Satoyama – Spicy green cube

Satoyama - Spicy green cube

Autoproduzione – 2015





Luca Benedetto: tromba, flicorno

Christian Russano: chitarra elettrica, live samples

Marco Bellafiore: basso, contrabbasso

Gabriele Luttino: batteria, vibrafono






Il jazz come modalità interpretativa all’interno di un contesto musicale animato da spinte differenti. Come recita la versione inglese di Wikipedia, Satoyama è un termine giapponese per indicare la zona al confine tra i piedi delle montagne e la pianura coltivabile. Nel nostro caso, Satoyama è un quartetto piemontese: la loro musica attraversa i generi e le interpretazioni date dai vari maestri per ricavare una somma personale dove si accostano reazioni chimiche e stratificazioni, pensieri e riflessioni sulle tante esperienze ascoltate e la spinta delle quattro personalità coinvolte.


È facile, se non addirittura scontato, utilizzare il prefisso “post” per identificare l’operazione compiuta dal quartetto. In effetti, le dodici tracce che compongono il disco raccontano un mondo di ascolti disparati e un modo di affrontare la materia musicale tali da rimandare a stagioni diverse: gli accostamenti avvengono secondo un filo logico che non tiene conto degli stilemi di genere ma punta invece alla costruzione di un paesaggio sonoro del tutto particolare.


E se, nelle attuali combinazioni architettoniche, si combinano materiali diversi per resa ed impatto, in Spicy green cube ritroviamo ritmiche ipnotiche derivate direttamente dalla psichedelia rock a rispondere a melodie chiaramente piantate nel binario del mondo classico e delle suggestioni etniche (Costantinopoli), il richiamo più o meno accennato a seconda dei casi al dub o al drum’n’base come propellente ritmico per alcuni passaggi del disco, il disegno ricavato da incroci timbrici e sonori, le aperture tipiche di certo jazz nordeuropeo, l’attenzione alla lezione più melodica del jazz elettrico. Lo sguardo, poi, va oltre e punta anche alle matrici da cui quelle sintesi già prendevano le mosse. In un gioco combinatorio che diventa pressoché infinito e, soprattutto, con l’attitudine libera, scanzonata e irriverente – anche se con la giusta dose di prudenza e senza intenti rivoluzionari – di mescolare e trattare con lo stesso metro ogni influenza e ogni elemento preso in considerazione.



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