Wide Sound – WD207 – 2014 La LJP è una big band costituita principalmente da musicisti originari della Basilicata e guidata con mano leggera e sicura dal conduttore Dino Plasmati. L’orchestra è attiva dal 2009 e ha collaborato con una serie di musicisti di valore, da Michael Rosen a Jack Walrath, da Fabio Morgera a Rosalia De Souza e tantissimi altri.
Dino Plasmati: chitarra, direzione, arrangiamenti
Michele Munno, Claudio Chiarelli: sax alto
Angelo Bianchi, Angelo Manicone: sax tenore
Enzo Appella: sax baritono
Marco Lorusso, Giuseppe Ciannella, Marco Sinno, Emanuele Lamacchia: tromba
Franco Angiulo, Giuseppe Bertugno, Eustachio Rondinone: trombone
Nino Bisceglie: trombone basso
Nico Marziliano: pianoforte
Franco Fossanova: contrabbasso
Vito Plasmati: batteria
Quest’ultimo disco contiene nove brani di autori attuali, operanti principalmente nella zona di Los Angeles, con l’eccezione di un classico di Lee Morgan e di una composizione della bandleader forse oggi più affermata, Maria Schneider.
La musica scorre lieve e vivace con melodie gradevoli, confezionate con cura. Si alterna un lavoro a sezione delle ance e degli ottoni con intrecci, botta e risposta fra sassofoni, trombe e tromboni. Sono piste contingenti, cioè, che si rincorrono, si intessono, si intarsiano. Si impongono, poi, stacchi perentori e precisi dei fiati in blocco. Su questa ricca e corposa armonizzazione germogliano assoli ben collegati, corretti e in linea con il contesto. La batteria, inoltre, tiene un tempo soft-funky, nel senso che il genere è quello, ma non è marcato, caricato, calcato. Ne scaturisce, in sintesi, un sound globale fresco, amabile, teso ma rilassato.
Il brano migliore è Fresh Start per l’andamento avvolgente, con un tema che va e torna, un dialogo fra sezioni bilanciato a dovere, un solo di sax tenore lanciato ad alta velocità su un tempo in crescendo, growing up, appunto, per riportarsi successivamente su cadenze meno veloci.
A Plasmati va il merito, prima di tutto, di essere riuscito ad assemblare un ensemble di oltre quindici elementi e di averlo fatto suonare ed evolvere di anno in anno.
Gli arrangiamenti sono equilibrati e utilizzano bene le forze in campo. Il timbro della formazione è grosso, potente, senza essere duro e impetuoso. Fra i solisti è proprio il leader a distinguersi per l’efficacia dei suoi interventi alla chitarra, un gradino sopra alla media degli altri strumentisti.
L’album evidenzia una passione palpabile per le orchestre di jazz moderno dagli anni ottanta in poi. Un jazz classico che risente delle esperienze della fusion rimanendone “contaminato”, influenzato, senza tradire la via maestra. La LJP cerca, infatti, di conciliare una base ritmica con accenti rock e un discorso complessivo legato alla grande tradizione orchestrale americana.