WinJazz, un festival declinato al femminile

Foto: Fabio Ciminiera










WinJazz, un festival declinato al femminile

Roma, Casa del Jazz – 27.11.2015


WinJazz è stato il festival itinerante organizzato da MuLab e vincitore del bando promosso dal MiBACT per il Jazz Italiano. Una formula plurale e declinata al femminile per portare testimonianza di modi diversi di intendere il jazz da parte delle musiciste scelte.


Queste le coordinate percorse dall’iniziativa: cinque formazioni per quattro tappe, tutte svolte nel corso di un mese a cavallo tra novembre e dicembre e con modalità differenti a seconda dei casi. Ad esempio, la tappa romana si è svolta tutta in un’unica serata con dei brevi set da venti minuti, i passaggi all’estero sono stati più corposi: le tappe croate e inglesi si sono svolte in tre giorni e la conclusione in Polonia è stata suddivisa in due date. E in ciascuna delle tappe, come si può vedere dalle foto e dai programmi pubblicati in rete sono state presenti anche artisti locali ad ampliare lo sguardo al jazz declinato al femminile.


In aggiunta a tutto questo, le quattro vincitrici del concorso dedicato alle giovani compositrici sono state ospitate all’interno dei set e dei concerti delle formazioni e hanno presentato i brani che hanno fatto vincere loro il concorso.


Cinque formazioni coinvolte, dicevamo. Ecco i nomi: Federica Zammarchi Jazz Oddity; Cecilia Sanchetti Circle Time; Milena Angelé Resiliency; Silvia Bolognesi e Angelo Olivieri; Blastula.Scarno duo con Monica Demuru e Cristiano Calcagnile. Queste ultime due, però, non sono state presenti nella tappa romana. Le quattro vincitrici invece sono la contrabbassista Rosa Brunello e le tre cantanti Laura Taglialatela, Elena Paparusso e Chiara Viola.


La serata ha ospitato quindi i tre set di Federica Zammarchi Jazz Oddity, Cecilia Sanchetti Circle Time e Milena Angelé Resiliency ai quali si è aggiunto l’intervento di Rita Marcotulli con un brano in piano solo e un duetto con Maria Pia De Vito: un incontro non previsto nel programma ma solido e compatto, conoscendo la loro lunga frequentazione musicale, le esperienze, il gusto e delle due musiciste. Rita Marcotulli ha, inoltre, costituito la giuria del concorso insieme a Cecilia Guerrieri Paleotti, assistente alla direzione artistica della Casa del jazz, e Antonia Tessitore, autrice e conduttrice di Battiti Radio Rai 3.


Sul palco della Casa del Jazz abbiamo visto perciò tre formazioni diverse per riferimenti nella storia del jazz e scelta delle atmosfere che sono state comunque in grado di portare al pubblico progetti di spessore. La rilettura del repertorio di David Bowie operata da Federica Zammarchi guardando alle anime più mainstream del jazz, il dialogo innescato con il post bop e con le sue derivazioni in Resiliency, il progetto guidato da Milena Angelé, lo sguardo acustico e collettivo rivolto al jazz degli anni settanta da Cecilia Sanchetti con Circle Time: tre formazioni in grado di esprimersi con capacità e proprietà di linguaggio, abili soprattutto a rispettare con coerenza le intenzioni delle musiciste e i propri punti di partenza. Ed è forse quest’ultima la chiave più importante: ognuno può apprezzare un progetto più di un altro secondo le preferenze personali, ma in tutti i casi ci troviamo di fronte a situazioni concepite e portate avanti con maturità e con senso complessivo della costruzione musicale.


La formula del set di circa venti minuti può sembrare riduttiva. In realtà, si sposa bene con la logica di far conoscere all’estero le formazioni scelte e tramite loro il movimento femminile del jazz italiano. Aveva sicuramente molto più senso in maniera diffusa i progetti fuori dall’Italia: il passaggio sul palco della Casa del Jazz offre sicuramente una vetrina importante ma per il pubblico, soprattutto rispetto alle formazioni attive sulla scena romana, si tratta di concerti con cui si può comunque entrare in contatto. Favorire la visibilità al di fuori dei confini nazionali delle formazioni scelte con incontri e jam session, set più corposi, presenza su palchi non abituali è una efficace motivazione per la scelta operata dall’organizzazione e rappresenta una possibilità interessante e proficua messa a disposizione dei progetti.


La domanda, alla fine, resta una. Perchè un festival declinato al femminile, oggi, nel 2015? Dovrebbe essere ormai chiaro: non è più possibile avere pregiudizi nei confronti delle interpreti femminili del jazz a prescindere dallo strumento e dall’impegno. Se una volta si trovavano sui palchi del jazz solamente cantanti o pianiste, oggi è facile trovare musiciste alle prese con tutti gli strumenti. Allo stesso tempo, almeno in Italia, ma anche nella maggior parte dei festival e delle rassegne internazionali, è facile constatare come le musiciste facciano fatica a trovare spazio nei programmi. Il superamento di certe dinamiche di genere è ancora di là da venire e in qualche modo, a parte pochi nomi – peraltro assolutamente meritevoli e indiscutibili – provoca la suddivisione di un numero davvero esiguo di possibilità tra le artiste. Si potrebbe risolvere con una affermazione paradossale o, se si preferisce, contraddittoria: non serve ma è necessaria. Effettivamente si torna sempre allo stesso punto: se sono molti i festival jazz che non mettono nei loro programmi i nomi meno blasonati, il problema si acuisce quando andiamo a considerare la percentuale di protagoniste femminili all’interno dei programmi. Non serve, quindi, perché se prendiamo in considerazione le interpreti riconosciute e i personaggi più rappresentativi, le stelle affermate e le giovani emergenti e, non ultime, le formazioni presentate da WinJazz non hanno nulla da invidiare ai loro pari grado di sesso maschile. Ma diventa necessaria, come si diceva, per dare spazio e visibilità ad un movimento che, nonostante la validità delle sue proposte, si manifesta con fatica al pubblico.



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