Foto: Carmelo Calabria
Villa Bombrini: Suoni, Parole, Ritmi del Mondo – VII edizione
Genova, Cornigliano – 6.2.2016/21.4.2016
Torna, come consuetudine nella prima parte dell’anno, la rassegna Suoni, parole e ritmi dal mondo, giunta ormai alla sua settima edizione, con sette serate fra il jazz e altre musiche. Sono ancora una volta protagonisti i temerari dell’associazione Jazz Lighthouse e quelli di Coloriamo@musica, che sfidano la congiuntura del periodo allestendo una programmazione più che dignitosa, con alcuni appuntamenti sfiziosi, non proprio consueti dalle nostre parti. Si comincia il 6 febbraio con il tutto esaurito. La sala è stracolma e parecchie persone si accomodano dietro alla porta, dove sentono solo il concerto senza poterlo vedere. Sulla scena è il turno dello Zena trio di Dado Moroni. Il pianista genovese in passato cercava di esibirsi con parsimonia a Genova per evitare il pericolo della sovraesposizione. Oggi, forse, ha cambiato parere e si concede più facilmente alle richieste che gli arrivano dalla sua città. Moroni nella circostanza ripercorre i classici del suo repertorio, riprendendo Fats Waller, Ellington, Monk, dirottando su John Lewis e concedendosi un paio di originals a sua firma. Il suo pianismo è sfavillante, pieno, molto caratterizzato. «Quando ero a New York un po’ di anni fa e avevo bisogno di un pianista preferivo lui ad altri nomi altisonanti, tipo Kenny Barron…» Così ha rivelato in questi mesi Franco Ambrosetti e sicuramente questa testimonianza rafforza l’idea che Moroni sia in grado di stare alla pari con i campioni del mainstream internazionale, in virtù di uno stile e di una capacità di ascolto notevoli. A Villa Bombrini lo assecondano degnamente il solido bassista Aldo Zunino e il dinoccolato, ma preciso, Rodolfo Cervetto, contribuendo alla riuscita di un concerto molto festeggiato dagli spettatori presenti.
Il 22 febbraio torna a Genova The Leapin’ Fish Trio, uno dei gruppi più visionari messi in piedi da Paolo Botti. Dopo aver immaginato e composto la colonna sonora di un film muto, intitolato, appunto, “Il pesce guizzante”, il trio si concentra solo sulla musica, costruendo una sorta di macchina del tempo per tornare alle origini del jazz, al blues primigenio, al dixieland e ripartire a palla verso il rock, non tralasciando sciabolate nell’atonale, nell’avanguardia per sostituire o integrare i suoni della tradizione hot o il mood dei reperti storici scoperti da Alan Lomax. Oltre che per la schizofrenia del percorso, una schizofrenia peraltro geniale, colpisce nel trio il tipo di interazione che si crea fra i protagonisti. Botti espone il tema, solitamente alla viola e ci lavora sopra in maniera propria o volutamente impropria. Terragnoli distorce il suono della sua chitarra e procede spedito con una timbrica e un fraseggio aspro e spigoloso. Zeno De Rossi è universale, camaleontico, nel senso che va a nozze quando può calcare la mano su una ritmica funky, ma sa anche ricordare la lezione dei maestri della batteria degli anni trenta e andare sciolto, deciso, in puro stile New Orleans.
Non è molto sorprendente che sia richiesto un bis alla fine di un concerto impegnativo, non privo di asperità, ma provvisto di un appeal colto e affascinante.
Il 9 marzo sbarcano a Genova As Madalenas, duo italo-brasiliano con Cristina Renzetti e Tati Valle alle chitarre, alle voci e alle piccole percussioni. È un’esibizione che trasmette passione, la passione per il sound carioca d’autore manifestato e conclamato dalle due protagoniste. Si ascoltano, infatti, brani di Barbosa, Chico Buarque, Caetano Veloso trattati come gioielli di valore, lustrati, lucidati con un’esecuzione attenta alle sfumature, ai dettagli. Le “Madalenas” si scambiano spesso i ruoli di cantante e accompagnatrice. Le voci si intrecciano, si intersecano, si incrociano, rivelando un’intesa profonda e un comune “divertimento” nel portare avanti questa musica, orecchiabile, piacevole, ma di qualità indiscutibile. Chiude il concerto Madeleine di Paolo Conte, una divagazione dal repertorio scelto, resa con molta grazia da una coppia che fa di un approccio alla materia elegante ed equilibrato la sua carta vincente. Risulta inevitabile, a questo punto, il successo sancito da convinti applausi alla fine dell’esibizione.
Non si può rendere conto dei concerti di marzo del quartetto di Philippe Petrucciani e del Collettivo Paganini
Il 9 aprile si riaffaccia a Villa Bombrini un habituè di questa rassegna, Dimitri Grechi Espinoza, già ascoltato nella formula del duo, in due diverse edizioni precedenti. Questa volta il sassofonista toscano è solo con il suo strumento e ripropone i contenuti di un suo disco recente, Angel Blows, registrato nel Battistero di Pisa. Per simulare l’acustica di un luogo sacro, Grechi Espinoza usa l’elettronica, ma non in modo marcato, perché la sfida è proprio quella di far risaltare le sue invenzioni solistiche anche in siti meno raccolti e mistici, dove non rimbalzino sulle pareti e sulle colonne le evoluzioni del suo sax, come in una chiesa. Si ascoltano varie sequenze compiute con riferimenti al folklore russo, al jazz nordico, alla svolta spirituale dell’ultimo periodo nell’attività di John Coltrane. Nel timbro, il musicista, moscovita di nascita, ricorda Jan Garbarek, ma il suo fraseggio è più secco e angoloso, pur beandosi nelle ripetizioni, nell’iterare un tema, un’intuizione e condurla ad un progressivo, graduale sfaldamento. Espinoza suona con gli occhi chiusi, tutto raccolto sul suo sassofono, per esprimere spiritualità, pace, attraverso il soffio sul suo tubo di metallo argentato.
Alla fine non c’è richiesta di un bis, perché si ricava l’impressione che la cerimonia, il rito, abbiano un loro svolgimento, una loro durata definiti e non ci sia necessità o possibilità di allungarli.
Conclude il festival Barbara Casini, una cantante che ha trovato fonte continua di ispirazione nel mondo musicale brasiliano. Come nel suo ultimo cd, Terras, la accompagnano i due fratelli Taufic. Roberto, il chitarrista, è conosciuto in Italia per le tante collaborazioni con jazzisti come Rava, Bonaccorso, Bosso…. Eduardo, invece, risiede ancora in Sud America ed è un pianista particolarmente versato in questo tipo di operazioni. La Casini dedica tutto lo spettacolo alle musiche del nord est del Brasile, terra povera dal punto di vista economico, ma ricca per la presenza di un patrimonio di canzoni folkloristiche, di valenti autori. La vocalist cura particolarmente la pronuncia e il modo di porgere i vari brani, sottolineandone accuratamente il significato testuale, preferendo, in generale, i toni soffici, ondulati e privi di forzature. I due fratelli dialogano strettamente, alternandosi nel ruolo di accompagnatore e di solista e offrendo un rinforzo notevole al canto della leader del trio.
Suoni, parole e ritmi dal mondo si conclude con la sala ancora una volta gremita.
Il riscontro popolare di una manifestazione che presenta, ad ogni buon conto, appuntamenti non sempre alla portata di tutti, serve a rinforzare negli organizzatori l’idea di continuare, in futuro, su questa linea di varietà e di valore.