Robert Kaddouch: passeggiando per la 53sima strada

Foto: dal sito di Robert Kaddouch: www.kaddouch-music.com










Robert Kaddouch: passeggiando per la 53sima strada



Robert Kaddouch ha avviato con due dischi molto diversi tra loro – 53rd Street, già pubblicato, e il prossimo High Line – un percorso in duo con Gary Peacock. Pianista, didatta, musicista attento alle diverse anime dell’improvvisazione, Kaddouch ci ha portato dentro il suo mondo musicale.



Jazz Convention: La prima domanda è semplice. A parte la sua maestria musicale conosciuta a tutti, per quali motivi hai scelto Gary Peacock per questo progetto in duo?


Robert Kaddouch: Gary dimentica tutto quello che conosce per essere pienamente consapevole del momento presente. È un uomo del momento. La sua vera maestria, a mio modo di vedere, è proprio quella di essere in grado di inventare un “presente”. E Gary, come Martial Solal, è in grado, ciascuno secondo coordinate proprie, di realizzare questa prova. In realtà, non mi interessa l’improvvisazione che consiste semplicemente nel riposizionare tutto ciò che si conosce: preferisco suonare una bella opera di Prokofiev o di Scriabin che, a sua volta, è in grado di rinnovare ogni volta, un presente diverso. Gary ed io, invece, amiamo il pericolo della vera improvvisazione.



JC: La scelta del repertorio per la registrazione: come avete deciso quali canzoni suonare?


RK: Gary era interessato al mio universo musicale e così siamo partiti da lì. Il Jazz, perché è la mia sensibilità. Le canzoni dei bambini, perché ho inventato un metodo di insegnamento che permette ai bambini di improvvisare al pianoforte da 8 mesi: fanno cose favolose! Non riesco più a fare musica senza pensare a questi piccoli geni. E le canzoni yiddish: essere a New York e non pensare a tutte quelle persone che vi hanno trovato la libertà! All’interno del booklet del compact, ho pubblicato un testo in cui approfondisco l’argomento con alcune mie considerazioni.



JC: Il duo è un formato molto agile che permette di muoversi nella maniera più libera tra improvvisazione e rispetto per la composizione: come avete combinato i due fattori?


RK: Il prossimo 15 maggio, uscirà un secondo disco in duo chiamato High Line in cui suoniamo totalmente liberi, senza partiture. 53rd Street, invece, prende le mosse da composizioni molto particolari che mobilitano le cosiddette funzioni esecutive, vale a dire le abilità che i matematici utilizzano per fare i calcoli a mente. Queste funzioni permettono di eseguire in modo molto veloce operazioni e quindi permettono di creare e di inventare e, quindi, di non seguire gli stereotipi già conosciuti. Il dispositivo messo in campo permette di accedere, in tempo reale, a un livello alto di innovazione e può anche schiacciare i musicisti che cercano a tutti i costi di mettere all’interno della loro esecuzione tutto quello che hanno imparato. Ho elaborato questo dispositivo grazie al lavoro fatto insieme a Yannis Xenakis.



JC: L’interazione, l’ascolto reciproco e la capacità di trasformare i pezzi durante la registrazione: in quale percentuale possiamo ascoltare sul CD le idee che erano state formalizzate prima di entrare in studio?


RK: Non abbiamo fatto nessuna prova prima di entrare in studio. La prima nota registrata è stata la prima nota suonata insieme. Ho inviato a Gary le partiture nelle settimane precedenti e lui ci ha lavorato su.



JC: Sarà possibile ascoltare nei prossimi mesi in concerto in Europa e, eventualmente, anche in Italia il duo con Gary Peacock?


RK: Sarebbe un piacere! Abbiamo aperto diversi contatti, ma non abbiamo ancora date precise.



JC: Il duo è un formato che hai utilizzato varie volte nella tua carriera con musicisti diversi per le loro caratteristiche e gli strumenti che suonano. Quali sono gli elementi che cerchi nei vari partner per stabilire il dialogo musicale?


RK: La propensione al rischio, l’intensità e la presenza, l’autenticità, l’umanità, l’intelligenza, il senso della creazione, la capacità di produrre novità, il controllo… in pratica, tutte le qualità di Martial Solal!



JC: Parliamo del titolo. Tutti conoscono la 52nd Street come la strada del jazz. Perché, invece, il vostro disco si intitola 53rd Street?


RK: È l’indirizzo dell’Avatar Studio di New York. Abbiamo registrato lì e Gonzalo Rubalcaba aveva già preso il nome di Avatar…



JC: In generale, credo che il fascino e l’influenza di New York siano ben presenti nella musica che avete registrato nel CD…


RK: Direi di si! Libertà, vitalità, emancipazione, ebollizione: New York è la città di tutte le possibilità. E porta con sé l’immagine e i suoni di tutti i geni che hanno inventato il Jazz.



JC: Il tuo metodo di insegnamento, la “Pédagogie Kaddouch”, rappresenta una parte molto importante della tua attività musicale: puoi introdurne, in breve, i concetti principali ai nostri lettori? E, soprattutto, rivolgi questo metodo a categorie differenti di giovani e studenti…


RK: Il mio concetto chiave è la conducibilità, la comunicazione attraverso la creazione. Noi ci costruiamo attraverso la comunicazione autentica, attraverso il vero scambio con l’altro. Si esiste confrontando il nostro universo con l’universo differente delle altre persone. Nei prossimi giorni, pubblicherò un libro dal titolo “L’insegnante e filosofo, la Conducibilità secondo Robert Kaddouch” per le edizioni L’Harmattan: è un concetto che è stato sviluppato da sei filosofi di grande spessore.



JC: Come si lega il concetto di conducibilità – che è centrale nel tuo metodo – alla pratica dell’improvvisazione e al dialogo tipico del duo?


RK: Per me, suonare o insegnare sono, in buona sostanza, attività molto simili. Lo scambio deve essere genuino e senza relazione di superiorità. Occorre sempre dare l’altro il modo di esistere con le proprie caratteristiche all’interno dello scambio che si viene a creare.



JC: Raccolgo l’ultima domanda dal tuo sito web: “Cosa succederà quando i campi magnetici si strofinano l’uno contro l’altro?” E, aggiungo, cosa accade quando il nastro fissa la musica e, soprattutto, quando vengono rese “eterne” le risposte di un musicista ai suggerimenti dell’altro ?


RK: È una domanda molto buona! Si tratta di una questione davvero problematica! Quando si improvvisa, non si potrà mai ottenere la versione ideale, come Glenn Gould ha realizzato nelle sue registrazioni, edizione dopo edizione, nell’interpretazione dei testi affrontati. Il punto è sapere che cosa deve essere una improvvisazione ideale. A mio avviso, ritengo che la risposta sia una produzione in cui gli spazi di influenza dei diversi musicisti, a forza di fusioni e convergenze oppure secondo opposizioni costruttive, si mescolano in un nuovo spazio che non appartiene a nessuno dei musicisti ma che rappresenta le caratteristiche di ciascuno di loro. Questo album racconta davvero la creazione di un universo comune con Gary, nessuno di noi potrebbe ottenere con un altro musicista: è una storia vera che merita, a nostro avviso, di essere incisa.



Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera