CAM Jazz – CAMJ 7888-2 – 2015
Claudio Filippini: pianoforte, tastiere
Luca Bulgarelli: contrabbasso
Marcello Di Leonardo: batteria
Claudio Filippini si lancia in una missione impossibile: far quadrare il cerchio, come indica il titolo, Squaring the circle, del suo ultimo cd. L’audace tentativo consiste, in sintesi, nella attualizzazione di un certo numero di standards. L’obiettivo è di far rivivere, di rimodellare, cioè, questi classici secondo una sensibilità contemporanea. Per portare a compimento l’impresa il pianista pescarese si affida alla compagnia di due suoi abituali collaboratori, il bassista Luca Bulgarelli e il batterista Marcello Di Leonardo.
Si comincia con Impressions di John Coltrane, rallentata e suonata a tempo di valzer con un organo hammond in sottofondo e la citazione di My favorite things sul finale. L’impeto, il fuoco della versione di Trane appaiono attenuati, smorzati a vantaggio di una delicatezza di toni sconosciuta nell’originale.
In Autumn leaves il tema viene nascosto fino alle ultime battute, quando esce fuori come da un cappello a cilindro. In precedenza succede un po’ di tutto, con cambi di tempo, di scenario, intermezzi grondanti swing della più bell’acqua e assoli pianistici sovrabbondanti di note e di espressività.
Round midnight è un totem. Quando la serata volge al termine, i bandleaders astuti la eseguono certi di far colpo su un pubblico anche non proprio scafato. Qui è spiattellata nella seconda traccia e “trattata” o maltrattata a dovere. Accanto alla melodia immortale di Monk restituita nella sua integrità, infatti, si inseriscono suoni campionati piuttosto duri che appesantiscono, a conti fatti, il discorso complessivo.
Di I Didn’t Know What Time It Was esistono molte interpretazioni, da quella di Billy Holiday a quella di Sarah Vaughan tra le altre. È una canzone romantica, dolce di Rodgers e Hart e Filippini la esegue rispettandone il carattere, evidenziando con puntiglio le pieghe del testo.
Moon river è il vertice dell’album. Il musicista abruzzese mette in secondo piano la sua competenza tecnica per suonare semplice, calibrando le note, lasciandole fluire e vibrare, abbandonandosi alla melodia senza difese o remore. È un tributo alla bellezza di un motivo da ricreare nella sua autenticità attraverso una lettura che ha qualcosa di iperrealistico.
Stolen moments di Oliver Nelson volge su atmosfere rockeggianti. La batteria martella un tempo squadrato, insistito e le tastiere hanno accenti percussivi. Tutto sommato non è una traccia memorabile.
Jitterburg waltz è a firma di Fats Waller. Qui non si verifica alcun tipo di ringiovanimento, di rimodernamento. Il trio affronta il pezzo in completa sicurezza, fila che è una meraviglia, insomma ed è sorretto da una tensione ritmica, da un interplay di prim’ordine.
A night in Tunisia conserva il suo stile afro-bop, ma è informata da alcune violente accelerazioni di tutto il gruppo, per portare il tempo decisamente oltre la consuetudine. Non c’è tranquillità nella notte africana a ben vedere….
What a wonderful world è un brano pop di Louis Armstrong, inviso ai puristi che hanno sempre considerato il clamoroso riscontro di vendita del disco un ulteriore segnale di commercializzazione da parte di uno dei più grandi jazzisti della storia. A Filippini il tema piace e ne mette in risalto le virtù cesellando, levigando il motivo e rendendolo suo, pur indirizzando, indirettamente, un omaggio a Satchmo e alla sua canzone di maggiore successo in assoluto.
Squaring the circle è, in conclusione, un cd fresco e godibile, suonato egregiamente da un trio provvisto di un’eccellente intesa, con alcuni episodi non brillantissimi accanto ad una maggioranza di “quadrature” del cerchio riuscite in pieno.