ECM Records – ECM 2464 – 2016
Nik Bärtsch: pianoforte
Sha: clarino basso, clarino contrabbasso
Kaspar Rast: batteria, percussioni
Nicolas Stocker: batteria, percussioni melodiche
ospiti:
Etienne Abelin: violino
Ola Sendecki: violino
David Schnee: viola
Solme Hong: violoncello
Ambrosius Huber: violoncello
Chi avesse seguito le progressioni in musica (ma più estensivamente in arte) dello zurighese Nik Bärtsch, è già edotto del come le sue ormai innumerevoli esperienze live e la sua discografia, giunta oggi alla decima uscita in ensemble, (considerando a parte il solo Hishiryo, del 2002), si siano articolate tra due distinte formazioni: più noti, e maggiormente rappresentati i lavori con la band elettroacustica Ronin, più ambiziose e magari di maggior respiro le creazioni destinate al complesso Mobile, formazione bass-less con maggior intervento dell’apparato percussivo e performance di fluviali estensioni temporali e spesso completate dalla partecipazione live di performers quali danzatori o artisti marziali (di quest’ultima materia Bärtsch è regolare praticante e teorico delle implicazioni creative).
Dopo i precedenti due album presso l’etichetta autogestita Ronin Rhythm Records, si direbbe che ECM, in un’annata peraltro di netta fertilità, abbia devoluto ampio credito produttivo al suo ingresso di Mobile, considerandone non soltanto l’uscita in doppio LP di qualità ma anche un certo sostegno mediatico: sarà preliminarmente opportuno approcciarne l’ascolto non cercando analogie e non tentando paragoni con le parallele (e comunque geneticamente correlate) tracce roniniane, segnate da un similare impianto compositivo (i brani sono sempre elaborati secondo lo schema del “modulo”, da cui gli omogenei, comuni titoli), ma si consideri opportuno accantonare quanto già assimilato per meglio disporsi ad un’opera di cui un ascolto ad orecchie sgombre potrà valorizzare la visionarietà e le accresciute ambizioni creative.
Nella determinazione spettacolare di Mobile, ne ritroviamo qui i già noti caratteri: un atipico ruolo, para-ritmico e “percussivo” sostenuto dalle ance ultrabasse di Sha, di pitonesco, ipnotico carattere; il determinante peso dinamico e il rigore ritmico del roccioso batterista Kaspar Rast; il ruolo di “decoratore” ripreso, dopo Mats Eser, con nette capacità d’abbellimento da Nicolas Stocker; in alcuni intensi passaggi il team è integrato, non soltanto con forte ruolo di armonizzazione, da un quintetto d’archi con doppio violoncello (di schubertiano imprinting), che potrà spesso enfatizzare il carattere di soundtrack attribuibile a questo tessuto musicale, di fatto implementandone le riverberazioni e drammatizzandone i possenti crescendo, arricchendo senza belletti ma con elegante corpo il sound d’insieme, che nelle diversificazioni tematiche degli otto movimenti potrà fugare il sospetto che questo si mantenga poco “mobile” in senso evoluzionistico.
Regista ferreo e sottile tessitore di articolazioni temporali, il piano-ex-machina del leader Nikolaus Bärtsch persevera nel mantenere un identikit sfuggente, ma almeno non si potrà negare quanto si sia speso entro la sua ardita sintesi zen-funk, almeno tentando di scorporarne il rigore estremo-orientale, le più criptiche influenze mitteleuropee, alimentate da una tempra ambient fortemente esplorante ed un istinto fusion scarno e piuttosto personale.
Privo di note di copertina (comunque di grande fascino nella bella edizione in vinile), l’album è stato ampiamente introdotto sul web dall’autore con un supporto video trilingue, accorta celebrazione di una musicalità per molti versi ancora autarchica, che tiene in conto massimale il valore (e le implicazioni spettacolari) di elementi fondativi quali la drammaturgia e soprattutto la ritualità, e che con caparbietà conferma di credere nel valore (e nel diritto) dell’alienità in musica e, a proprio modo, nella dimensione del sortilegio.
Link correlati:
www.nikbaertsch.com/mobile
www.youtube.com/watch?v=YlcWDn_Zxrg