Foto: Fabio Ciminiera
La prima parte di WInJazz – Women In Jazz 2016
Roma, Teatro Villa Pamphilj
Milena Angelè “Something there” – 6.11.2016
Milena Angelè: sax tenore
Edoardo Ravaglia: pianoforte
Enrico Bracco: chitarra
Luca Fattorini: contrabbasso
Fabio Sasso: batteria
Cecilia Sanchietti “La terza via” – 27.11.2016
Cecilia Sanchietti: batteria
Pierpaolo Principato: pianoforte
Marco Siniscalco: basso elettrico
La seconda edizione di WInJazz – Women In Jazz si è aperta a novembre con i concerti di Milena Angelè e Cecilia Sanchietti. Due nuovi progetti, “fotografati” in momenti differenti: se il quintetto guidato dalla sassofonista ha appena pubblicato il suo nuovo disco, per il trio capitanato dalla batterista è all’avvio del suo percorso. La rassegna manifesta sin dal titolo il suo obiettivo: valorizzare, sostenere e dare visibilità ai progetti jazzistici guidati da musiciste donne. Con un particolare riflettore puntato sulle motivazioni dei vari progetti: tutti gli appuntamenti si aprono con una breve intervista alla leader della formazione coinvolta nel concerto mattutino.
Something There è il secondo album di Milena Angelé e segue a due anni di distanza Resiliency, il suo disco di esordio. La strada scelta per questa nuova fase del quintetto è mettere a confronto il linguaggio di un quintetto jazz con altri mondi espressivi e altri linguaggi musicali. Nel primo caso, si dispiegano le ispirazioni letterarie e cinematografiche, come ad esempio la presenza nel repertorio di Little Person di Jon Brion, brano tratto dalla colonna sonora di Synecdoche, New York e dedicato a Philip Seymour Hoffman, attore recentemente scomparso e protagonista della film. La combinazione tra approccio jazzistico e brani di altra provenienza prosegue anche con Frame by Frame dei King Crimson, brano che ha aperto il concerto, e Running Up That Hill di Kate Bush. Un filo che si incontrava anche nel precedente lavoro in cui veniva ripresa, ad esempio, Free Love dei Depeche Mode. Milena Angelé, prima del concerto, ha ricordato come Wayne Shorter sia uno degli artisti che maggiormente hanno influenzato il suo percorso: del grande sassofonista statunitense riprende due brani, Lost e Go, uniti in un medley. Un lavoro nel segno della continuità. La voce del quintetto unisce calma e solidità, si fonda sulla tessitura costruita dai due strumenti armonici, chitarra e pianoforte, e su una concezione melodica molto filante: una musica diretta e fluida, ben organizzata e capace di portare a sintesi i tanti spunti e le influenze portate nel repertorio dalla sassofonista.
La Terza Via è il nome scelto da Cecilia Sanchietti per il duo nuovo progetto con Marco Siniscalco al basso elettrico e Pierpaolo Principato al pianoforte. Se ci troviamo dalle parti del piano trio, la leadership della batterista sposta in qualche misura i consueti riferimenti. Il coraggio è il “fil rouge” dei brani, come la batterista ha anticipato prima di suonare. La formazione scelta e il passo delle composizioni portano Cecilia Sanchietti a confrontarsi a trecentosessanta gradi con il jazz: dal mainstream alle contaminazioni, dalle reminiscenze ritmiche africane, sempre presenti nel suo mondo sonoro, a certi riflessi provenienti dalla stagione del jazz elettrico. Il coraggio di fare scelte e prendere dei rischi non implica un approccio brutale: il trio dispone infatti di una tavolozza di colori delicati per quanto definiti e la utilizza con attenzione ed eleganza. Il fatto che Marco Siniscalco e Pierpaolo Principato siano a loro volta leader di formazioni aiuta senz’altro Cecilia Sanchietti a sviluppare una musica articolata e dal tratto personale.
WInJazz prende quest’anno una connotazione stanziale e approda al Teatro Villa Pamphilj di Roma, dopo la prima edizione itinerante per l’Europa e si propone nella veste, meno consueta per i concerti jazz, del matinée. I binari su cui si concentra la rassegna sono principalmente due: da una parte, c’è l’attenzione al mondo femminile del jazz, dall’altra l’intenzione di accogliere e incuriosire il pubblico, un ragionamento franco e utile sul modo di fa incontrare il jazz con il pubblico. La collocazione oraria, l’intervista in apertura, un ambiente meno formale e l’aperitivo a fine concerto, la splendida bellezza d Villa Pamphilj diventano tutte “armi” per raccontare il jazz – e, in particolare, il jazz al femminile – in una maniera, se non inedita, meno distante e più amichevole.
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