Daniele Cavallanti & The Milano Contemporary Art Ensemble – Sounds of Hope

Daniele Cavallanti & The Milano Contemporary Art Ensemble - Sounds of Hope

Rudi Records – RRJ1026 – 2015




Daniele Cavallanti: sax tenore

Riccardo Luppi: sax alto, sax soprano, flauto

Gianluca Elia: sax tenore, sax basso

Massimo Falascone: sax baritono, sax sopranino, sax contrabasso

Francesco Chiapperini: clarinetto basso, sax alto, flauto

Luca Calabrese: tromba

Beppe Caruso: trombone

Paolo Botti: viola, cornetta

Alberto Tacchini: pianoforte

Gianluca Alberti: contrabbasso

Valerio Della Fonte: contrabbasso

Toni Boselli: batteria

Tiziano Tononi: batteria, percussioni, gong






Tradurre la speranza in suoni. Daniele Cavallanti disegna un ensemble variopinto e ampio per percorrere un filo musicale aperto a soluzioni diverse. La scrittura propone una libera circolazione di stimoli tra le sezioni create all’interno della compagine, un mutuo soccorso generato dall’intersezione delle linee; la presenza di una doppia seziona ritmica scaturisce un continuo gioco di specchi e di riferimenti interni: in questo modo, nessuno viene escluso dalla costruzione di ogni momento della trama musicale.


Il sassofonista raccoglie un testimone creativo che arriva da numi tutelari come John Coltrane, Eric Dolphy e Joe Henderson, ma anche Mongezi Feza – di cui sono presenti in repertorio You Ain’t Gonna Know Me ‘Cos You Think You Know Me e Sonia – oppure Wayne Shorter – nel disco vene reinterpretato Chief Crazy Horse nell’arrangiamento di Angiolo Tarocchi – o ancora Anthony Braxton, al quale è chiaramente dedicata Braxtown. La speranza è una merce preziosa, rappresenta il vero propulsore della storia ed è costretta a confrontarsi con gli stati d’animo e le situazioni che ciascuno di noi attraversa. Cavallanti ne interpreta il suono con una combinazione fluida di momenti riflessivi e intimi ed esplosioni virali, di sguardi in avanti e approccio sicuro sulla tradizione, di libertà e rigore.


L’equilibrio tra le varie pulsioni, tra le ispirazioni e i riferimenti, tra i tanti protagonisti dell’ensemble viene dato proprio dall’esigenza di dare un suono alla speranza: esigenza che si legge in controluce nei rimandi, nel dialogo tra i solisti, nella forza di impatto dell’ensemble quando si mette al servizio della scrittura o dell’arrangiamento e nella ruvida e aspra ferocia musicale dei momenti più liberi. Nell’idea musicale di Daniele Cavallanti, la speranza nasce dalla mancanza di finzioni e dall’assenza di distorsione nel nostro sguardo verso la realtà e i fatti.


Il disco si offre all’ascoltatore in maniera decisamente unitaria: rende evidente l’urgenza espressiva presente nel lavoro, la necessità di dare voce ai sentimenti, alle emozioni, alle motivazioni, al proprio sguardo sul mondo, in una sola parola. Per ottenere questo risultato i fili narrativi e i punti focali rientrano di continuo nel discorso. In questo modo, i tanti movimenti dell’ensemble difficilmente disorientano l’ascoltatore, ma diventano prospettive secondo cui rilanciare il discorso. L’orchestra passa agevolmente dal tutti al solo, procede in maniera sicura tanto con il passo ieratico della scrittura di Mongezi Feza quanto con l’andatura cadenzata del blues, mantiene una linea salda sia nelle sezioni più informali che nelle parti più strutturate.


Sounds of Hope è un disco articolato. Un lavoro pensato per dialogare con i propri riferimenti storici e, allo stesso tempo, per lasciare fluire il senso personale della musica. Cavallanti confeziona per The Milano Contemporary Art Ensemble una dimensione acustica orgogliosa e identitaria e una visione stilistica ben piantata nell’estetica del jazz radicale. La maturità del discorso e la visione collettiva sono gli elementi utili per andare oltre il punto di partenza: l’esperienza, la confidenza reciproca, basti pensare al solidissimo sodalizio tra Cavallanti e Tiziano Tononi, l’intenzione di “fare squadra”, di innescare un rapporto intergenerazionale, l’attenzione alle dinamiche e alla voce dell’intero corpo sonoro, il racconto complessivo dell’album sono le chiavi che, nota dopo nota, danno senso al lavoro.



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