Silvia Bolognesi – Chicago Sessions

Silvia Bolognesi - Chicago Sessions

Fonterossa Records – 2015





Silvia Bolognesi: contrabbasso

Russ Johnson: tromba

Tomeka Reid: violoncello

Mike Reed: batteria

special guests:

Dee Alexander: voce

Emiliano Nigi: voce






Una vera e propria fotografia delle proprie avventure musicali a Chicago. Così Silvia Bolognesi definisce Chicago Sessions: il disco è il risultato di due sedute di registrazione condotte dalla contrabbassista insieme ad alcuni dei musicisti con cui oramai collabora stabilmente in progetti diversi, in special modo la violoncellista Tomeka Reid, protagonista del trio tutto al femminile e tutt declinato sulle corde artefice del disco Hear in Now (la terza “voce” era in quel caso il violino di Mazz Swift).


Una conduzione condivisa, un flusso di coscienza collettivo, aperto e affidato a composizioni naturalmente rivolte ad accogliere l’improvvisazione nella sua dimensione intenzionale e nella sua connotazione più istintiva. Dialogo, stratificazione, riconoscimento reciproco e interazione rappresentano l’ossatura di una musica in continuo movimento, instabile grazie alla possibilità di accettare di continuo nuovi stimoli e determinata nella ricerca di materiale espressivo.


Gli stimoli vengono perciò dal contesto disegnato in precedenza, ma viene anche suggerito dall’estro e dalla partecipazione dei musicisti. La metafora delle incomprensioni che ritroviamo in Languages tra le voci e le parole scandite da Dee Alexander e Emiliano Nigi diventa, in realtà, il presupposto e la manifestazione del dialogo, diventa il punto di partenza di una reazione a catena di connessioni e rimandi reciproci. I riferimenti primari sono quelli delle avanguardie storiche e, in particolare, le anime più radicali della Windy City free e, visto la città che ha fatto da incubatrice al lavoro, non potrebbe che essere così. Ma Silvia Bolognesi, Russ Johnson, Tomeka Reid e Mike Reed – oltre ai già citati Dee Alexander e Emiliano Nigi – non si fermano a questo punto. Lasciano entrare i riflessi delle sperimentazioni provenienti dall’ambito contemporaneo, il sapore ancestrale del blues e delle musiche tradizionali, echi di movimenti che si sono incontrati e arricchiti delle avanguardie storiche.


Il disco, perciò, riporta un materiale denso e del tutto coerente con i presupposti di partenza, vale a dire l’intenzione di condividere la gestione del fatto musicale. Se il flusso sonoro viene puntellato e condotto dalle cellule e dalle griglie disposte in partenza, a dare senso al lavoro è l’incontro delle personalità dei musicisti e dei timbri degli strumenti, è il rimbalzo continuo e reciproco di suggerimenti che si sviluppa nota dopo nota.


Le cinque tracce sviluppano, infatti, il discorso in poco meno di trentasei minuti. Un’istantanea veloce e immediata, un’immagine in cui si intrecciano improvvisazioni, temi e spunti melodici per fermare con la registrazione un momento preciso di un dialogo che si evolve con costanza negli anni e per dare ad alcune sfaccettature di una musica che affida buona parte del suo messaggio e delle sue accezioni all’estro del momento, alla potenzialità e al significato del gesto la possibilità di essere vissuta e ascoltata con l’attitudine differente dell’ascolto del disco.



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