Labirinti Sonori – LS016 – 2015
Ugo Moroni: chitarra
Canio Coscia: sax tenore
Piero Bittolo Bon: sax alto
Roberto Solimando: trombone
Federico Pierantoni: trombone
Gaetano Santoro: sax baritono
Marcello Claudio Cassanelli: pianoforte, Fender Rhodes
Giannicola Spezzigu: contrabbasso
Giuseppe Tortorelli: batteria
Domenico Caliri: conduction, arrangiamenti
Il titolo del cd è già di per sé emblematico. Ah-Ug è, infatti, una parafrasi di Ah-Um, storica incisione del 1959 a firma di Charlie Mingus, con evidente riappropriazione del nome da parte del titolare dell’album. E a Mingus, Ugo Moroni deve senz’altro parecchio, sia nel modo di organizzare che nel condurre avanti la musica. Diciamo, poi, che fra le sei takes del cd è compresa Pythecanthropus Erectus, capolavoro del bassista afroamericano. Troviamo, inoltre, tre originals, ma uno si chiama Fables of Mingus, di chiara derivazione dalle celebri “Fables of Faubus”, un altro cult di denuncia sociale del famoso musicista di Nogales. Nelle tracce, inoltre, si riscoprono elementi tipici della poetica del grande jazzista, come i repentini cambi di tempo, gli sbalzi climatici, i botta e risposta penetranti e incisivi fra coppie di strumenti e una certa aria jungle di tutto l’insieme, mitigata qui dal tocco sapiente ed educato della chitarra del bandleader.
Gli altri pezzi non originali appartengono a Thelonious Monk e a Jimi Hendrix. Ad Evidence, tratta dal repertorio del sommo pianista, viene attribuito uno swing morbido e felpato. Voodoo child è, invece, energica, sanguinosa, rockeggiante con il suono distorto della chitarra del leader in primo piano. I fiati rispondono alle sollecitazioni con stacchi poderosi e perentori. Gli altri assoli prendono fuoco dopo poche battute. Sono ad accensione rapida, ma prolungata. Il timbro complessivo e l’andamento del brano, ancora, fanno pensare a Gil Evans e alla sua storica reinvenzione del mondo hendrixiano, immortalata nel celeberrimo Play the music of Jimi Hendrix
Nel disco suona un ottetto, con i due trombonisti che si alternano fra un pezzo e l’altro. Alla conduzione e agli arrangiamenti si segnala Domenico Caliri, una vera garanzia in situazioni come questa, per la sua abilità nel costruire un assetto di base dinamico, variabile, comunque ben definito, in cui far risaltare la virtù compositiva dei solisti.
Ugo Moroni, al suo debutto su Labirinti sonori, etichetta di ricerca, severa e selettiva, si presenta con un disco di ascolto non complicato, contenente una musica ben piantata nell’humus del jazz dei maestri e contaminata, però, da un gusto contemporaneo riverente e propositivo allo stesso tempo.