Franco D’Andrea Electric Tree – Trio Music vol. 1

Franco D'Andrea Electric Tree - Trio Music vol. 1

Parco della Musica Records – MPR 077CD – 2016



Franco D’Andrea: pianoforte

DJ Rocca: elettroniche

Andrea “Ayace” Ayassot: sax alto, sax soprano







Esordio di progetto a triplice vita discografica e a line-up variabile (o almeno come annunciato per due ulteriori uscite di Trio Music insieme a partner ormai consolidati del Maestro meranese, e diversamente quindi per la presente e prima), dalla gestazione alquanto peculiare a partire da un contest radiofonico in cui si proponeva il remix di un brano di D’Andrea, che di persona conferiva netta palma al tributo creativo dell’affermato producer Luca Roccatagliati aka DJ Rocca.


La virtuale dualità così transitava verso una concreta interazione, per la cui completezza si ravvisava la necessità di una terza punta, fissata con felice esito sul talento di Andrea “Ayace” Ayassot, animatore del quintetto Quilibrì nonché sperimentato partner del pianista.


I circa cento minuti d’estensione del doppio disco sembrano un medium appena sufficiente a rappresentare questa musicalità dall’intesa sorprendente, stante l’effervescenza, spesso l’eruttività, di un dinamismo creativo in cui è massimale l’ascolto circolare, vivida matrice di un originale interplay.


L’Albero Elettrico del trio è probabilmente la struttura catalizzante di un assai più vasto giardino brulicante d’elettroacustica vitalità, in cui ben poco si risparmia in termini di fibrillante inventiva e spregiudicato colore: la fraseologia pianistica, che mai abbassa la guardia sul piano dell’inventiva, e incorpora entro le proprie geometrie una profonda tensione ritmica, il volo d’ape impollinante delle ance, dalle traiettorie talvolta spezzate ma pronte a librarsi su ripide correnti ascensionali, la “persona” mutevole delle campiture elettroniche, ben affrancate dal ruolo di riverberante contorno e di pugnace co-protagonismo, ordiscono complici un patchwork vivido, e a mutazione istantanea.


Se Gioachino Rossini con i Péchés de Vieillesse si concedeva (con chissà quanta auto-indulgenza) un’eccentrica appendice al proprio colorito cursus compositivo, il grande e non meno giovanile pianista atesino qui s’abbuona, giusto a coronamento di appena 75 primavere, un’ulteriore adolescenza persistendo in uno status di estrema compiutezza creativa: grande, e non disconoscibile il contributo interattivo dei partner, in Electric Tree si ripongono in gioco filoni speculativi ed intuizioni del decano della tastiera, certamente privo di preconcetti rispetto alle elettroniche (peraltro da egli in precedenza praticate, già in seno al grande capitolo di Perigeo com’è noto), come si evincerà da un’intervista preliminarmente rilasciata in cui si massimizza il valore delle amalgame, gli studi sui ritmi africani, della poliritmia dell’Africa centrale ed occidentale (poi veicolata nell’ossatura del jazz così come del suono caraibico) e, più in argomento, la lunghissima e non troppo nota storia delle manipolazioni sonore.


Dalla micro-fisica del pianoforte, dalla disanima molecolare della particella melodica all’infinito (teoricamente) spettro delle elettroniche, “grandi sistemi” s’approcciano e cimentano senza tema di sproporzioni e ombre comunicative, tra mélanges e citazioni – ellingtoniane e coltraniane – si esalta e si conduce alla deflagrazione la dimensione cameristica, certamente satura e d’esteso respiro; entro un’attiva trance d’ascolto reciproco e rimandi, questa formula-trio s’attesta foriera d’invenzione pressoché continua ed esente da ripieghi.