Trio Grande, il disco “americano” di Massimo Colombo

Foto: dal sito di Massimo Colombo: www.massimocolombo.it










Trio Grande, il disco “americano” di Massimo Colombo.


Massimo Colombo, pianista, compositore e arrangiatore, è un jazzista i cui progetti suscitano sempre forte interesse e curiosità. Nulla è scontato nella sua musica. Le sue idee guidano l’ascoltatore verso mondi che lui immagina e raffigura attraverso composizioni originali, profonde, che non trascurano, mai, l’aspetto lirico e melodico. Lo stesso di può dire di Trio Grande, un lavoro collocabile tra i migliori della sua carriera e tra i più interessanti e riusciti di piano trio del 2015.




Jazz Convention: Massimo Colombo, tu sei un pianista prolifico: facciamo un punto sulla tua produzione discografica…


Massimo Colombo: Cercherò di essere il più sintetico possibile trattandosi di più di venti album. Il primo disco è Alexander (1989, Splasc(h) Records), con Marco Micheli e Francesco Sotgiu; è importante parlarne perché contiene il percorso che intraprenderò con le registrazioni successive. È un vinile: lato A trio acustico e lato B elettrico, in ciascun lato c’è anche una breve composizione per sole tastiere, da una raccolta intitolata 7 Frammenti, uno di questi diventerà uno studio per pianoforte che pubblicherò in seguito su Composizioni (1995, Tirreno). Dopo Alexander esce Games (1993, Modern Times) sempre in trio, con Tino Tracanna al sax tenore e soprano e Naco alle percussioni, è il primo album che contiene una suite, una forma musicale con la quale ho elaborato diversi progetti, tra i quali Conserto (1996, Modern times) per percussioni e quartetto di sax con Pier Favre. Nel 1993 nasce Linea C, con Walter Calloni e Stefano Cerri: con loro ho sviluppato il “lato elettrico” in tre dischi: Linea di confine (1993, BMG Ricordi), Mappa di un possibile viaggiatore (1996, Aspirine) e Salti ed assalti (1999, Map), il capitolo si è chiuso con la prematura morte di Stefano Cerri. Abbiamo fatto molti concerti in trio, anche se in realtà nei primi due dischi c’erano arrangiamenti orchestrali che riproducevo dal vivo con campionamenti. L’interesse per l’orchestrazione si è maggiormente sviluppato in altri quattro dischi realizzati con il Massimo Colombo World Ensemble: Mondo (1999, SYM), Sole (2000, SYM), Luna (2001, SYM) e un live del 2003 nel quale concludo un viaggio attraverso generi differenti con varie orchestrazioni e tanti musicisti che hanno collaborato. Il lato “elettronico”, mi riferisco ai due frammenti di Alexander, è ampiamente sviluppato in altri tre dischi: Virtualmente (2003, SYM), Immagini (2004, SYM) e Assolo in equilibrio (2006, SYM), nell’ultimo ho registrato e suonato tutti gli strumenti, è stato divertente. I dischi in trio, compreso Alexander, sono cinque: due con Marco Micheli e Francesco Sotgiu, il secondo è Conscious (2004, Splasc(h) Records). Caravaggio (2005, SYM) con Billy Cobham e Jeff Berlin, Il gioco delle forme (2008, Splasc(h) Records), con Yuri Goloubev e Asaf Sirkis e il nuovissimo Trio Grande (2015, CDS) con Peter Erskine e Darek Oleszkiewicz. Un altro album che mi piace ricordare è Relazioni e rapporti (1994, Modern Times) in cui sviluppo trio, quartetto e sestetto con Paolo Fresu, Emanuele Cisi, Tino Tracanna e sempre Sotgiu e Micheli come ritmica. Ci sono anche due brani per pianoforte a quattro mani che suono con Franco D’Andrea. The Great Naco Orchestra è un lavoro per un’orchestra di percussioni e fiati dedicato a un amico scomparso, anche qui ci sono tanti ospiti. Il suono elegante (1997, SYM) contiene cicli di composizioni per pianoforte e una serie di duetti con strumenti differenti.



JC: Qual è il disco, prima di Trio Grande, a cui sei più legato


MC: Non c’è un disco al quale sono particolarmente legato, ce ne sono alcuni più riusciti di altri ma non ho preferenze particolari.



JC: Tu oltre ad essere un pianista e leader sei anche un prolifico compositore. Come nascono i tuoi brani, da dove trai ispirazione


MC: La composizione è lavoro costante, non sono molto attratto dall’idea del compositore che è ispirato da qualcosa in particolare, è un’immagine romantica che attrae il profano. L’ispirazione, se così vogliamo definirla, nasce dallo studio, dalla conoscenza, dall’ascolto di buona musica e da collaborazioni importanti. Non credo che una nuvola o un panorama possano ispirare qualcosa, possono piacere o meno ma non è certo da quello che nasce un’idea musicale.



JC: Quando scrivi hai già in mente con che formazione li suonerai?


MC: Si, quando decido di scrivere qualcosa di nuovo lo faccio sempre in funzione di uno strumento o di una formazione.



JC: Se fossi un critico musicale come definiresti il jazz che suoni?


MC: Dipende dal disco di cui devo parlare, alcuni non si possono proprio definire di jazz. In ogni caso il jazz occupa uno spazio importante nella mia scrittura, sia dal punto di vista ritmico che armonico. È un linguaggio contemporaneo da cui non posso prescindere ma se mi chiedi una definizione non saprei proprio che dirti.



JC: Nella tua lunga carriera hai avuto modo di suonare e collaborare con importanti musicisti internazionali. Come nasce il progetto Trio Grande che ti vede accanto a Peter Erskine e Darek Oleszkiewicz?


MC: Avrei avuto la possibilità di registrare con Erskine già nel 1993 quando la BMG mi propose di produrre un disco in trio, potevo scegliere gli artisti che volevo e allora c’era una buona disponibilità economica, sarebbe stato possibile. Preferii però realizzare il progetto Linea C, sarebbe stato più facile fare concerti e poi Walter Calloni è uno dei batteristi più interessanti e personali che ci sono in Italia, per non parlare di Stefano Cerri, erano una coppia perfetta! Non mi sono mai pentito di quella scelta.



JC: E la registrazione del disco a Los Angeles…


MC: Ho preferito allontanarmi per potermi concentrare esclusivamente sulla musica, se fossi rimasto in Italia avrei sicuramente avuto in contemporanea altri pensieri che mi avrebbero distratto.



JC: Ascoltando Trio Grande quello che subito colpisce, a partire da Anna Magdalena e finendo a Una ragione in più, è l’impressionante empatia tra voi tre… Da quanto tempo suonate assieme?


MC: Mi piacerebbe poterti dire che suoniamo insieme da anni ma non è così, ci siamo visti per la prima volta in studio a Los Angeles. Un mese prima della registrazione ho spedito le partiture e gli mp3 suonati al pianoforte. Quando sono arrivato in studio non abbiamo nemmeno fatto una prova, abbiamo iniziato registrando Anna Magdalena. Un paio di take per ogni brano e via così, il tutto è stato fatto con scorrevolezza e grande relax nell’arco di una decina di ore distribuite in una giornata e mezza.



JC: Quanto c’è di improvvisato nel disco?


MC: Anna Magdalena, La mia spalla sinistra e Balcanico hanno una parte di scrittura abbastanza importante con degli spazi per improvvisare, il tutto si collega però (anche grazie a Peter e Darek) con estrema naturalezza e quindi è difficile distinguere la parte scritta da quella improvvisata. Questo è uno dei miei obiettivi principali, confondere la scrittura con l’improvvisazione. Ci sono però altri brani come Jane, Valzer all’indietro, Trio Grande, Bah and Boh che hanno una struttura molto semplice, quasi simile a uno standard jazzistico.



JC: I nove brani che compongono Trio Grande sono tue composizioni. Sono pezzi diversi musicalmente l’uno dall’altro ma che hanno una caratteristica comune: lirismo e narrazione.


MC: Ho già risposto in parte nella domanda precedente. Mi rimane Stratego che è un brano prevalentemente ritmico, un po’ funk che sicuramente è quello in cui l’improvvisazione prevale e l’ultimo, Una ragione in più dove invece l’improvvisazione è esclusa, è semplicemente un tema eseguito in trio.



JC: Ci sarà un secondo Trio Grande?


MC: Come si vede nella mia discografia, mi piace cambiare formazioni e sonorità, ora sto lavorando a un ciclo di composizioni per pianoforte solo tutte dedicate al jazz, con una forte valenza didattica. Ho in cantiere anche un ciclo di sonate, alcune delle quali già pubblicate da Carisch (pianoforte – vibrafono e pianoforte – basso elettrico) che vorrei riunire in un unico album. Trio Grande è stata un’esperienza entusiasmante: per realizzare un secondo capitolo ci vuole prima della buona musica, vediamo se arriva…



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