Foto: dal sito di Isola Jazz
Due voci per Isola Jazz 2015
Isola del Cantone – 3.7.2015
Sheila Jordan: voce
Kevin Mahogany: voce
Massimo Faraò: pianoforte
Aldo Zunino: contrabbasso
Marco Tolotti: batteria
Byron Landham: batteria
Isola Jazz è una benemerita manifestazione che si svolge ai primi di luglio in un piccolo comune della Valle Scrivia nell’entroterra genovese. Il direttore artistico Massimo Faraò è abilissimo nel coinvolgere come docenti dei seminari, ogni volta, una serie di nomi importanti per dare lustro ad un appuntamento che è molto sentito da queste parti. Alla sera, come consuetudine, i teachers si esibiscono davanti ad un pubblico sempre numeroso ed entusiasta.
Quest’anno a Faraò è riuscito un vero colpo da maestro, arruolando fra gli insegnanti Sheila Jordan, una delle cantanti più personali nel panorama jazzistico internazionale. La Jordan nella sua carriera ha collaborato con grandi nomi, quali George Russell o Steve Kuhn, ma molti la ricordano soprattutto per la sua presenza in Escalator Over the Hill, mitico disco degli anni settanta, a firma di Carla Bley, inciso con una big band di tutte stelle
La vocalist statunitense, classe di ferro 1928, si rivela ancora vispa, vitale e animata dal sacro fuoco dell’arte. Nel primo set la cantante ribadisce il suo stile, moderno e classico allo stesso modo, con una voce modulata sul senso dei testi, con pochi salti di estensione, ma con un fraseggio fluido e sfalsato, proprio per valorizzare il peso di certi versi, particolarmente pregnanti. Il repertorio scelto non è dei più battuti. Tranne Autumn in New York, gli altri brani sono meno eseguiti e si intrecciano, comunque, al modo di esprimersi, di vivere la musica da parte dell’artista americana. Uno dei momenti più emozionanti dell’esibizione, infatti, è rappresentato dall’interpretazione drammatica di Sheila’s Blues, un pezzo autobiografico in cui la jazz-singer racconta con pathos un’infanzia e un’adolescenza segnate da situazioni problematiche di miseria e di alcolismo.
Massimo Faraò, accanto a lei, contiene la sua naturale esuberanza e accompagna la prestigiosa ospite con un pianismo sobrio, che va a sottrarre più che ad aggiungere note e variazioni sui temi. Aldo Zunino, da parte sua, è solido, propulsivo e si esalta in un breve passaggio in coppia con la sola vocalist, impegnata a raddoppiare le note del contrabbasso o a fare da contrappunto allo strumento grave.
Marco Tolotti alla batteria, invece, è piuttosto pesante nell’uso insistito di cassa e tamburo. Quando, verso la fine della serata, lo avvicenda Byron Landham, la differenza si percepisce immediatamente. Il batterista afroamericano opera con leggerezza, accarezzando con le bacchette i piatti e realizza, così, un accompagnamento vaporoso e costruttivo al tempo stesso, adattissimo ad un concerto basato su due grandi voci.
Nella seconda parte dell’esibizione subentra Kevin Mahogany, secondo Guido Michelone, “oggi, forse, il maggiore cantante afroamericano”, un habituè per Isola, dove ritorna per il terzo anno consecutivo. Il corpulento interprete di Kansas city si dimostra soffice e morbido nelle ballads, caldo e poderoso nei blues e swingante, ricco di feeling nel funk. Nel canto scat, inoltre, egli manifesta una notevole capacità tecnica, senza cadere nel virtuosismo fine a sé stesso.
A fine serata viene invitata sul palco ancora la Jordan per un paio di duetti che mandano in visibilio gli spettatori. Si arriva alla concessione di due bis di fronte ad un pubblico estremamente caloroso e mai sazio. Chiude il tutto una magistrale versione di When i fall in love con protagonista Mahogany e la vocalist seduta in scena a godere di questo omaggio, riservandosi una breve incursione nel territorio del partner, ironica e significativa.
Il tripudio finale è la dimostrazione che qui in Valle Scrivia il jazz della tradizione, cristallizzato nel tempo, è in grado di “arrivare” ad un uditorio vario, composto dagli allievi dei seminari, ma anche da tanti curiosi con dubbie conoscenze in questo campo.