I Maestri Invisibili – Undici Cormorani

I Maestri Invisibili - Undici Cormorani

Autoproduzione – 2014




Nicola Cattaneo: chitarra classica, chitarra acustica

Franco Cortellessa: chitarra acustica baritona, chitarra classica sette corde

Emanuele Parrini: violino





Il nome della formazione allude, ironicamente, alla condizione di tanti musicisti italiani ai nostri giorni: condannati, come l’uomo del celebre romanzo di Ralph Ellison, a esistere senza essere notati. Eppure i due chitarristi sono attivi da anni ed hanno alle spalle anche incisioni importanti come quella di qualche anno fa con Guido Mazzon. Anche il loro il loro ospite, pur agli onori della critica in questi ultimi anni, non ha certo la visibilità che meriterebbe. In altre parole l’Italia è ricca di tanti talenti che, per motivi vari, non riescono a farsi conoscere, a suonare in pubblico.


L’ascolto di Undici Cormorani acuisce il rammarico per questo stato di cose. Il trio disegna, infatti, un paesaggio sonoro frastagliato e insolito, ricco di echi e rimandi ma disegnato con dei tratti originali e liberi.


Il racconto del disco vede l’alternanza di brani improvvisati collettivamente dai tre e di composizioni originali di Cattaneo e Cortellessa. Si parte dalla ribollente Scrum, nella quale Parrini trascina i partner in una specie di sabba divertito per arrivare al finale Primi caldi, scritto da Cortellessa, un brano pieno di sonorità slide e di quella sorta di malinconica pigrizia tipica del blues delle origini.


In mezzo undici tappe. Quella eponima è una meditazione su un breve e sognante, tema di Cortellessa. La successiva La quiete dopo parte da un’idea espressa dal violino dalla quale i tre approdano su lidi melodici inattesi. Blue Talk è un’incursione improvvisata e ironica nelle origini della musica afro-americana.


L’age d’or, tema di Cattaneo, ha un andamento melodico impervio, che porta l’ascoltatore in un territorio contiguo a quello della musica contemporanea.


Un disco a più sfaccettature, dunque, in cui si possono rintracciare segni delle ricerche di artisti come Iva Bittova o Egberto Gismonti. Un disco imbevuto però anche, come detto, di spirito blues.


Il segreto della ricetta degli Invisibili è tuttavia quello di elaborare una cifra poetica del tutto autonoma e distinguibile in cui la sperimentazione e il gusto della melodia, l’arcaicità e la contemporaneità, il popolare e il colto, convivono senza particolari problemi e senza cerebralismi. Il risultato finale è una musica fresca, talora anche ironica; impegnativa ma anche molto piacevole e intrisa di passionalità ma anche di una certa souplesse; una musica lunare (soprattutto nella particolarissima sonorità del violino) ma anche calda.


Una combinazione sonora e poetica certo non facile da trovare.