Slam Productions – SLAMCD 569 – 2015
Szilárd Mezei: viola, kaval
Svetlana Novakoviæ: flauto
Maja Radovanlija: chitarra acustica
István Csík: batteria, percussioni
Szilard Mezei è un musicista serbo-ungherese, attivo nell’area di confine fra il jazz d’avanguardia, la contemporanea e il folk rivisitato intellettualmente. Nella sua carriera il violista ha incontrato grossi nomi del panorama internazionale dell’area di ricerca e ha trovato modo di collaborare pure con performers italiani, quali Nicola Guazzaloca, ad esempio. In questo cd, inciso nel 2005, ma pubblicato dieci anni dopo, sono al fianco del leader Svetlana Novakoviæ al flauto ed Helga Radovanljia alla chitarra acustica.
L’album si compone di tre brani, due più corposi, della durata vicina alla mezz’ora e uno più breve, di dieci minuti. Il primo pezzo è dedicato a John Cassavetes – il regista di “Gloria: una notte d’estate” – e si dipana con un fitto dialogo fra i tre strumenti in un ambiente cameristico, sul filo dell’atonalità. Si alternano momenti di tensione, pause e ripartenze con accelerazioni, ritorni a momenti di quiete e riprese di passaggi vitali e gonfi. Tutto all’insegna del rigore, ma alla lunga le situazioni si ripropongono se non alla lettera, nel modo di procedere e si arriva alla fine con un minimo di stanchezza.
Il clima si modifica nella seconda traccia, in omaggio al clarinettista afroamericano John Carter, personalità eminente e misconosciuta del jazz degli anni ottanta, al centro, però, in questo periodo di una doverosa rivalutazione. Qui Mezei in alcune parti suona il kaval, un flauto di legno di origini turche. In questo pezzo è ben marcata la spinta ritmica, anche per la presenza di Istvan Csik alle percussioni. La musica diventa meno limata e rifinita. Si registra, cioè. una maggiore incidenza della pulsione, del movimento, rispetto ad un certo calligrafismo colto, ma un po’ esangue, della prima composizione.
Conclude il cd il brano eponimo, dove si schiudono squarci lirici e si scoprono sequenze melodiche, prossime alla tradizione balcanica, rivissute, però, con l’ impronta di un autore preparato e disponibile ad una contaminazione consapevole, non per seguire l’onda di un modernismo fine a sé stesso.
Fehér virág, complessivamente, conferma la presenza in una posizione di rilievo nel jazz europeo e zone contigue, di Szilard Mezei, artista curioso e aperto ad incontri estemporanei o, come in questo caso, impegnato a costruire qualcosa di ben caratterizzato con le forze fresche della sua terra.