Capitan Capitone e i Fratelli della Costa

Capitan Capitone e i Fratelli della Costa

Full Heads – Fh 093 – 2016




Daniele Sepe ed altri sessantuno fantastici musicisti delle Coste di Partenope





L’avventura di Capitan Capitone inizia che sembra uno scherzo. Comincia come tale, sbeffeggia ed irride, prende per i fondelli, a cominciare da sé stesso e da quella foltissima ciurma che viaggia sul natante. Un universo umano e musicale tutto napoletano, di quelli che solo un navigato uomo di mare come Daniele Sepe può mettere insieme, dalla tolda di comando del suo gommone di cinque metri, luogo di ispirazione supremo per le sue scorribande piratesche. Ma poi pian pianino uno scherzo non sembra più questo disco, o almeno, pur mantenendo intatta quella carica dissacrante assolutamente congenita al suddetto comandante, assume i contorni ed i connotati di uno dei suoi dischi più belli dall’epoca del mitico Vite Perdite, caposaldo della musica (veramente) indipendente degli anni novanta. Si naviga a lume di petrolio, su questa barca dove troviamo subito un Ulisse alternativo, quello vero, non tanto desideroso di tornare da Penelope. I componenti della ciurma si disvelano via via al nostro ascolto, voci, strumenti, cori, dialoghi. Il maestro governa ed orchestra il tutto, graffiando con i suoi sax ed una miriade di altri strumenti. Sono sessantuno i nomi ricordati come componenti la ciurma di Capitan Capitone e fanno musica per orecchie curiose, aperte ai suoni più diversi, quelli del mondo. Dall’Europa balcanica all’Africa, dall’Asia al Sud America, fino ad approdare come sempre a quel microcosmo che raccoglie e abbraccia tutto e che si chiama Napoli. Fino ai Quartieri Spagnoli della Bambenella di Concetta Barra, rivisitata ed aggiornata ai nostri tempi feroci, eppure ancora capace di feroce tenerezza ed umanità.


La musica di Sepe viaggia, come sempre è stato, fuori dei parggi, oltre i confini delineati dalle guide. Come Frank Zappa, come John Zorn, un po’ come quel maestro Bollani con il quale ha creato un ruvido ed imprevedibile sodalizio che ha girato questa estate per l’Italia. Capitan Capitone è un po’ quello che per Vinicio Capossela, altro personaggio con il quale Sepe si intenderebbe alla perfezione, è stato Marinai Profeti e Balene. E’ uno scrigno che si apre alle nostre orecchie, non di quegli scrigni dorati e splendenti, ma di quelli vissuti e un po’ arrugginiti, comunque imperfetti. Che non tutti scelgono di aprire. E che ci sciorina all’ascolto tante storie, tristi ed allegre, ma di quelle che gli altri spesso non raccontano. Fra le venti folli tracce intervallate dagli interventi dalla coffa del veliero, ricorderei con grande emozione brani come Spritz e Rivoluzione, La Valse du Capiton, La Chiamavano Sanità, Bambolina, Poggioreale Mia e l’esilarante Me Ne Vek Bene. Sguardi obliqui su argomenti spesso trattati altrove secondo canoni troppo prevedibili. Illuminante ed educativo.