Slideshow. Max Gallo

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Slideshow. Max Gallo


Jazz Convention: Così, a bruciapelo chi è Max Gallo?


Max Gallo: Sono fin da ragazzino un innamorato della chitarra e del jazz. Nato a Torino il mio sogno musicale è cominciato all’età di 12 anni suonando i primi accordi seduti sulle panchine dei giardinetti vicino casa con gli amici e da lì la voglia di imparare. Studiavo chitarra classica anche cinque ore al giorno. Un giorno il mio insegnante mi fece ascoltare un vinile di George Benson e rimasi folgorato e cominciò la mia vera passione per il jazz. Verso la metà degli anni ’80 su consiglio del grande Franco Cerri frequentai la scuola del maestro Filippo Daccò (il miglior didatta in circolazione in quegli anni) per sette anni a Milano, conseguendo diploma in chitarra jazz, armonia funzionale, arrangiamento e composizione per big band.



JC: In quei sette anni scommetto che hai avuto diverse interessanti esperienze artistico-musicali, vero?


MG: Sono felice di aver suonato e collaborato con musicisti fantastici italiani e stranieri come: Luciano Milanese, Gianni Cazzola, Riccardo Zegna, Emanuele Cisi, Andrea Allione, Felice Reggio, Sandro Gibellini, Massimo Faraò, Byron Landham, Scott Hammilton, John Riley ed altri. Attualmente collaboro con passione con uno dei più storici jazz club italiani: Il Capolinea 8, seguendo la direzione artistica del locale. Ricevo grandi soddisfazioni constatando l’interesse del pubblico per i concerti proposti e dei musicisti che vi suonano.



JC: Ci parli subito del tuo nuovo album?


MG: L’ultimo cd, Hard Life, è un progetto registrato in studio in quartetto (con Davide Calvi al pianoforte, Giorgio Allara al contrabbasso e Marco Puxeddu alla batteria) ma pensato come fosse un live. Sono tutti brani standard perché a me piace molto suonarli. Abbiamo ricevuto ottimi consensi sia da parte della critica che dal pubblico. Hard Life perché ci sono momenti nella vita molto duri dove ce la devi mettere tutta per superarli.



JC: Ci racconti ora il primo ricordo che hai del jazz?


MG: Un ricordo che mi è rimasto impresso è un concerto di Barney Kessel e Franco Cerri con sezione ritmica. Se ricordo bene era il 1980, qui a Torino. Rimasi folgorato nel vedere e sentire Kessel a tre metri di distanza, tutte quelle linee armoniche, un accordo dopo l’altro, un fraseggio così chiaro sui cambi armonici, tutto condito con uno swing incredibile. E Cerri con la sua unica eleganza dialogava senza problemi. Il pubblico che alla fine faceva la fila per salutare questi musicisti. Un bellissimo ricordo.



JC: Quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare una musicista?


MG: È stato tutto così naturale. Frequentavo le scuole medie e dissi a mio padre che desideravo una chitarra e che da grande avrei voluto suonarla per fare il musicista e girare il mondo. Questo è quello che sognavo, so che può sembrare banale ma per me fu così.



JC: Cos’è per te il jazz?


MG: Il jazz per me è: sincerità, rispetto, essere veri, ricerca e preparazione musicale, sacrificio, e cercare di gioire di quello che si riesce a fare e dire con le proprie caratteristiche musicali.



JC: E tra i dischi jazz che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?


MG: Porterei: Breezin’ di George Benson essendo stato il primo disco jazz che ho ascoltato ed essendo questo il disco che mi indirizzò da ragazzino verso la chitarra jazz. Porterei anche: The incredible jazz guitar of Wes Montgomery.



JC: Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?


MG: I miei maestri nella musica sono stati il maestro Filippo Daccò e i musicisti con i quali ho suonato. Nella vita mio padre è stato importante, non mi ha mai ostacolato. Lui lavorava al mercato, vendeva la frutta e anche io per qualche anno lavorai con lui per sostenere le spese familiari. Il lavoro del mercato è molto duro ed insegna molte cose e mio padre è stato un grande maestro.



JC: E i chitarristi che ti hanno maggiormente influenzato?


MG: I chitarristi che mi hanno influenzato maggiormente sono i papà della chitarra jazz come Wes Montgomery, Joe Pass. Kenny Burrel. Renè Thomas, Tal Farlow, George Benson. Ce ne sono altri che mi piacciono molto ma questi sono i principali.



JC: Come vedi la situazione della musica in Italia per un jazzman?


MG: Oggi ci sono tanti musicisti anche giovani che suonano bene. C’è, quindi, tanta offerta, però i locali specializzati non sono tanti e il pubblico è di nicchia quindi bisogna darsi molto da fare. Inoltre, la politica dovrebbe investire di più nella cultura, sostendendo locali, scuole e associazioni che propongono progetti culturalmente interessanti.



JC: Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?


MG: Per il futuro ho in cantiere un nuovo cd registrato con i grandi Massimo Faraò (al piano), Byron Landham (batteria) ed Enrcio Ciampini (contrabbasso). Un altro progetto è in cantiere con l’amico e valente contrabbassista Giorgio Allara.