Dado Moroni & Luigi Tessarollo @ Teatro Massimo, Pescara

Foto: Fabio Ciminiera










Dado Moroni & Luigi Tessarollo @ Teatro Massimo, Pescara

Pescara, Teatro Massimo – 20.11.2015

Dado Moroni: pianoforte

Luigi Tessarollo: chitarra


Pianoforte e chitarra, la grande letteratura degli standard, un riferimento preciso come il duo formato all’inizio degli anni sessanta da Bill Evans e Jim Hall. Dado Moroni e Luigi Tessarollo portano il loro incontro sul palco del Teatro Massimo di Pescara per la cinquantesima stagione musicale della Società del Teatro e della Musica Luigi Barbara. Ed è un incontro dalle coordinate ben precise, giocato sull’amore condiviso per il materiale dei grandi songwriter di Broadway e per le sue tante “traduzioni” jazzistiche effettuate dai protagonisti principali della storia della musica di improvvisazione. Un dialogo continuo tra gli strumenti, con il pubblico, con i grandi predecessori. I brani originali proposti dai due musicisti sono due composizioni dedicate ai rispettivi figli, in un ipotetico e ulteriore dialogo con le generazioni future, l’idea di traghettare il suono e il linguaggio in avanti nel tempo.


«Non preoccupatevi se parlo molto tra un brano e l’altro: non lo faccio per suonare meno!» sembra essere diventato ormai il mantra di Dado Moroni nei suoi concerti. Con la sua voce rassicurante e rilassata, il pianista racconta storie di jazz, aneddoti e incontri legati ai brani, ai loro compositori, alle sue interpretazioni e alle sue esperienze. Una voce radiofonica, in tutto e per tutto: diventa una chiave per fare entrare il pubblico maggiormente a contatto con quanto andrà ad ascoltare, una guida sicura e preziosa proprio perché non imposta o calata dall’alto, un racconto amichevole sin dal primo momento e, per questo, accattivante e godibile.


Il racconto enciclopedico ma mai didascalico del pianista si nutre della conoscenza davvero enorme della tradizione del jazz e si riflette nella scelta e nell’esecuzione dei brani offerte da Tessarollo e Moroni: ogni pezzo scelto rappresenta un capitolo di una storia, il ragionamento e le interpretazioni fanno comprendere il motivo della scelta, la capacità di dare conto del percorso fatto rende meno scontata la presenza di brani ascoltati tantissime volte, rendono sempre pertinenti le scelte operate in sede di esecuzione e, se non si ritiene esagerata la parola per un duo, di arrangiamento. E, quindi, il medley gershwiniano, la soluzione ritmica per l’apertura di Summertime, le chiusure dei brani, il senso – eterno, immutabile, ma sempre differente ed emozionante – del blues.


L’interplay chiude il cerchio. Mettere il compagno di palco nella miglior condizione possibile per esprimersi: linee e accordi corrono tra tastiere e corde, passano dall’uno all’altro per completare un discorso che scorre fluido sul filo di melodie estremamente conosciute, che si costruisce nota dopo nota, che affianca personalità, stile, il richiamo ai tantissimi interpreti degli stessi brani.


Jazz as it is, direbbero gli americani: un’affermazione circolare, sfuggente quanto inevitabile, ricorsiva quanto ricca di sensi e rimandi impliciti, ma utile per dare conto di un concerto gradevole e di uno spettacolo completo nell’esplorazione del linguaggio e dei capisaldi espressivi del jazz.



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