Abeat – AB JZ 052 – 2007
Dado Moroni: pianoforte, piano elettrico
Tom Harrell: tromba, flicorno
Andrea Dulbecco: vibrafono, marimba
Riccardo Fioravanti: contrabbasso
Enzo Zirilli: batteria, percussioni
Stefano Bagnoli: batteria
Bhai Baldeep Singh: voce (#4)
Marco Decimo: arrangiamenti archi(#6)
Il “cubo” di Dado Moroni ha alle spalle una storia curiosa: stando al racconto del pianista genovese, alcuni anni fa’ egli avrebbe ricevuto l’invito ad esibirsi in trio durante un concerto estivo. Per l’occasione avrebbe ingaggiato Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli, ma successivamente avrebbe chiamato anche Enzo Zirilli, dimenticando di avere già un batterista a disposizione. Contro ogni previsione questo strano quartetto con due batterie ha funzionato molto bene ed ha finito per allargarsi ed includere il vibrafono e la marimba di Andrea Dulbecco.
L’idea di Mario Caccia di produrre un disco con questa formazione per la Abeat è stata accolta di buon grado e fin dal primo istante tutti hanno pensato che l’ospite ideale potesse essere Tom Harrell. Benedetta la sbadataggine di Moroni! Senza di essa oggi non potremmo ammirare questo esempio di geometrica perfezione nella quale ogni ‘faccia’ insieme mostra la propria personalità e sorregge le altre.
Harrell porta in dote al disco le prime due di nove composizioni originali, la bellissima Tom’s soul, emozionante auto-ritratto in cui il flicorno mette a nudo in modo toccante la fragilità di questo grande musicista, e Streets, un tempo medio swingante e rilassato. Più che un ospite, Harrell sembra parte integrante di un gruppo fatto di spiriti affini, musicisti di comprovate qualità individuali che con umiltà si mettono al servizio gli uni degli altri. Zirilli e Bagnoli si completano a vicenda dando vita a splendidi giochi poliritmici: insieme il loro drumming assume nuove sfumature, riuscendo nel contempo a sincronizzarsi alla perfezione con Fioravanti, altro musicista di grande esperienza e caratura.
Poggiando su queste solide basi, il solismo di Moroni, Dulbecco e Harrell si eleva alla potenza (sarebbe il caso di dire “al cubo”). Il pianista in particolar modo fornisce un’ulteriore prova (se ancora ce ne fosse bisogno) della sua bravura leggendo prontamente, con acume e intelligenza, tutte le situazioni, sia le ballad (Sea con l’arrangiamento molto parkeriano per archi di Marco Decimo) che i brani dalla ritmica più sostenuta (trascinante la sua improvvisazione in Zio Masi).
Moroni conferma la propria vocazione a collaborare con i grandi trombettisti (ieri Clark Terry, Chet Baker, Freddie Hubbard, Dizzy Gillespie, oggi Enrico Rava e – appunto – Tom Harrell) e lo fa con una grande lezione di stile e cuore, un disco vitale, palpitante, grondante emozioni. Bellissimo.