Arve Henriksen – The Nature Of Connections

Arve Henriksen - The Nature Of Connections

Rune Grammofon – RCD2161 – 2014




Arve Henriksen: tromba, piccolo trumpet, pianoforte

Nils Økland: violino, Hardanger, viola d’amore

Gjermund Larsen: violino, Hardanger

Svante Henryson: violoncello

Mats Eilertsen: contrabbasso

Audun Kleive: batteria






Flusso discografico in piena per il talentuoso norvegese, e già gli ultimi mesi hanno registrato, appena dopo il ciclopico Solification, l’uscita più o meno in contemporanea di Places of Worship e del doppio Chron + Cosmic Creation (tutti per Rune Grammofon).


Non tanto la messe produttiva, quanto piuttosto l’attitudine a non ripetersi colpirà l’ascoltatore, che in questo più recente The nature of Connections vi capterà l’attenzione a non persistere nel solco repertoriale (qualora avesse senso farvi un riferimento), qui concedendosi più nettamente ad una musicalità collettiva e d’interscambio; l’ampia e pervasiva influenza degli attivi partecipanti – e co-autori – è probabilmente la più pregevole dominante, nel conformare il soundscape di connotazioni ulteriormente rinnovate rispetto alle appena esaminate esperienze discografiche.


Line-up che condensa partner di incisioni disparate, da Cartography a Strjon (oltre alla partecipazione soltanto autoriale del titolatissimo Ståle Storløkken), abili a dispensare non soltanto il più distillato sentire di quell’estremo Nord, ma partecipanti anche nell’imbastire concessioni maggiormente “pop” rispetto allo standard dominante del trombettista.


Abile nel punteggiare le tessiture ritmiche spontanee, discreto negli interventi il batterista Audun Kleive, prezioso nei controcanti e nelle tessiture armoniche il violoncello di Svante Henrykson, plastica la pulsazione del basso di un vigoroso Mats Eilertsen, di personalità l’impronta timbrica delle arcate di un Nils Økland in ulteriore crescendo per preziosismi e sensibilità, doppiato agli archi dal valente Gjermund Larsen, ora in dialogo, ora in assemblea con le emissioni lignee, flautate delle trombe di Henriksen (oltre a suoi distillati interventi al pianoforte), convergendo sull’interplay giocato eminentemente in acustico, con intromissioni assai moderate della fase di post-produzione, sfruttando con equanime temperanza le timbriche pressoché allo stato naturale della band.


Un camerismo scabro e graffiante, portatore di un senso melodico palpitante e di lento respiro e di un lirismo a tratti criptico ma comunque pervasivo, e di una, attraversa la sequenza improntata da uno speciale calore partecipativo che ne bilancia l’occasionalmente algido spirito formale, e sulla “natura delle (inter)connessioni” insomma sembra aver fatto sufficiente luce quest’ulteriore esperienza, tratteggiata dal talento e dai flussi e del titolato ensemble, qui in flagrante e sintonica complicità creativa.