Tosky Records – TSK013 – 2014
Marco Guidolotti: sax baritono
Francesco Lento: tromba, flicorno
Marco Loddo: contrabbasso
Giovanni Campanella: batteria
Se leggendo la line up del quartetto avete pensato alla formazione pianoless guidata da Gerry Mulligan e Chet Baker, la lista dei brani e la seconda pagina del booklet tolgono ogni dubbio. Guidolotti e i suoi musicisti “confessano”, infatti, che il disco è un tributo alla musica prodotta dai due grandi maestri del jazz all’inizio degli anni ’50, quando diedero vita ad un sodalizio storico, tanto da diventare l’archetipo del quartetto senza supporto armonico, con i due fiati a guidare la musica.
Guidolotti, Lento, Loddo e Campanella si misurano in maniera agile e rispettosa con il repertorio. L’operazione viene condotta tenendo conto delle atmosfere originali: la dimensione live del suono, la concisione delle esposizioni, il discorso contrappuntistico che vede protagonisti tutti e quattro i musicisti e, in particolare, i due fiati.
Il rapporto con il riferimento scelto è tutt’altro che facile. Il quartetto di Mulligan e Baker è tra le esperienze più importanti e significative del cool jazz – e si può facilmente aggiungere di tutta la storia del jazz – grazie alla particolare combinazione di rigore, musicalità, pensiero ed emozione. Il nostro quartetto riprende nelle dieci tracce del disco con fluida efficacia gli insegnamenti dei Maestri. Se l’umiltà e il rispetto sono necessariamente dovuti, l’intenzione di mostrare la propria personalità passa attraverso dettagli piccoli, ma non meno importanti. Spigolature e prospettive fanno trasparire ascolti e riferimenti che nelle registrazioni dei primi anni cinquanta non potevano essere presenti o, meglio, non potevano essere già assimilate in maniera profonda dagli autori. Guidolotti, come ogni musicista odierno, conosce i dischi di Mulligan e Baker e li ha studiati, insieme naturalmente alle pubblicazioni prodotte nel corso dei decenni, per sviluppare il proprio linguaggio. Mulligan e Baker, inoltre, hanno avuto lunghe carriere successivamente ai dischi del “quartetto californiano”: la manifestazione di un mondo espressivo complesso e di livello altissimo. La stratificazione di questi elementi si affianca al tributo rivolto alle atmosfere del quartetto. La costruzione della scaletta si concentra così sui riferimenti tipici del quartetto pianoless, grazie a tre composizioni di Mulligan – Reunion, Four for three, Night Lights – e alcuni standard – ‘S Wonderful, Tea for Two, Bernie’s Tune – spesso utilizzati dal baritonista. I quattro originali si inseriscono nel cammino tracciato senza frizioni, aggiungendo semmai con gusto altri spunti. A partire dagli echi delle esperienze del jazz italiano dei primi anni sessanta, quando lo stesso Chet Baker ha rappresentato un riferimento presente e un compagno di palco per molti musicisti. E senza dimenticare, poi, la visione orchestrale delle big band, la connessione stretta tra mondo classico, composizione e passi del jazz, lo stile raffinato ed elegante di Mulligan: elementi avvicinabili al sassofonista sin dai tempi dell’orchestra di Claude Thornill e delle sessioni di Birth of the cool.
L’omaggio passa attraverso una interpretazione alla luce dei decenni passati dalle registrazioni e dai concerti del quartetto Mulligan-Baker. Guidolotti non tradisce l’originale, si lega semmai a quella lezione per raccoglierne il testimone. Il sassofonista italiano non si lascia tentare da stravolgimenti pretestuosi o pericolosi equilibrismi che difficilmente potrebbero aggiungere significato al materiale: E d’altronde l’ispirata G & C, una dedica chiara quanto amichevole e confidenziale, rivela l’intenzione di proseguire il discorso sulla scorta del pensiero musicale dei due eroi.
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