Cosenza 2014.


Una corposa selezione di CD italiani degli anni Duemila viene sottoposta a profonda analisi critica, anche grazie all’onestà professionale di indicare o meglio esplicitare in un primo capitolo teorico gli strumenti ermeneutici adoperati, attraverso la cosiddetta Jazz Appreciation stilistica del prodotto disco a livello sia artistico sia economico.



Thom Gilbert, Soul. Memphis’ Original Sound, Officina Libraria, Milano 2014.


Sono a decine i musicisti immortalati oggi, protagonisti ieri (soprattutto nei favolosi anni Sessanta) di una innovativa black music a metà fra gospel e r’n’b. I ritratti sono tutti primi piani (sia a colori sia in bianco e nero) su fondo neutro, con l’aggiunta di panoramiche e dettagli dai mitici studios.



Luigi Giuliana, Storia di jazz e non solo, Fondazione The Brass Group Editrice, Palermo 2014.


Ecco, da parte del fondatore, il resoconto dell’attività di The Brass Group ovvero l’Associazione Siciliana per la Musica Jazz che, dal 1974 a oggi, organizza centinaia di concerti in tutta l’Isola, invitando gruppi e solisti di grande prestigio da ogni parte del Pianeta. Il resoconto è agrodolce perché, nell’ideare e gestire eventi culturali, in Italia sono sempre e, da sempre, “gioie e dolori”.



John F. Goodman, Mingus secondo Mingus. Interviste sulla vita è la musica, Minimum Fax, Roma 2014.


Realizzate tra il1972 e ilm1974, quando il grande contrabbassista sta, più o meno consapevolmente, organizzando il proprio rilancio, questi fitti dialoghi con l’autore del libro sembrano quasi il pendant della celebre autobiografia Peggio di un bastardo, che, a sua volta, resta il corrispettivo letterario di una musica altrettanto densa, imprevedibile, sofferta, problematica, ma sempre fortemente legata alle radici blues e gospel.



Ezio Guaitamacchi, La storia del rock, Hoepli, Milano 2014.


Al di là dei capitoli dedicati alla musica espressamente afroamericana come il blues, il soul, il r’n’b, questo resta un libro sul rock, anzi la migliore storia del rock uscita negli ultimi anni, grazie a una coinvolgente progettualità editoriale che riesce a giostrare dati, saperi, approfondimenti. Il libro che i jazzofili puristi dovrebbero cominciare a leggere per non restare chiusi in se stessi.



Stanley Krouch, Fulmini a Kansas City. L’ascesa di Charlie Parker, Minimum Fax, Roma 2014.


Quando si pensa a Bird, la mente corre verso le magie del sax alto nel creare immaginificamente il rivoluzionario stile be-bop; oppure verso le città da lui amate, vissute con frenesia e intensità, come New York e Los Angeles, non certo a Kansas City in apparenza legata ancora all’hot jazz. Eppure le origini non solo anagrafiche di Charlie Parker sono lì, nel cuore del Middle West, dove il blues e lo swing gli comunicheranno già qualcosa di nuovo.



Vincenzo Martorella, Storia della fusion. Dai Weather Report agli Snarky Puppy: guida ragionata a una musica “inqualificabile”, Arcana Jazz, Roma 2015.


Ha ragione l’Autore, grande esperto in materia, a dire che si tratta di un sound che non si riesce a inquadrare nelle tradizionali categorie estetiche, essendo alla confluenza delle due fondamentali scuole di pensiero della musica pop novecentesca: il jazz da un lato, il rock dall’altro. Eppure, tutta la storia del jazz, sin dalle origini, è soprattutto una fusion tra mondi anche eterogenei: e in tale prospettiva il libro è utile, avvolgente, interessantissimo.



Guido Michelone, George Gershwin e il jazz contemporaneo, Educatt, Università Cattolica, Milano 2015.


Inserisco anche il mio nuovo, non per autoincensarmi, ma con una vis polemica nei confronti dei tanti media che – non so spiegarmi il perché – ignorano i miei libri: in fondo questo è il primo sull’argomento in Italia. Si tratta di un testo che ruota attorno alla versione cult di Porgy And Bess, da parte di Miles e Gil Evans e a quella più recente di David Linx e Maria João, non senza qualche digressione sul compositore medesimo.



Sergio Pasquandrea, Breve storia del pianoforte jazz. Un racconto in bianco e nero, Arcana Jazz, Roma 2015.


Pianista amatoriale, sia pur con diploma di conservatorio, l’autore del libro compie una ricognizione storica a 360 gradi dai primi strumenti verticali adoperati nel ragtime di Scott Joplin fino a magnifici Steinway accordati alla perfezione per le solo performance di un Keith Jarrett sempre più capriccioso. In mezzo la storia secolare del pianismo jazzistico che spesso anticipa stili, correnti, passaggi, idee.



Marcello Piras, Dentro le note. Il jazz al microscopio, Arcana Jazz, Roma 2015.


Il titolo è fin da subito molto eloquente: un’analisi profonda (“dentro”) in un’ottica musicologica accademica (“le note”), che pur il grandissimo musicologo romano sa adattare al sound improvvisato, attraverso la disamina in quaranta capitoli (apparsi in origine su rivista tra il 1983 e il 1995) di altrettanti brani dal ragtime al post-free. Da studiare più che da leggere.



Giorgio Rimondi, Nerosubianco. Fenomenologia dell’immaginario jazzistico, Arcana Jazz, Roma 2015.


L’autore, esperto nello studio dei rapporti tra jazz e altri linguaggi espressivi (soprattutto le arti e la letteratura), affronta qui il tema della fotografia, usando l’immagine quale suggestione narrativa per ripensare il significato storico-culturale della musica afroamericana, convinto che il jazz stesso, oltre la storia della musica, riesca pure a rinnovare la visione del mondo, dunque l’immaginario pubblico e privato.



Lorenzo Santoro, Musica e Politica nell’Italia unita. Dall’illuminismo alla repubblica dei partiti, Marsilio, Venezia 2014.


C’è il capitolo finale – Musica, politica e masse. La politica musicale del Partito Comunista – che è sicuramente il miglior saggio in volume sul jazz di taglio sociologico, uscito in questi ultimi tempi. Dalla condanna dell’hot nelle lettere di Antonio Gramsci alla presenza del free nelle Feste dell’Unità degli anni Settanta, sino alla difesa delle musiche improvvisate e avanguardiste, la politica cultura della sinistra ufficiale è uno snodo decisivo per capire il passato recente e l’attuale situazione.