Foto: la copertina del libro
Stefano Bollani. Il monello, il guru, l’alchimista e altre storie di musicisti
Mondadori 2015
Dopo il fortunato Parliamo di Musica, Stefano Bollani si confronta ancora con la scrittura letteraria. Lo fa al meglio con questo libro, divertente e documentato, che racconta la storia di alcuni fra i musicisti da lui più amati. Le centoventicinque pagine del testo (inclusive di bibliografia e indice dei nomi) non aggiungono molto alla conoscenza del mondo musicale del pianista toscano. Bollani si rivela ancora una volta come artista eclettico e curioso, privo di dogmatismi, libero e disinvolto nel passare da un genere all’altro.
Così il libro racconta tanto Francis Poulenc come Frank Zappa, i seriosi teorici dell’Accademia dei Bardi che cercavano di contrastare l’avvento della polifonia e Astor Piazzolla alle prese con i puristi del tango, Maurice Ravel e Renato Carosone. Gershwin e Gorni Kramer. La disinvoltura rivendicata da Bollani come sinonimo, forse addirittura come un sinonimo di libertà, non nuoce affatto alla profondità del libro. Fra le righe della divertita narrazione Bollani piazza, qua e là, osservazioni interessantissime e spunti di riflessione di non poco conto. Fra le tante è da citare quella sui rapporti fra musica e cinema. In estrema sintesi Bollani sostiene che il cinema ci ha abituato a rileggere la musica in termini visivi. Già il melodramma aveva ottenuto questo effetto, ma il cinema lo ha dilatato dando un suono ai vari sentimenti.
Fra le varie storie di musicisti è da ricordare, per la brillantezza della scrittura, quella del Guru, ovvero Joao Gilberto (il Monello è Louis Armstrong, l’Alchimista invece Bill Evans). Bollani ne descrive il canto, dolce e spigoloso allo stesso tempo e suggerisce una specie di discendenza fra lo stile di Billie Holiday e quella di Joao. Billie «(…) a ventisei anni era già Billie Holiday, aveva il suo stile e la sua personalità e non si è più distratta da quello che ha imparato di se stessa.» Joao Gilberto, che ascoltava la cantante dalla radio dei genitori, ne ha subito l’influenza e ne percorre la stessa strada.
Alla fine si scopre che il modello di musicista ideale è Belinda Fate, un’artista completamente inventatala dall’autore. Una pianista saggia e stramba, colta e irriverente che usa la sua cagnolina, Serenella Fortini, come ufficio stampa. Se l’odore di un giornalista piace a Serenella, Belinda concede un’intervista deliziosa.
Certo, a volte la disinvoltura porta a qualche errore come quello della citazione, a proposito di Astor Piazzolla, di un libro di Jorge Luis Borges: Evaristo Carriego. Bollani afferma che si tratta di una biografia di un personaggio inventato mentre invece Carriego era un poeta minore argentino, amico di famiglia dei Borges. Capita agli improvvisatori.
Non siamo davanti, nemmeno lontanamente, a qualcosa che somigli a un saggio. Il pianista si diverte semplicemente a raccontare, a stabilire libere connessioni fra generi, epoche e personaggi, lasciando all’appassionato il compito di approfondire i vari argomenti. La scrittura è leggera, vitale, mai noiosa e il modo di porre le questioni è sempre originale.