Foto: Luca Labrini
Summertime 2016 @ Casa del Jazz: Kind Of Bill, Dee Dee Bridgewater, Avishai Cohen Quartet
Roma, Casa del Jazz
Dado Moroni/Eddie Gomez/Joe La Barbera – Kind Of Bill 30 Giugno
Dee Dee Bridgewater – 9 Luglio
Avishai Cohen Quartet – 11 Luglio
Il 30 giugno il trio d’eccezione formato dal piano di Dado Moroni, il contrabbasso di Eddie Gomez e la batteria di Joe La Barbera apre la stagione estiva di concerti alla Casa del Jazz. L’edizione 2016 di Summertime offre un cartellone di primissimo livello che per tutto il mese di luglio e parte di agosto vede alternarsi alcuni dei più apprezzati jazzisti provenienti da tutto il mondo, collocando il festival tra i più interessanti eventi di jazz in Italia e non solo. Nello splendido parco che fa da cornice al palco, i tre danno vita ad un sentito omaggio al pianista Bill Evans, con il nostro Moroni accompagnato da due musicisti che hanno, in momenti diversi, suonato e contribuito allo sviluppo dell’arte del grande artista americano: per più di dieci anni infatti Gomez ne è stato il fedele contrabbassista, con La Barbera che ha invece completato il trio con Marc Johnson negli ultimi periodi di vita di Evans. Davanti ad un pubblico numeroso e attento, a Moroni il ruolo di padrone di casa ed il gravoso compito di un confronto con un monumento del suo strumento. I tre con garbo e rispetto ripropongono alcuni dei brani firmati o particolarmente amati da Evans, da Funkallero a The Two Lonely People passando per Solar di Davis, intervallando delle composizioni a firma di ognuno dei tre, da quella Kind Of Bill scritta da La Barbera e che dà anche il titolo a questo tributo a Forever di Gomez fino ad un medley di Moroni che intreccia la sua First Smile con Turn Out The Star dello stesso Evans. Moroni è bravo e didascalico anche nell’introdurre i vari brani di colui che è stato indubbiamente un faro per i pianisti che l’hanno seguito, gentile ed emozionato anche nei confronti dei suoi illustri compagni di palco, testimoni di un jazz che ha rivoluzionato il trio in una fusione totale tra accompagnamento e improvvisazione che ha fatto storia. Il bis finale è ancora un omaggio ad un altro colosso con una bella versione di Oleo di Sonny Rollins per una serata che, con eleganza e stile, fa rivivere e capire ancora una volta la grandezza di Bill Evans.
Sabato 7 è di scena la cantante Dee Dee Bridgewater accompagnata da un quintetto, come ormai le capita di frequente, di giovani ma validi musicisti capitanati dal trombettista Theo Croker. Dopo una intro musicale, la diva americana fa il suo ingresso sulle note di Afro Blue di Mongo Santamaria in una prima parte di concerto un filo lenta caratterizzata da un repertorio preso dai suoi vecchi dischi in cui rivisita a suo modo standard cari a Horace Silver, Billie Holiday e Ella Fitzgerald. La seconda è invece sicuramente più interessante e frizzante in un concerto che ha il pregio di finire in crescendo: qui vengono finalmente riproposti i brani racchiusi nel suo ultimo lavoro Dee Dee’s Feathers dedicato e registrato a New Orleans a dieci anni dall’uragano Katrina. Dall’iniziale One Fine Thing fino a Saint James Infirmary i sei sono superlativi nell’intreccio tra trazione e modernità in un immaginario tour musicale per le vie della capitale storica del jazz pieno di verve e classe. Dee Dee si trova perfettamente a suo agio in tale contesto, cattura la scena in lunghe improvvisazioni in un interplay continuo con i suoi musicisti lasciando loro parecchio spazio, in un concerto ricco di gusto ed ironia che la conferma ancora una volta una grande talent scout oltre ad una delle voci più brillanti in circolazione.
Lunedi 11 è la volta del ritorno di Avishai Cohen e del suo quartetto completato dal fidato Yonathan Avishai al pianoforte, Barak Mori al contrabbasso e Nasheet Waits alla batteria. Fresco di stampa con il suo ultimo lavoro dedicato alla memoria del padre “Into The Silence” uscito di recente per l’etichetta ECM, l’originale trombettista di Tel Aviv apre e chiude il concerto con due standard splendidamente eseguiti, April In Paris in apertura e Along Came Betty di Benny Golson scelta come bis, che ne testimoniano un suono fantastico ed una spiccata sensibilità. In mezzo le atmosfere cambiano radicalmente con i brani attinti scritti da Cohen che risentono del momento tragico che stava vivendo. Le composizioni attinte dall’ultimo disco proiettano l’ascoltatore in ambienti meditativi in cui anche il silenzio ha un ruolo importante, il cui perno centrale sembra essere il piano originale di Avishai. Il trombettista esce spesso di scena lasciando parecchio spazio agli altri musicisti, ma si mette comunque in luce con un fraseggio sempre ricercato e mai banale con tutti i membri del gruppo che hanno una intensità organica concentrata per una musica intensa non facile ma ben strutturata, ulteriore riprova della ottima capacità di scrittura di un leader carismatico e lanciato meritatamente verso una carriera di primo piano, sicuramente tra le cose più interessanti ascoltate ultimamente.
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