Aldo Bassi & Alessandro Bravo – Sirio

Aldo Bassi & Alessandro Bravo - Sirio

Effe Music – CD 003 – 2008




Aldo Bassi: tromba

Alessandro Bravo: pianoforte






Pianoforte e tromba. Una situazione sonora ampia e completa, quanto legata alle capacità e alla forza espressiva degli interpreti: c’è tutto quello che ci deve essere, ma bisogna, di volta in volta, predisporre e rendere vivi tutti gli elementi. Alessandro Bravo e Aldo Bassi riescono, nella conduzione di Sirio, a rendere invisibile il lavoro di costruzione dei brani e fanno scorrere le note disinvolte all’ascolto, senza svelare trucchi e ingranaggi.


Sirio è un disco dal tono frizzante, allegro, positivo. Il duo si trova particolarmente a proprio agio nei ritmi più sostenuti: una buona verve e una particolare disposizione al groove corrono lungo tutte le tracce. Nonostante la formazione scarna, Bassi e Bravo sono sempre pronti a rilanciare lo spirito del brano e le questioni ritmiche vengono risolte in maniera sempre appropriata. È un aspetto che emerge molto bene nell’uscita di If I should lose you e nella scrittura di molti degli originali, organizzati e condotti con spirito brillante – come Orazio e Undici 12, brano che apre il lavoro.


Allo stesso tempo, il duo si cimenta con molti episodi romantici e dalle dinamiche più rilassate. Questi brani mettono in evidenza la vena romantica dei due musicisti: un’atmosfera più vicina all’immaginario consueto del duo, nella quale i due riescono ad esprimersi con eleganza, soprattutto in Sirio, il brano che da il titolo al lavoro.


Le dieci tracce del lavoro di Bassi e Bravo si muovono in una visione tradizionale del jazz: e, anche quando la musica si apre a elementi meno canonici, il duo li metabolizza per dare loro una visione coerente con la direzione generale del disco. La conclusiva Oblivion, tratta dal song-book di Astor Piazzolla: pur mantenendo le caratteristiche principali dell’originale, il brano viene plasmato in modo lieve e morbido fino ad essere reso come una ballad. Allo stesso modo i richiami esotici di Behlmir – presenti in tutto lo svolgimento del brano, a partire dall’introduzione arabeggiante e dal tema enfatico – vengono ricondotti nelle improvvisazioni alle espressioni linguistiche del jazz: cosa che avviene senza forzature e strappi, ma attraverso una naturale evoluzione dei brani e delle interpretazioni.