L’animale creativo. Il pensiero musicale di Giulia Valle, compositrice e contrabbassista

Foto: Carles Palacio










L’animale creativo.
Il pensiero musicale di Giulia Valle, compositrice e contrabbassista


È italiana, ma vive a Barcellona sin da quando ha cinque anni. Giulia Valle, nata a Sanremo, è una delle più notevoli musiciste di jazz in Spagna. La sua voce originale e personale e il suo temperamento forte e perfezionista l’hanno portata a distinguersi nel panorama europeo.


La bassista e compositrice ha suonato come leader, con il Giulia Valle Group, in festival e teatri importanti come, tra gli altri, il London Jazz Festival, l’SFJazz Center, il Festival de Jazz de Rabat, il Festival de Jazz de Barcelona, Jazz à Vienne, il Jarasum International Jazz Festival in Corea del Sud. Con una certa sorpresa, però, non ha mai avuto l’occasione di suonare nel paese che le ha dato i natali. «Stranamente, nonostante io sia nata in Italia – anche se poi sono cresciuta a Barcellona, il che mi renderebbe forse più catalana che italiana o, forse, dovrei dire “cataliana!… – non ho mai suonato qui con uno dei miei progetti, cosa che invece è accaduta spesso sia in giro per l’Europa che per l’Asia, Stati Uniti e Canada. Malgrado questa lacuna, ho comunque avuto la grande fortuna, durante la mia carriera, di incontrare grandi musicisti italiani come Paolino Dalla Porta, Pietro Tonolo, Furio Di Castri, Franco D’Andrea o Enrico Pieranunzi. E, malgrado non conosca molti dei musicisti dell’attuale scena jazzistica italiana, sono totalmente consapevole di quanto prolifica ed intensa essa sia.»


Come leader, ha sviluppato una carriera molto prolifica alla guida del Giulia Valle Group e del Giulia Valle Trio: progetti di grande interesse che l’hanno portata a contatto di molte eseprienze musicali e che, quindi, l’hanno fatta crescere come artista. Inoltre, il suo trio è stato appena scelto per partecipare all’APAP New York 2016, un grande evento artistico di importanza mondiale dove, il 17 gennaio, suonerà insieme al pianista Marco Mezquida e al batterista David Xirgu.


La sua versatilità, la sua curiosità infinita e il suo cosmopolitismo musicale hanno spinto la sua creatività sempre più avanti e le hanno permesso di dare forma ad una proposta tanto significativa quanto provocatoria, vale a dire il suo nuovo disco, Líbera, pubblicato per la Temps Record nel 2015. «Questo nuovo progetto, che utilizza per la prima volta nella mia discografia proprio un titolo in italiano, non è stato altro che portare a termine un desiderio: poter creare delle atmosfere meno figurative, poter navigare nell’astrazione, lavorare con più strati sonori e groove, senza però trascurare la forma. Sono difatti sempre molto attenta, nei miei lavori di scrittura e di composizione, all’importanza e al ruolo che la “forma” svolge e sono sempre consapevole del fatto che proprio nell’astrazione non si debba escluderla necessariamente. Se ad esempio ascolto musica sinfonica del XX secolo in un ambito più dodecafonico o alcuni lavori dell’ultimo Miles oppure il suo quintetto con Shorter o ancora altri artisti del calibro di Ornette Coleman, Henry Threadgill e via dicendo, tutti loro mi servono in qualche modo a capire quanto in realtà la forma esista sempre, anche se in una maniera intrinseca e sottile. In ogni caso, dovendo descrivere Líbera direi che è un progetto abbastanza antitetico rispetto al Giulia Valle Group, quintetto fondato nel 2003 con al suo attivo cinque dischi tutti pubblicati da Fresh Sound Records e con il quale penso di essere cresciuta e maturata sia come strumentista che come compositrice e band leader, grazie anche al fatto di essere circondata da musicisti estremamente creativi e preparati», spiega in dettaglio Giulia Valle.


A partire dalla sua creazione nel 2010, Líbera mostra come la musica sia una entità vivente. Il progetto, infatti, è nato come un avant-garde quartet con flauto, chitarra, basso e batteria ed ha mantenuto il suo sviluppo dinamico anche quando si è allargato fino a diventare un ottetto, una formazione con sonorità ricche, capace di prendersi tutti i possibili rischi per arrivare ad un suono ipnotico e personale: «Líbera invece lo considero più affine al concetto di “Work in Progress”. La band è nata nel 2010 ed è partita come quartetto per evolversi fino a diventare un ottetto. Per questo progetto ho avuto a che fare con un elenco di musicisti più eclettico, non solamente jazzisti. Il risultato a mio parere è un insieme difficile da classificare, dove voci contrappuntistiche, intensità ritmica e dinamiche estremamente contrastanti vengono abbinate a sonorità più contemporanee. Cerco comunque, anche nella sperimentazione più progressiva, di rimanere fedele alla mia realtà di strumentista e, soprattutto, di compositrice evitando cosi di cadere nel cliché, nel gratuito. Non scrivo nulla per altri strumenti – fiati, voce, strumenti armonici – che io stessa non possa cantare o suonare. In definitiva quello che per me è realmente essenziale è “sentire”, anche se in modo approssimativo, cercando di contrastare o di controbilanciare le possibili ambiguità strutturali e tonali: offrire comunque un riferimento più puramente melodico che possa quindi facilitare anche l’ascolto ad un pubblico più ampio. Forse proprio il fatto che il contrabbasso sia il mio primo strumento, fa in modo che io abbia sviluppato questa capacità d’ascolto delle “due voci”, derivante dal concetto contrappuntistico tra melodia e contro-melodia. Ed è proprio per questo che talvolta il riferimento melodico non viene dato necessariamente dalla voce principale, ma ad esempio dalla mano sinistra del pianoforte che doppia il basso, mentre il fattore armonico viene sovente risolto in un luogo diverso.»


La musica che si ascolta in Líbera è, senza dubbio, il più coraggioso progetto di quest’artista e riflette l’essenza globale della singolare voce di Giulia Valle e della sua profonda conoscenza musicale. Unisce intensità ritmica, generi diversi, dinamiche mutevoli e psichedeliche attraverso diversi livelli sonori avvolti da un raffinato lirismo. «Credo che le sonorità ricercate da ogni musicista, soprattutto al giorno d’oggi dove tutto sembrerebbe già inventato, non siano altro che il bisogno di materializzare le proprie fantasie sonore, aldilà di ogni frontiera e parametro. Ed in questa mia personale ricerca ho avuto l’immensa fortuna di crescere musicalmente in contatto con musicisti catalani e americani, capaci di sviluppare con gande profondità tanto l’aspetto ritmico che quello compositivo. Posso citare ad esempio Jason Lindner, con cui ho registrato due dischi e che reputo uno dei grandi esploratori della poliritmia, terreno nel quale, secondo il mio punto di vista, una innovazione è realmente rivoluzionaria solo quando riesce a generare un “groove”, una “clave” ritmica interessante a livello musicale. Questo è sicuramente quello che accade in alcuni aspetti del folklore sudamericano – penso all’Argentina, al Perù, alla Colombia – o dell’Europa orientale: credo che queste influenze, in qualche maniera, abbiano arricchito enormemente anche la mia musica. Certi modelli ritmici – la Chacarera argentina, ad esempio, il mio preferito… – riescono a determinare, anche attraverso uno studio individuale ed una reinterpretazione personale, un concetto universale, un legame tra la tradizione del folklore e l’innovazione. Trovo molto stimolante la giustapposizione di binario e ternario: il suo uso è praticamente alla base di tanti ritmi diversi, dalla rumba a certi “palos” del flamenco, musiche Gnawa fino ad arrivare al jazz… Si usa di piú dell’olio d’oliva!»


Giulia Valle diffonde il suo virtuosismo compositivo ed è in grado di dare importanza ad ogni membro della formazione, un compito arduo con cui non può fare a meno di confrontarsi. «Con il tempo, ho imparato a scrivere sempre più pensando a chi doveva suonare questa o quella parte, cercando di dare ad ognuno un ruolo nel quale potesse brillare al massimo. In questo modo, anche a livello compositivo, riesco a ricevere un enorme feed-back che poi posso integrare nella scrittura riuscendo a cucire le parti addosso a chi lo andrà ad eseguire, con precisione sempre maggiore. È imperativo però che, accanto a questa comprensione delle differenti sfaccettature della Band, ci sia anche una certa tensione che, nel mio caso, si crea nella continua evoluzione della maggior parte dei brani. Tutto questo fa si che tra i musicisti di cui mi circondo ci sia sempre quella certa irrequietezza, quel senso di vertigine che coinvolge e che fa dare il massimo sempre, in ogni occasione.»


Ascoltando la musica presente in Líbera e sentendo l’energia che proviene da essa, diventa notevole ed evidente l’evoluzione continua che la band ha conosciuto grazie sia al lavoro comune ma anche alla fertile varietà delle carriere musicali che ogni membro del gruppo ha sviluppato nel jazz, nel rock o nel pop. Il linguaggio del jazz contemporaneo è la base sulla quale questi musicisti creano le atmosfere ricche e profonde usando risorse in grado di spostare e trasgredire i codici stilistici. L’inusuale line-up – Giulia Valle al contrabbasso, David Pastor alla tromba e agli effetti, Pablo Selnik al flauto e al clarinetto, Carola Ortiz alla voce, Edurne Arizu alla fisarmonica, David Soler alla chitarra e alla pedal steel guitar e, infine, Oriol Roca alla batteria – offre numerose possibilità nel produrre livelli sonori differenti e giocare con i cambi di tempo e intensità. Un concetto sonoro ampio che ha il suo punto di partenza nel modo in cui Giulia intende la musica e la scelta delle sonorità. «Il mio ruolo come bassista, a questo punto, a parte quello di cercare di chiarire al massimo le strutture della musica – non sempre regolari e nemmeno facili… – è quello di spingere, diffondere e fondere tutta l’energia presente, creare delle atmosfere che riflettano l’intensità emozionale del mio lavoro. Ma insisto sul fatto che questo non sarebbe possibile se non fossi circondata da artisti così incredibili. E non parlo solamente della loro abilità come strumentisti, ma anche della loro capacità di ascolto, di comprensione della musica, del loro senso dell’umore e del dramma. In realtà credo, oggi piú che mai, al concetto di gruppo, non importa se si tratta di un quartetto di archi o di una Big Band.»


Líbera è stato appena presentato, ma Giulia Valle è già pronta a pubblicare un nuovo lavoro registrato dal vivo la scorsa estate al San Francisco Jazz Center. La contrabbassista è un instancabile “animale creativo” che paradossalmente ha raggiunto un maggior riscontro negli Stati Uniti che in Italia, la sua terra natale. «Spero solo che in futuro si riescano a creare dei vincoli sempre piu stretti di collaborazione tra musicisti catalani e italiani in modo da accrescere sia la musica, sia le nostre esperienze personali, e – perché no – creare una voce comune nel panorama jazzistico europeo.»



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