Passaggio al bosco, l’esordio da leader di Andrea Garibaldi

Foto: dal sito di Andrea Garibaldi










Passaggio al bosco, l’esordio da leader di Andrea Garibaldi.

Andrea Garibaldi, pianista, e aggiungeremmo letterato, ha pubblicato Passaggio al bosco, suo primo disco realizzato in trio. È un lavoro “di formazione”, ben suonato, con brani originali caratterizzati da uno spiccato senso della narrazione e della melodia.




Jazz Convention: Andrea Garibaldi, parlaci di te, di come sei arrivato al jazz…


Andrea Garibaldi: Sono nato e vivo tutt’ora a Camaiore, paesino della “west coast” Toscana. Difficile dire quando sia iniziato il mio amore per la musica: già da piccolissimo cantavo e prendevo in mano la chitarra di mio padre, imitando Edoardo Bennato, uno dei miei primi miti. Ho cominciato a prendere lezioni di pianoforte da un’insegnante vicina di casa, ma non ero granché attratto dalla musica classica, per quanto quelle lezioni mi siano state utilissime come primo approccio alla tastiera e alla teoria musicale. In casa si ascoltavano i grandi cantautori italiani e da solo cercavo di trovare gli accordi di quelle canzoni. Nel frattempo ho imparato vari altri strumenti da autodidatta o quasi, come il sax alto e la batteria, che ho suonato nella banda del mio paese per dieci anni e nei primi complessi rock dell’adolescenza. Ho suonato le tastiere, la chitarra e cantato nelle successive band che ho avuto, dove suonavamo anche brani originali. Tutto questo per dire che il jazz è arrivato dopo. È stato forse un naturale approdo alla mia propensione all’improvvisazione (o alle “svisature”, come si dice in paese) e alla composizione di piccoli brani e canzoni. Probabilmente anche l’ascolto di alcuni dischi “jazzati” come Rimmel di De Gregori. Fatto sta che cominciai a prendere lezioni di pianoforte jazz intorno ai 18 anni, prima da Maurizio Bertozzi, poi da Riccardo Arrighini, con il quale ho studiato per diversi anni. Da lì in poi è stata tutta una scoperta che dura tutt’ora!



JC: Chi sono i tuoi “maestri”, quelli che ti hanno folgorato o che segui tutt’ora…


AG: Se per “maestri” intendi i grandi nomi del jazz storico, posso dirti Red Garland (Red Garland’s piano è stato il primo disco di jazz che ho comprato) e Wynton Kelly, per restare in ambito pianistico. Se invece parliamo in generale, aggiungerei il progressive della PFM e Fabrizio de André. Maestri di pianoforte, oltre ai già citati sopra, sono stati Barry Harris ed Enrico Pieranunzi con i quali ho seguito diversi seminari.



JC: Nonostante la tua giovane età hai già alle spalle importanti collaborazioni…


AG: Ho avuto la fortuna di conoscere Andrea Fascetti, insegnante e bassista viareggino: con lui sono cresciuto musicalmente e ho suonato in diversi suoi dischi e festival, insieme ad alcuni nomi importanti del jazz italiano come Massimo Manzi, Fabrizio Bosso e Riccardo Fioravanti (col quale ho anche inciso uno dei miei primi demo).Da anni accompagno il noto critico, scrittore, ma anche cantante e songwriter, Luciano Federighi, con cui ho inciso 3 album.Recentemente ho anche suonato e registrato con Achille Succi nel progetto del contrabbassista Marco Benedetti. Ho avuto modo di suonare anche con Marco Panascìa, Nico Gori, Dimitri Grechi Espinoza, Vittorio Alinari. Collaboro poi stabilmente con molte cantanti, come Michela Lombardi ed Elisa Mini, e ho varie formazioni con Nino Pellegrini, Luca Tozzi e molti altri.



JC: Il tuo pianismo è moderno, melodico ma contiene radici antiche…


AG: Sicuramente i primi ascolti hanno avuto un peso importante sul mio pianismo. Tutt’ora amo quei musicisti e quel periodo di storia del jazz (anni ’50/’60) in modo particolare. Mi accorgo che, pur ascoltando e studiando altri tipi di pianismo, le mie radici partono da lì (con tutte le sfumature e le correnti che quegli anni già contenevano). Nelle mie composizioni, invece, vengono fuori anche altri tipi di jazz e atmosfere più “moderne”, come dici tu. La melodia è il collante che, credo, lega il tutto. Mi accorgo che dentro al mio linguaggio improvvisativo riaffiorano frammenti di melodie popolari, canzoni e temi che vengono da tutto il retroterra di ascolti che ho fatto.



JC: Passaggio al Bosco è il tuo primo disco da leader?


AG: Sì, è uscito per la Emme Record Label e registrato al Tube Recording Studio. Nel booklet, insieme ai disegni di un mio amico artista che si fa chiamare Dostesyunai, ci sono anche delle liner notes scritte da Luciano Federighi. Prima di questo, sempre con il mio trio, ho pubblicato 2 EP, ciascuno con 4 brani originali.



JC: È un progetto realizzato in trio…


AG: Sì, il trio è una formazione per la quale prima o poi passano tutti i pianisti. Un approdo storico ed economico (armonia/melodia, bassi e ritmo tutto in uno), psicologico (l’egocentrismo del pianista finalmente si sfoga) e artistico (i risultati estetici, quello che in un’altra formazione non potrebbe succedere). Il mio trio, attivo dal 2012, è formato da Fabio di Tanno al contrabbasso e Vladimiro Carboni alla batteria. Con loro si prova, si suona e sono trascorsi 3 anni prima di registrare questo nostro primo album. Non è una di quelle formazioni che nascono direttamente in studio. Il repertorio è composto da tutti brani miei ed alcune rivisitazioni di standard, che, chissà, magari troveranno posto in futuro in un album solo per loro.



JC: C’è un legame tra la tua musica e la letteratura?


AG: Sono le mie più grandi passioni, quindi il legame c’è e direi che musica e letteratura si influenzano a vicenda. Non è solo un discorso di dare titoli presi dai libri alle mie composizioni. Ad esempio, ho questo approccio filologico/storico alla musica, per cui mi piace leggere biografie e analisi dei grandi capolavori del jazz, mi piace scoprire chi ha fatto prima una certa cosa e chi invece ha imitato. Mi piace collezionare dischi come libri. E la prospettiva musicale probabilmente influenza anche il modo di percepire una poesia o una pagina scritta. La letteratura è sicuramente una delle mie fonti di ispirazione.



JC: Le composizioni contenute nel disco sono tutte originali ed hanno dei titoli particolari, ce le racconti in breve?


AG: Passaggio al bosco è la traduzione del termine tedesco Waldgänger, usato dal filosofo e scrittore Ernst Jünger nel suo saggio Trattato del ribelle del 1951. Se cercate in rete troverete un mio “editoriale” nel quale spiego questo concetto mettendolo in relazione con Il Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio. Chez Mini l’ho scritta a casa di Elisa Mini, dopo una prova, mentre aspettavo che fosse pronta per andare a suonare. Se si legge in italiano, con l’accento sulla penultima, viene fuori “scemìni”. Vladi’s time check è un omaggio al mio batterista Vladimiro e alla sua maniacale attenzione al timing, cosa che si nota soprattutto in studio o ascoltando un disco, mentre confronta pazientemente il tempo iniziale e quello finale. Se c’è uno scarto troppo vistoso, la take è da rifare. Pare che uno dei pochi a non accelerare fosse Art Blakey. Smiling in November è un pezzo che risale al 2008 quando lo suonavo in una delle mie prime formazioni jazz. Un tempo R’n’B per un blues minore leggermente modificato. A mani in tasca è un po’ il nostro “cavallo di battaglia”, una bossa nova con una coda dal sapore soul-jazz. Il titolo me l’ha suggerito una mia amica, Valentina. Vecchio Motivo è appunto una vecchia melodia in tre quarti che avevo in testa da anni e che tenevo lì registrata. Può essere anche la ragione di una certa cosa, un po’ come il “vecchio errore” di Paolo Conte. Mr.B.P. è un omaggio a Bud Powell, ai suoi brani con la coda finale non ripetuta nei chorus improvvisati (come in Celia o Bouncing with Bud) e alle sue frasi torrenziali. Daily tears è un brano colmo di malinconia, che nella sua parte finale mi ricorda certe soluzioni melodiche di Steve Lukather, chitarrista dei Toto. Il terzo aprilante è un piano solo. Il titolo l’ho preso da un vecchio proverbio che ripete sempre mia madre all’avvicinarsi del fatidico giorno: «Se piove il terzo aprilante, quaranta giorni durante!» (ma ne esistono diverse varianti) . Infine, In quel preciso momento chiude il disco. Il titolo è un omaggio a una raccolta di brevi prose e racconti di Dino Buzzati, scrittore che amo molto. Brano conosciuto anche come L’Istante, perché inizialmente il titolo era quello, ma l’ho dovuto cambiare per questioni di SIAE: c’era già un altro Garibaldi che aveva intitolato un pezzo così.



JC: Cosa ti aspetti da Passaggio al Bosco?


AG: Spero di portare in giro per l’Italia il disco, come già sta avvenendo, di poter far conoscere la nostra musica e, molto banalmente, di recuperare le spese di produzione, così da rientrare in studio nel giro di un anno e incidere il prossimo disco. Ho molto materiale e siamo già al lavoro per provare nuove cose.



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