Foto: la copertina del disco
Suite For Battling Siki: jazz e pugilato “suonati” da Mauro Gargano
Suite For Battling Siki è il nuovo disco di Mauro Gargano. Un progetto di forte fascino e audacia. Un connubio tra jazz e sport, narrato con passione e suonato in maniera pregevole e raffinata.
Jazz Convention: Mauro Gargano, tu sei un contrabbassista e compositore. Con Suite For Battling Siki hai realizzato il suo secondo disco da leader. Come sei venuto a conoscenza della storia, così affascinante, del pugile Battling Siki?
Mauro Gargano: Per caso. Si parlava di lui in una palestra nella quale mi allenavo a Porte de Clignancourt (una zona periferica di Parigi nord). Era il primo campione del mondo “africano” della storia del pugilato. Mi sembrava molto strano non aver mai sentito parlare di lui, in quanto sono appassionato di pugilato da quando ero bambino. E così sono andato alla ricerca di sue notizie e sono capitato su di un libro biografico appassionante, realizzato da uno scrittore giornalista di nome Jean Marie Bretagne, che ho successivamente conosciuto personalmente, e che mi ha dato degli input interessanti per conoscere meglio il personaggio Siki. Poi su suo consiglio ho letto l’opera di Peter Benson, e vecchi libri introvabili in parte acquistati su ebay (Orio Vergani e Roland Passevant), ed altri aquistati nelle “brocantes” parigine (due biografie su Georges Carpentier, e “Les Années Folles” di Gilbert Guilleminault). Scavando a fondo nella storia di Mbarick Fall (questo era il suo vero nome) ho scoperto un personaggio straordinariamente umano, animato da una fortissima voglia di vivere, uno dei primi rappresentanti di una società multiculturale a venire, e a quanto pare purtroppo arrivato troppo presto, stigmatizzato per le sue origini, e boicottato nonostante un talento sportivo cristallino. Non fu mai valutato per il suo giusto valore, ed addirittura dimenticato. A me personalmente è sembrato sempre molto strano che oggi, in Francia esistano tantissime palestre pubbliche intitolate a Georges Carpentier, e nessuna a Battling Siki che lo aveva sonoramente battuto! Era di passaporto francese, e si sentiva profondamente francese, avendo combattuto addirittura per la Francia nella prima guerra mondiale, finendo addirittura decorato con gli onori. Mi è sembrato interessante il fatto di dare luce alla sua storia, riservandogli una notorietà postuma come Miles Davis fece con Jack Johnson. Perché anche l’Europa ha avuto il suo campione euro-africano, anche se l’ha sempre ignorato.
JC: Di questa vicenda è possibile secondo te trasformare le parole in musica e ricostruire le stesse immagini e vicende?
MG: Assolutamente sì. Le parole evocano sentimenti e la musica riesce a descriverli attraverso i propri colori ed il proprio linguaggio. Penso che sia un processo che vada nei due sensi: le parole suggeriscono delle immagini che ispirano della musica e viceversa. Prima di comporre la musica ho scritto i testi, basandomi su delle mie impressioni ed intuizioni emotive avute durante lo studio della vita di Battling Siki. Ero in aereo da Parigi a Milano ed ho avuto l’ispirazione e la voglia di far parlare questo personaggio, così ho cominciato a scrivere. Ho immaginato il suo incontro contro Carpentier e tutta la problematica legata al “presunto accordo” che lui avrebbe accettato per perdere volutamente il match rendendo gli onori al biondo campione, e molti soldi ai bookmakers. Ho cercato di immaginarmi questo suo “tormento interiore”, in bilico fra l’accettare il vergognoso ma redditizio accordo o il combattere a viso aperto tentando la sua chance. Fra Siki ed i suoi tormenti c’è l’allenatore corrotto che lo sprona a fare una bella figura ma al tempo stesso tenta di convincerlo ad andare giù al quarto round… Ho sviluppato quindi un dialogo immaginario fra il coach ed il suo pugile durante i momenti di riposo fra i rounds come un flashback di pochi minuti che appare fra un movimento e l’altro della suite. In questo mi sono ricordato del film “Raging Bull” di Martin Scorsese, nel quale alla storia della vita di Jack LaMotta s’ inframmezzavano dei corti flashback nei quali si vedeva il pugile sul ring in piena azione, fra sudore, sangue, confusione e brusio del ring. Secondo questa architettura ho poi composto i sei movimenti della suite che descrivono i momenti significativi della vita di Battling Siki attraverso le città importanti della sua vita, ma anche i sei rounds vittoriosi contro Carpentier. In alcuni punti ho lasciato anche interagire la narrazione con la musica senza prestabilire nulla, facendo improvvisare i musicisti con gli attori per lasciare spazio all’imprevisto che in un mio progetto non deve mancare mai.
JC: Perché hai deciso di farne un disco?
MG: Nel 2011, Roberto Ottaviano mi ha chiesto di portare un mio progetto personale al Festival di “Bari in Jazz” (che in quella edizione era dedicato a Miles Davis). Gli proposi di rendere omaggio a Miles indirettamente attraverso la passione per la boxe che avevo in comune con lui, dedicando il progetto a Battling Siki, come Miles l’aveva fatto con Jack Johnson. L’idea piacque a Roberto che mi finanziò la creazione per il concerto del Festival. Dopo quell’evento, tanti appassionati aspettavano con ansia la pubblicazione di questo progetto, ma non avendo avuto un sostengo da alcun produttore (salvo dallo sfortunato J.J. Pussiau, il quale fu licenziato da “Out There” poco prima di farmi firmare il contratto…), ho aspettato parecchio tempo prima di avere le risorse personali necessarie per portare i musicisti in studio, e poi pubblicarlo. Cosa che ha rallentato non poco la mia attività discografica personale.
JC: Cosa lega la boxe al jazz?
MG: All’apparenza nulla, ma poi pensandoci bene tantissime cose. La boxe è basata sul ritmo, sullo stile, sui contrasti, ed anche il jazz. Grandi jazzisti e grandi pugili hanno avuto spesso in comune storie tragiche ma assolutamente affascinanti. La grandissima passione che i jazzisti, in particolare afroamericani (e non solo) avevano per la boxe, li portò spesso a definire il jazz “un combattimento”. Poi la boxe e il jazz si incontravano negli stessi ambienti ed interagivano nelle stesse passioni comuni. Per esempio tantissimi grandi pugili erano appassionati di jazz ed addirittura salivano sul palco per duettare con le orchestre. Penso per esempio a Ray “Sugar” Robinson, che si esibì in uno spettacolo di danza con la Count Basie Orchestra e non solo, o a Ezzard Charles che era un ottimo contrabbassista di jazz. E tantissimi jazzisti di gran nome erano anche buoni pugili: Red Garland (che incontrò addirittura Ray Robinson), Max Roach, Miles, Frank Sinatra (il cui padre era un pugile professionista), Zawinul, ed altri… Ed altri erano profondamente appassionati ed intitolavano i propri dischi a famosi pugili: Per esempio Benny Golson ha dedicato “Killer Joe” a Joe Louis, o George Russell a Ezzard Charles con “Ezzthetics”, o Miles a Jack Johnson. Poi la terminologia spesso impiegata dai jazzisti richiamava la boxe: lo “swing” (un tipo di gancio), o le “battles” fra orchestre o solisti rimandavano a dei combattimenti pugilistici.
JC: E un contrabbassista ai guantoni?
MG: Avremmo dovuto chiederlo a Ezzard Charles il quale suonava il contrabbasso al Birdland e contemporaneamente vinceva il campionato del mondo nel 1951! Io invece ho praticato il pugilato amatoriale dai 16 ai 22 anni, partecipando a tornei e campionati regionali. Poi lo studio della musica e la successiva partenza per Parigi mi hanno fatto interrompere. Ho ripreso ad allenarmi nel 2006 per puro divertimento, e seguo da appassionato il pugilato professionistico. Mi piacerebbe un giorno poter ottenere il brevetto da allenatore. Ma solo per puro diletto.
JC: Attraverso quattordici momenti hai ricostruito le tappe, intime e non, della vita e carriera di Siki. Come hai legato la musica alla narrazione, visto che nel disco suonate diversi generi di jazz?
MG: Ho composto tantissima musica prima di realizzare il mosaico del disco, ed ho poi scelto le composizioni che per carattere riuscivano a descrivere la storia, richiamando, evocativamente, delle immagini. Sinceramente non mi sono posto il problema di dover seguire “genere o stile” preciso, ho cercato più che altro di mettermi nella pelle di un regista cinematografico e di impregnarmi dell’ambiente emozionale della musica, senza essere né troppo descrittivo, né troppo slegato dallo sviluppo narrativo.
JC: Oltre alle due voci narranti, ti è vicino un cast di musicisti di notevole livello. E’ stato complicato metterli assieme e condividere un progetto che abbraccia, musicalmente, Africa, Europa e America?
MG: È stato difficile e facile allo stesso tempo. Con tutti loro stavo collaborando su altri progetti, e quindi li conoscevo bene musicalmente ed umanamente, e sapevo che mettendoli insieme sarebbe successo qualcosa di molto interessante. L’organizzazione della seance poi è stata rocambolesca ed inaspettata, in quanto ho sfruttato un “day off” generale e fissato lo studio. E per una serie di circostanze professionali ed umane fortuite i nostri destini si sono incrociati in un determinato momento, ed ho sfruttato l’occasione.
JC: Cosa hai pensato, che sensazioni hai provato, quando hai terminato la registrazione di Suite For Battling Siki?
MG: La parte migliore è finita, ora comincia il peggio…
JC: Cosa ti resterà di questa esperienza musicale e, anche se lontana nel tempo ma rivissuta, umana?
MG: Tantissimo nonostante le difficoltà. Sono contento che questo capitolo della “pubblicazione del disco” si sia realizzato, perché è stata la cosa più complicata di tutte. Tutta la stesura del progetto, quindi la ricerca, il lavoro bibliografico, l’organizzazione architetturale, il lavoro compositivo, narrativo e teatrale, è stato foriero di grande emozione ed insegnamento. La stima accordatami dai musicisti, dagli attori che hanno fatto parte del progetto, e poi da un carissimo amico che mi ha sostenuto anche finanziariamente, mi ha ripagato e motivato da sola ai tanti alti e bassi che hanno caratterizzato l’attesa della pubblicazione. Ora c’è la terza fase, quella della attività concertistica. Vorrei effettivamente portare in giro questo progetto ma, visti i tempi, non mi faccio illusioni.
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