Sokratis Sinopoulos – Eight Winds

Sokratis Sinopoulos - Eight Winds

ECM Records – ECM 2407 – 2015



Sokratis Sinopoulos: lyra

Yann Keerim: pianoforte

Dimitris Tsekouras: contrabbasso

Dimitris Emmanouil: batteria






Originale esponente della musica etnica declinata in chiave jazz, il greco Sokratis Sinopoulos abbraccia la lyra quale strumento musicale che arcanamente ispira composizioni, sonorità, assolo, performance in trio e quartetto, dove parti scritte e improvvisate lavorano alla perfezione. Non è forse un caso, in tal senso, che egli stesso ami presentarsi come “lyrist”, un suonatore appunto di lyra. E la lyra è protagonista di Eight Winds, una messa in pratica su CD dei concetti musicali del jazzman greco proposte e accettate per la prima volta dalla prestigiosa alla ECM, ultimamente orientata anche all’ethno jazz: nel 2014 insieme con gli altri tre membri del quartetto – Yann Keerim al pianoforte, Dimitris Tsekouras al contrabbasso e Dimitris Emmanouil alla batteria – Sinopoulos registra queste idee musicali che ama definire “in bianco” oppure tratteggi bianchi che possono essere colorati in molti modi differenti utilizzando l’improvvisazione.


Fra gli otto brani che compongono il CD, 21st March è per Sokratis unico nel genere, stando alle sue affermazioni, ma non perché gli piace più come pezzo o composizione, ma per il fatto che il gruppo riesca a ottenere un grande momento in studio, tutti assieme, senza gerarchia, intendendosi quasi alla perfezione: vi è una parte centrale estemporanea in questo brano che dunque funziona assai bene per i quattro, senza mettersi d’accordo prima su qualcosa di scritto o prestabilito.


La filosofia musicale di Sinopoulos ha lo stesso concetto che sta dietro Eight Winds: cercare di rimanere concentri nel proprio “luogo” musicale, lasciando che gli otto venti del titolo soffino nell’aria libera; è un sound che va “sentito” senza andare alla deriva via con esso. In altre parole, l’album rappresenta diversi stili musicali assorbiti nel corso degli anni – in realtà Sokratis dice di approdare a un sound al centro di influenze tanto jazz, folk, classiche, quanto di world music e di musica improvvisata – anche se nel suo personalissimo ethno-jazz non avverte certo il bisogno di seguirne esclusivamente uno su tutti, lavorando piuttosto alla ricerca di una sua voce tra di essi. Ed è ecco che una parola come “luogo” diventa molto importante per Eight Winds quale album dove fondamentale, al tempo stesso, l’idea di creare musica dal colore locale immediatamente riconoscibile.


Infatti spicca proprio sulla ritmica moderna – il consueto piano jazz trio – l’etnicità della lyra che è uno strumento popolare molto comune in diverse regioni della Grecia perché arriva direttamente dal Medioevo e, con altre forme, addirittura dal periodo aureo classico. E per certi versi Eight Winds eredita i saperi dei vecchi musicisti di lyra sperduti nei villaggi ellenici e addirittura equiparabili ai mitici trovatori o comunque a una tipologia di bardi locali; per Sinopoulos sono quelli che chiama i musicisti assoluti: suonando la lyra, infatti cantano altresì i testi che loro stessi scrivono e soprattutto compongono la musica, su cui spesso eseguono diverse varianti.


Stando alle sue dichiarazioni, Sokratis va persino oltre il concetto filosofico di ethno-jazz, preferendo un neologismo in uso fra i critici inglesi nel tentativo di descrivere la musica non definita, come in Eight Winds: è la parola genre-less. In effetti per quest’album, più che in tanti altri, viene voglia di abbracciare la causa del genre-less. Tuttavia risulta fin da subito un discorso troppo riduttivo, perché le sonorità di Eight Winds, semplici e complesse, meditabonde o immediate, si prestano a letture stratificate: ad esempio quello che stanno facendo i quattro si può anche descrivere come musica modale, riferendosi persino ai modi dell’antica Grecia; oppure equipararlo all’ECM Style di cui si parla in un altro capitolo; o ancora ritenere l’album un ottimo prodotto di world music o di folk revival greco.


Tuttavia, per restare infine lungo le traiettorie dell’identità del jazz europeo, Eight Winds non può essere che ethno-jazz, qualcosa di pensato, immaginato, eseguito, scritto, improvvisato, attraverso la trasversalità e la contaminazione tra segni, linguaggi, generi.