Rivolta & Trasfigurazione: Demierre/Dörner/Kocher live

Foto: composizioni di immagini di Zavod Sploh










Rivolta & Trasfigurazione: Demierre/Dörner/Kocher live

Palermo, Goethe-Institut (Cantieri Culturali alla Zisa) – 9.4.2016



Jacques Demierre: pianoforte

Axel Dörner: slide-trumpet

Jonas Kocher: fisarmonica


Swiss jazz (o all’incirca) protagonista di una livida serata d’incerta primavera a Palermo, ospitante un esponente elvetico del pianoforte, ma in realtà di un complesso sentire artistico comprendente improvvisazione come metodo, ricerca e “poesia sonora” – in tale occasione aggregante due analoghe, attive personalità tra cui il connazionale accordionista Jonas Kocher ed il germanico sperimentatore della tromba Axel Dörner.


Promosso dall’associazione dal locale Goethe-Institut, in collaborazione con lo Swiss Arts Council Pro-Helvetia sotto il titolo “La continua rivoluzione / la rivoluzione continua” – in prima lettura retorico e d’eccessiva ambizione – l’evento ha nei fatti del tutto rispettato il proposito grazie all’investimento senza compromessi del trio, deciso ad elargire ad una “calibrata” ma comunque partecipe audience un’ora di libertà per l’ascolto e la riflessione.


Particolarmente apprezzabile la prestazione del tedesco Axel Dörner su un esemplare storico di slide-trumpet, trattata con l’ausilio di sordine e devices, ma soprattutto con uno spregiudicato approccio con cui lo strumento si faceva duttile medium di un ricercato mix di tecnica respiratoria e visionarie figurazioni, scrollandosi il “già sentito” in tema di nuovi ed elettrificati approcci allo strumento d’ottone.


Organico complemento, l’insolita performance fisarmonicistica di Jonas Kocher, il cui strumento pulsante, remotamente siderale veniva compresso fino all’immobilità nell’emettere stringhe sonore sottili e di flebile metallo.


Co-protagonista non soltanto nominale il singolare pianismo dell’elvetico Demierre, attivamente espanso nell’arruolamento di componenti dello strumento di norma non direttamente coinvolte nella generazione sonora; centellinando i propri interventi e spesso amministrando una nebulosa dimensione d’attesa, il suo pianoforte si palesava talvolta “poco sonoro” e “diversamente rumoristico”, per deflagrare a più riprese con singolare effetto scenico nella forma di cupe bolle sonore.


Singolare altresì la partecipazione fisica dei tre sodali, catturanti non certo per “spettacolarità” comune quanto per pose statutariamente silenti ma particolarmente “intonate” e funzionali ad un flusso sonoro spesso con la tempra dell’evocazione e d’immanenza temporale, ulteriore tratto di polemica aperta nell’esporre la propria – collettiva e individuale – “rivoluzione” entro il discorso musicale, qui certamente graziato da connotazione vitale.


Ennesima occasione per rilevare come l’acusticità più nuda (o all’incirca) si rifletta nelle sue controparti di suono sintetico, ma ciò che più colpiva era come l’anti-rumorismo del trio, procedendo per sottigliezza di segni e graduata movimentazione di masse sonore, scarnificava ogni potenziale lirico e ogni valenza melodica di segno convenzionale generando un aleatorio e pur organico interplay.


Evocando peculiari combinazioni, fino alla collisione, di forze acustiche e passaggi del pensiero, il libero gioco di creatività e il flusso non-laminare d’ispirazioni istantanee, con pochi sconti (ma diremmo nessuno) sul piano dell’attrattiva, e la spregiudicata presa di libertà attingevano al carattere non del tutto involontario di (ri-)educazione dell’ascolto, che certamente del trio non ha mancato di captare la rivolta compositiva e le trasfigurazioni sonore e, su tutto, la peculiare metafisica.


Di questi artisti si è potuta anche apprezzare una ricca e significativa esposizione di materiali discografici, in varie combinazioni di line-up e supporto, a testimoniare la fattiva, eclettica iperattività di tali personalità; e nello spirito di “trio democratico” (come amano definirsi) tutti e tre i talentuosi musicisti hanno voluto contribuire ad una postfazione a questo affascinante appuntamento.



Jazz Convention: Considerata la Vostra proposta musicale come la risultante della “collisione” di tre differenti personalità, qual è l’approccio individuale alla composizione istantanea, includendovi anche l’approccio al Vostro strumento?


Jacques Demierre: Io cerco di approcciare il mio strumento come un territorio, uno spazio che sia strettamente congiunto al mio stesso corpo. Cerco di creare uno spazio sonoro che includa il mio corpo e insieme il mio strumento. Ma questo e il mio corpo sono anche parte dell’ambiente in cui il suono si propaga, cosicché quando suono, e quando compongo in tempo reale, cerco di connettermi con questi tre elementi – l’ambiente, il corpo, lo strumento cercando di captare gli infiniti movimenti che esistono tra questi tre componenti. E se io condivido questo ambiente con Axel, e Jonas, ad esempio, essi ed i loro strumenti sono a loro volta una parte dello stesso ambiente, determinando, ed aggiungendo nuove possibilità di lasciare che cose e suoni accadano. Il comporre istantaneamente è come aprire finestre di tempo, e finestre d’ascolto, e che il più possibile le cose accadano da sé.


Jonas Kocher: Un bilancio, da ridefinire sempre ed ogni volta, tra gli esiti sonori controllati e quelli casuali. E ciò lo considero valido per la singola esecuzione che per il suono d’insieme.


Axel Dörner: Il mio approccio è comporre in tempo reale qualcosa che tragga senso nel contesto musicale. Confrontata ad una composizione scritta su carta, nella composizione-in-tempo-reale non si può cancellare tutto ciò che è avvenuto, così perfino gli errori devono rappresentare un senso in funzione del quale io scelgo di suonare successivamente. L’approccio al mio strumento è anch’esso dipendente dal contesto musicale. Io uso la tromba come un sintetizzatore a volte, altre come una tromba microtonale: tutti e quattro i parametri (volume, timbro sonoro, altezza e ritmo) possiedono un uguale significato.



JC: Una performance, questa, di grande ispirazione e assoluta creatività. Di cosa ha bisogno, adesso, la musica creativa, secondo Voi?


AD: Io penso che la musica creativa abbia bisogno della nostra consapevolezza di esseri umani, nei particolari tempo ed ambiente entro cui viviamo. La creatività non viene fuori dal nulla, essa è sempre legata alla nostra storia (inclusa la storia musicale) e sempre connessa alla nostra cultura personale e alla cultura della nostra società. Entro questa situazione noi possiamo provare ad immaginare qualcosa al di fuori del sistema in cui viviamo – questo potrebbe portare ad un cambiamento del sistema, e della nostra situazione.


JK: Tenersi pronti verso situazioni inaspettate, e capacità di rischiare.


JD: È possibile che la musica creativa necessiti un po’ di non-creatività adesso, una qualche sorta di esecuzione non-creativa, in cui si tenda ad avvicinarsi al flusso della vita quanto più possibile, così come al flusso delle cose, al momento esatto in cui le cose stanno accadendo mentre non avete tempo di pensarci, cercando d’interferire il minimo possibile con i movimenti vitali che attraversano tutto il vostro Essere mentre state suonando.