Nonesuch – 531209-2 – 2013
Fatoumata Diawara: voce, chitarre, kalabash
Gwimba Kouyate: chitarra, ngoni
Moh Kouyate: chitarra
Thomas Grommaire: chitarra
John Paul Jones: basso
Leon Richard: basso
Hilaire Penda: basso
Alioune Wade: basso
Jon Grandcamp: batteria
Seb Rochford: batteria
Francis Arnaud: batteria
Tony Allen: batteria
Ousmane Keita: kamel ngoni
Madou Kone: kalabash
Sola Akingbola: congas
D’indubbio appeal personale, la cantautrice-attivista del Mali sta rapidamente guadagnandosi visibilità ed attenzioni intercontinentali grazie ad una speciale combinazione di presenze spettacolari: oltre alla notevole partecipazione al drammatico, recente film Timbuktu (Premio della Giuria Ecumenica di Cannes) è costantemente aggiornato il tour planetario che sancisce le molteplici valenze del personaggio.
Di suo, il calderone pop del continente nero non da ora è attivo nel disegnarsi una sua forte identità in arte, e non sarebbe nemmeno il caso di citarne i giganteschi esponenti (non solo dal Sudafrica o dal Maghreb), che certo anche grazie alle correnti del world ha goduto di suggestive propulsioni mediatiche.
Line-up piuttosto abitata in Fatou, e non soltanto dai talenti continentali, ma anche da stimolanti presenze tra cui il Seb Rochford dei post-fusion Polar Bear, l’eclettico world-drummer Jon Grandcamp e, dai più titolati piani del rock storico, s’aggrega addirittura un John Paul Jones, che trasbordando dalle sue ormai mitologiche trasvolate zeppeliniane, in realtà apporta poco più del nome, avendo nella sostanza non troppo da aggiungere ad una macchina ritmico-coloristica avviata, efficiente ed accessoriata – tali i potenti contributi del veterano batterista nigeriano Tony Allen, delle guizzanti, pittoriche chitarre di Gwimba e Moh Kouyate, ma in buona sostanza di tutti quanti gli affaccendati sidemen, a conferire uno speciale colore al dilagante spirito soul, allo swing incontenibile, al groove flottante e sostenuto da un saliente arsenale ritmico.
La polposa, dominante corrente afro-funk in elettroacustico è vivacizzata da una peculiare sensibilità blues e ricorrenti soluzioni jazzy, soprattutto nel cantato, di effettistica fluenza, dell’ispirata vocalist.
Indiscutibilmente potenti nella loro accessibile semplicità, i testi, declamati senza ricorso alle lingue importate dai colonizzatori anglo-francesi, sono purtuttavia catturanti nella musicalità del nativo Wassoulou (considerato tra i patrimoni etno-musicali maggiormente genitoriali rispetto al blues), trattando tematiche in apparenza private ma certamente percorse da più di un lacerante pensiero a quanti una volta costituivano le masse dei boat-people, e tutt’oggi permangono tra i più tragici morituri delle attuali cronache.
Tra le più catturanti tracks, Bakonoba, Bissa o Sowa (ma ardua e iniqua ne sarebbe la selezione), adeguatamente rappresentate nei rispettivi video, godibilmente ma senza rinunciare alla tensione dell’impegno, condividono un Amore e una Fede universali e piuttosto incrollabili, a conferire ulteriore luce e partecipazione all’opera, veicolati su tutto da un’ineludibile propulsione comunicativa.
Attendendo l’annunciato EP Live in Marciac, in coppia con l’ormai fedelissimo pianista cubano Roberto Fonseca (che toccherà on tour anche alcuni nostri palcoscenici), il corposo debut-album di Faoumata Diawara tiene alta per corpo ed ispirazione una radicata e naturale Anima soul – prescindendo, e ci ripetiamo, dai possenti soffi vitali sugli originali laboratori del blues e del jazz – ma è già storia ed evidenza.