JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Chie Shimizu, Breath

JAZU: Jazz from Japan. Recensioni. Chie Shimizu, Breath

Universal – POCS-1065 – 2012




Chie Shimizu: voce

Hiroki Morihoka: pianoforte, arrangiamento

Tetsuyuki Kishi: contrabbasso

Satoshi Sano: trombone, armonica






Nell’affollata pletora di jazz vocalist giapponesi merita particolare attenzione la cantante Chie Shimizu. La grana particolare della sua voce, così distintiva e peculiare, la pone al di sopra delle tante voci, spesso troppo edulcorate, che gremiscono la scena jazz nipponica, rappresentandone una piacevole eccezione. Come scrive nelle note di copertina il giornalista Hiroshi Kawazaki – critico musicale dell’autorevole quotidiano giapponese Asahi Shimbun, riferendosi a gran parte delle cantanti di jazz nipponiche – Non sarebbe un grande errore se in esse cercassimo solo «dolcezza e sensualità?»


Infatti, aderendo ad un’estetica vocale più vicina a quella di una cantante di colore, la Shimizu soprende per questa attitudine così lontana dai consueti stilismi vocali jazz asiatici. Come un mare autunnale cambia il suo aspetto, a seconda dell’angolazione con la quale i raggi solari si rifrangono in esso, numerose e cangianti sono le nuances presenti nella sua vocalità: una voce che sembra andare in frantumi in certi punti arricchendosi delle screziature di una moderna Billie Holiday, mantenendo tuttavia un’innocenza di fondo che mitiga la dissolutezza e il disincanto che trasparivano dalla voce di Lady Day.


Accompagnata da un inconsueto quartetto drumless, la Shimizu dà il meglio di sé in noti standards come Everything Must Change, Speak Low e Blame it on My Youth, che ben si adattano alla sua pronuncia vocale così scura, nonchè alla sua non trascurabile capacità di interpretare il testo cantato. I registri gravi di contrabbasso e trombone, spesso coadiuvati dal suono lunare dell’armonica a bocca, si sposano piacevolmente con la voce della Shimizu, sempre alla ricerca di una fusione con le timbriche strumentali dei suoi partner. L’atmosfera che si respira in questa session è di quelle che solo partner musicali di lunga frequentazione possono offrire e il set strumentale scelto è congegnato per esaltare al meglio le qualità di ciascun membro.


Le due anime del polistrumentista Satoshi Sano si manifestano alternativamente apportando sempre il colore più appropriato: usando l’armonica sulle briose rivisitazioni di Sunny, My Favorite Things e Everything Must Change o mostrando il lato più ironico di brani come Honeysuckle Rose e Lover, Come Back to Me, soffiando nel suo trombone. Il pianista e arrangiatore di tutti i brani Hiroki Morioka tiene bene i fili della session dispensando sapientemente perle di romanticismo nelle ballad e morbido swing nei brani più agili.


Il fulcro ritmico è affidato al contrabbassista Tetsuyuki Kishi, sempre efficace e pertinente, che dimostra doti da fine accompagnatore in Virtual Insanity, brano del noto vocalist inglese Jamiroquai, eseguito in duo voce e contrabbasso: una scelta musicale che, tra l’altro, rivela l’ampiezza di stili musicali verso i quali guarda la cantante.


Seppur la Shimizu non disdegni un paio di incursioni nel pop (How Far You’ve Gone e Superstar), è nei brani appartenenti alla più classica tradizione jazzistica che la cantante trova la sua dimensione congeniale, grazie ad una cifra stilistica vocale frutto di un percorso di profonda coscienza di sé e del suo ruolo di cantante che in questo album raggiunge una giusta maturazione.



Link di riferimento:

Chie Shimizu – Everything Must Change: https://www.youtube.com/watch?v=0odklFqW9kY