Urban Lullaby, il beat urbano del nuovo disco di Giuseppe Guarrella

Foto: la copertina del disco










Urban Lullaby, il beat urbano del nuovo disco di Giuseppe Guarrella


Urban Lullaby, ultima e avvincente fatica del contrabbassista Giuseppe Guarrella, è un disco dal forte impatto emotivo. La linea percussiva che lo attraversa, e su cui è stato costruito l’intero progetto, colpisce direttamente il corpo di chi l’ascolta. È un continuo e costante richiamo alle origini del jazz, all’Africa e al blues, e nello stesso tempo un solido monolito posto a rappresentare la modernità e urbanità di una musica divenuta metropoli. Dalla terra alle vene d’asfalto, dove il beat primordiale rimane inalterato a discapito di un paesaggio in continua trasformazione. L’Africa nascosta dietro e dentro il cemento, mentre al di fuori fiati e voci raccontano storie ed epiche umane.




Jazz Convention: Giuseppe Guarrella, tu sei un jazzista che nel corso della sua carriera ha agito prevalentemente nel territorio che si definisce per convenzione avanguardia. Oggi è ancora possibile dargli una simile attribuzione?


Giuseppe Guarrella: Certo, nell’ultimo secolo sono state consumate tante idee e creatività che pensare che si possa sperimentare e proporre qualcosa di nuovo nell’arte, nella musica in generale e nel jazz in particolare è impossibile. Tuttavia penso che il processo dell’avanguardia è un indole di quel artista che tende a porsi al limite del cerchio, dal mainstream, dalla convenzionalità, dal gruppo per spingersi come un vettore in avanti verso l’esplorazione di nuovi territori.



JC: Il tuo jazz ha una natura più afroamericana o europea?


GG: Be, io nasco artisticamente con il December Thirty Jazz Trio, (formazione in cui ero co-leader insieme a Giorgio Occhipinti al pianoforte e Francesco Branciamore alla batteria, in cui la radice era fortemente europea. Ricordo però che Pino Minafra – con cui abbiamo suonato spesso e registrato un CD, Concert for Ibla, come Pino Minafra & The December Thirty Jazz Trio per la Splasc(h) nel 1991 – una volta ebbe a dire che io del trio incarnavo l’anima nera del blues.



JC: Giuseppe Guarrella e la Sicilia: com’è il tuo rapporto con la cultura jazzistica isolana e con i suoi musicisti?


GG: Come in ogni posto, anche in Sicilia ci sono sempre state e ci sono ancore fazioni, territori e ambienti musicali diversi. Ricordo che fino agli inizi degli anni duemila, ci conoscevamo tutti. Due CD registrati pubblicati consecutivamente – Sicilian Jazz Collection vol.1 e Sicilian Jazz Collection vol.2″ entrambi per Splasc(h) nel 1993 – sono la testimonianza storica. I miei rapporti privilegiati sono stati comunque con Ragusa, Siracusa e Palermo. Nella prima con Giorgio Occhipinti. A Siracusa con Francesco Branciamore, Stefano Maltese e Gioconda Cilio. A Palermo nell’ambito dei musicisti legati all’Associazione Curva Minore di Lelio Giannetto e Gianni Gebbia, con cui collaboro ancora spesso. Attualmente sto cercando di animare questa parte della Sicilia Orientale coinvolgendo giovani musicisti intorno al progetto Convivio Jazz Factory. Un luogo di aggregazione, produzione e diffusione del jazz contemporaneo, per favorire incontri di musicisti e formazione di gruppi, produzione di progetti e programmazione di concerti, rassegne e festival. Da qui nasce oltre ad una programmazione di concerti, il Convivio Ensemble (Maurizio Agosta alla tromba, Gianni Cascone al trombone, Gianpiero Fronte al sax alto e soprano, Sergio Battaglia al sax tenore, Jasha Parisi al violoncello, Peppe Trovato al pianoforte, Renzo Garofalo alle percussioni, Peppe Scucces alla batteria e Giuseppe Guarrella alla direzione e al contrabbasso). Come pure la Convivio Records che ha prodotto Urban Lullaby e Exspress 823 del Gianpiero Fronte Quintet. Fresco di incisione e di prossima pubblicazione la nuova formazione Less Of Five – con Giorgio Occhipinti pianforte, Gianpiero Fronte sax alto e soprano, Giuseppe Guarrella contrabbasso e Emanuele Primavera batteria.



JC: Tu hai preso parte a un numero consistente di registrazioni, di cui diverse anche da leader.


GG: Dopo le prime incisioni col December Thirty Jazz Trio, intorno alla metà degli anni novanta ho iniziato una serie di collaborazioni stabili nei gruppi di Giorgio Occhipinti, Francesco Branciamore e Stefano Maltese. Con questi musicisti ho principalmente inciso la maggior parte dei CD. Ci sono stati poi registrazioni di concerti live, vedi quello registrato al festival di Noci, The Friendship of Walnuts a nome di Mario Schiano e Vittorino Curci – uscito per Splasc(h) nel 1997 – dove erano presenti tra gli l’altri Conny Bauer, Ernst-Ludwig Petrowsky, Roberto Ottaviano, Fabrizio Spera e Pasquale Innarella.



JC: Come nasce il progetto Urban Lullaby, in quanto tempo lo hai realizzato e cosa sta a significare il titolo…


GG: Il progetto Urban Lullaby ha avuto una lunga gestazione – durata quasi tutto il 2014 con tre sedute di registrazione – ed ha attraversato un vero parto: per l’ultima sessione di registrazione abbiamo aspettato che Mara diventasse mamma. Tutto è stato pensato con la voce come traccia narrativa per delle song metropolitane agganciate alla radice Africana del fare musica. Il titolo, Urban Lullaby, penso che porti con se tutto il significato del progetto.



JC: Urban Lullaby contiene sette composizioni suddivise tra le tue e quelle di William Parker. Perché hai scelto suoi brani – e proprio quelli – e cosa centra il contrabbassista americano con il tuo progetto?


GG: I tre brani di William Parker incisi nel CD – Song of Hope, Old Tears e James Baldwin to the Rescue – mi sono sembrati rappresentativi dell’idea generatrice del progetto. Questa concezione di fare jazz, che incarna le origini africane e l’esigenze della ricerca portata avanti da William Parker e dal suo entourage è il territorio che prediligo. L’esigenza di togliere elementi anziché aggiungere, se vuoi un pò Zen come pensiero. Dunque solidi e semplici linee guida di basso su dove distendere melodie eseguite dalla voce e dei fiati.



JC: Je Suis La Belle, Seek Happiness, Urban Lullaby e No Waiting In The Sky sono i tuoi prezzi. Ce li racconti?


GG: Infatti a parte Je Suis La Belle, che è l’unica composizione non cantata e scritta qualche anno fa, il resto dei brani sono stati composti per questo progetto. L’idea di No Waiting in the Sky era di scrivere qualcosa che espresse gioia e positività, dunque ho pensato una linea di basso in maggiore ma un po’ sbilenca, ciclicamente costruita su quattro misure, tre di 4/4 e una di 3/4. Con il testo ho pensato di esprimere il concetto buddista della presenza mentale sull’attimo presente quale strumento di felicità. Un’impresa ardua, non so se ci sono riuscito. In verità anche Seek Happiness parla della felicità e del modo come trovarla (evidentemente è un chiodo fisso); Urban Lullaby un po’ più complessa è stata pensata come una nenia – ninna nanna cantata sottovoce nel traffico urbano di una città metropolitana, come può essere ad esempio New York.



JC: Urban Lullaby è un disco dove la narrazione ha un’incidenza elevatissima: si parla di passato rivisto al futuro, di New York, del jazz delle origini suonato con le idee che sono a cavallo tra oggi e domani…


GG: Esatto, la narrazione è un elemento fondamentale di questo progetto. Non solo per quello che raccontano i testi, ma per come sono concepiti i brani. Tutto è costruito aggiungendo elementi lentamente nel divenire del brano stesso.



JC: L’improvvisazione che ruolo occupa in Urban Lullaby?


GG: Il limite tra improvvisazione è scrittura è molto sottile. E in genere preferisco, il collettivo. Su questo ho insistito molto, nel fare dialogare il sax o il flauto insieme al vibrafono.



JC: La ritmica svolge una funzione prevalente, una sorta di aggancio con le origini di questa musica, su cui hai costruito e articolato le parti sonore…


GG: Esatto, gli elementi melodici, come pure le improvvisazioni del collettivo – sax o flauto insieme al vibrafono -, si distendono su una ritmica di contrabbasso e batteria arcaica e spesso ipnotica. L’idea appunto è quella di agganciarsi alle origini africane della musica e del jazz. Mi viene da citare Antonio Moncada che dopo la prova, per la seduta di registrazione dei brani Seek Happiness e Urban Lullaby ha usato l’espressione: «ascoltando questi brani si sente un profumo d’Africa.»



JC: L’inserimento della voce è stato voluto per dare più forza ed epicità alla narrazione?


GG: Questo progetto come dicevo prima è nato con Mara Marzana, ed è un pò tutto è stato costruito sulla voce. La voce non canta semplicemente la melodia del tema, è pensata come un altro strumento che sviluppa delle melodie che si innescano con le altre.



JC: E la scelta dei musicisti…


GG: Il primo pensiero è stato quello di voler fare un gruppo con giovani musicisti con cui poter costruire un pensiero musicale. Geograficamente vicini per poter affrontare delle prove. E cosi è stato, Mara Marzana alla voce e Marco Caruso all’alto e soprano, Salvo Scucces al vibrafono e Marcello Arrabito alla batteria. Tutti giovani talenti della Sicilia Orientale (delle provincie Ragusa e Siracusa per intenderci) con cui abbiamo inciso i brani di William Parker, Song of Hope, Old Tears e James Baldwin to the Rescue e il mio No Waiting in the Sky. Ma non è facile tenere insieme dei giovani che hanno studiato per anni mainstream e convincerli che c’è un modo diverso di intendere il jazz. Cosi il secondo set di registrazione è stato fatto con vecchi compagni di lunghe avventure: Carlo Cattano ai flauti e Antonio Moncada alla batteria.



JC: Porterai in concerto il progetto Urban Lullaby?


GG: Dopo l’uscita del CD, che sta riscuotendo un certo interesse, abbiamo iniziato a suonare in Sicilia con la nuova formazione composta da Gianpiero Fronte, al sax, Salvo Scucces al vibrafono, Giuseppe Guarrella al contrabbasso, Emanuele Primavera alla batteria e Mara Marzana alla voce. Abbiamo già avuto modo di esibirci alla prestigiosa Stagione Concertistica della Filarmonica Laudano del Teatro Vittorio Emanuele di Messina. I prossimi concerti saranno il 29 agosto ad Oltremente, Festival di Jazz Contemporaneo di Punta Secca, in provincia di Ragusa, il 30 agosto al Festival Arcosoli 2015 di Agrigento, nell’area del Tempio Di Giunone, e il 10 ottobre al Festival Labirinti Sonori di Siracusa.



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