Autoproduzione – MBL0001 – 2016
Marco Bianchi: vibrafono
Nicola Tacchi: chitarra
Roberto Piccolo: contrabbasso
Filippo Valnegri: batteria
Otto tracce composte da Marco Bianchi ed indirizzate principalmente verso un jazz dalle sonorità elettriche e dall’approccio spigliato. Il Lemon Quartet alterna brani dal passo energico, persino aggressivo, che affondano i riferimenti in episodi nella fusion e nel rock progressive ad altre che rimandano al vocabolario e alle atmosfere solitamente associate al vibrafono, vale a dire sospensioni e spazi più rarefatti.
Se note dell’apertura (Clerks) sono affidate ad un potente riff di chitarra seguito e assecondato con forza dal quartetto, il secondo brano (Jimmy Jib) riconduce subito alla calma le evoluzioni del quartetto. Ma, come si diceva sopra, è una “calma in movimento”: Marco Bianchi e il suo Lemon Quartet sprizzano energia e, durante tutto il complesso del disco, puntano al controllo di questo flusso sonoro e, soprattutto, a muoversi in sintonia con la vena risoluta ed esuberante che scorre attraverso le composizioni e che viene rilanciata tanto dalla ritmica quanto dagli interventi della chitarra elettrica.
Il vibrafono si trova così in un ambiente diverso dal solito. In questo modo, la formazione si apre diverse possibilità e non è costretta a passare per situazioni confortevoli e consuete. Lo sguardo alla fusion e al rock progressive si confronta con la particolare possibilità dello strumento di giocare con gli spazi più aperti, con il suo suono fluido e rilassato. Ed è nella gestione di queste condizioni che si sviluppa il discorso di Pixel e il quartetto riesce a disegnare una propria strada dove trovano posto il funky di Breaking Bad, la dimensione sognante di Ninna Nonna, le reminiscenze methenyane di Learn to fly e il tentativo di provare un innesto tra bebop e hard rock come avviene in Red Hot Chili Boppers.
Come afferma lo stesso Marco Bianchi all’interno delle note di copertina, la scelta del titolo vuole mettere in evidenza la necessità di guardare i singoli elementi come parte di un tutto, allo stesso modo in cui i singoli pixel acquisiscono il loro significato solamente quando si guarda una immagine digitalizzata nel suo complesso. Il quartetto si muove con lo stesso atteggiamento, senza mettere un elemento al di sopra degli altri: punta alla sintesi tra linguaggi e generi, senza un ordine di preferenza, ma cercando di utilizzarne le varie possibilità espressive.
Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera