ECM Records – ECM 2410 – 2015
Mathias Eick: tromba
Gjermund Larsen: violino
Jon Balke: pianoforte
Mats Ellertsen: contrabbasso
Helge Norbakken: percussioni
Quando si parla di medio oriente o lontano occidente, bisognerebbe individuare prima il punto di osservazione del soggetto. Il termine Midwest, oramai, identifica il territorio centrale degli Stati Uniti, compreso tra i Grandi Laghi, le Montagne Rocciose, gli stati del Sud: un territorio definito musicalmente da alcuni lavori di Pat Metheny, Charlie Haden, Bill Frisell e altri musicisti che hanno preso lo spunto da elementi precisi per operare una sintesi capace di restituire un paesaggio sonoro, di disegnare le suggestioni legate a ricordi di infanzia oppure a vicende storiche. Un passo coerente con le premesse di partenza, una musica che non punta a stabilire una “evoluzione” di quelle, quanto a sviluppare un quadro narrativo fedele alle sensazioni e ad entrare, in definitiva, nell’ambito del cosiddetto “folklore immaginario”, anche se nel caso si prendono le mosse da elementi più rintracciabili e meno oleografici.
Per Midwest, il nuovo lavoro discografico del trombettista Mathias Eick, si potrebbe coniare la definizione di “folklore cinematografico”. La musica presente nelle otto tracce, infatti, si muove in una dimensione capace di suggerire tanto l’elemento folklorico di quella terra di mezzo, quanto un certo taglio narrativo tipico delle colonne sonore. Alcuni titoli – Fargo, su tutti, ma anche Lost e At sea – aiutano a definire questa sensazione: i riferimenti utilizzati per la scrittura e per la gestione delle melodie, naturalmente, completano il quadro. È più facile individuare Yann Tiersen, Ennio Morricone o le tantissime pagine del mondo classico utilizzate per le colonne sonore come numi tutelari della composizione di Eick, rispetto alle tradizioni del jazz statunitense o europeo. Un ragionamento analogo si riflette sulle sonorità portate nella formazione e sulla scelta dei musicisti: un meccanismo pensato per muoversi attraverso contesti sonori differenti e per adeguarsi alle pieghe di un repertorio del tutto al di là delle classificazioni di genere. Nella musica di Eick, quindi, si intrecciano le “grammatiche” del folklore del Nord, della musica classica, del jazz e delle tante derive contemporanee. Il tutto miscelato in una dimensione fortemente e marcatamente acustico.
Il processo innescato dal trombettista riprende, in qualche modo, quello evocato in apertura. Le composizioni utilizzano tanto le esperienze personali quanto gli stilemi consolidati nel corso degli ultimi decenni. Eick punta ad una narrazione musicale capace di evocare immagini e dinamiche cinematografiche, appunto, per una ulteriore confluenza di linguaggi e di modalità espressive. La musica prende spesso una dimensione speculativa: si percepisce spesso l’intenzione del trombettista di accompagnare le emozioni invece che suscitarle direttamente, se si vuole. Allo stesso modo, un lirismo concreto e descrittivo colora il suono della tromba del leader e, di conseguenza, si insinua nelle pieghe del lavoro. Un racconto completato attraverso piccoli bozzetti, immaginifici o realisti a seconda dei casi, attraverso pagine suonate con attitudine pacata, con equilibrio ed eleganza, cercando di smussare ogni spigolo e risolvere le frizioni.
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