Zina Zinetti Music – 2016
Paolo Russo – Bandoneon Solo Vol.1
Paolo Russo: bandoneon
Duo Russo & Vilensky – Kattegat
Paolo Russo: bandoneon, pianoforte
Ruslan Vilensky: violoncello
Katrina Rosuscan: violino
Anna Barseghyan: violino
Elina Andrianova: viola
Andris Veinbergs: contrabbasso
Paolo Russo, talentuoso musicista italiano di bandoneon trapiantato in Danimarca, ha pubblicato due dischi pregevoli in cui lo si può ascoltare in solo e in duo con il violoncellista lettone Ruslan Vilensky. Nel primo lavoro intitolato Bandoneon Solo Vol. 1 Russo esegue dodici standard della “tradizione” jazz in perfetta solitudine. Rievoca con il suo strumento in uno stile personale, di ampio respiro, e con forte senso dello swing temi come il delicato Lush Life, dove improvvisazione e passione diventano tutt’uno; oppure quel capolavoro che è Whisper Not, che lui carica di ritmo con passaggi contrappuntati di bandoneon. Bisogna aggiungere che in tutti i pezzi presi in esame Russo mantiene inalterata quella base melodica che è la costante su cui costruisce la “sua versione”. Sia che si parli della sofisticata tensione di ‘Round Midnight, del fascinoso In a Sentimental Mood o di I Loves You, Porgy. Non mancano la bossa di Jobim riletta con profondo senso di nostalgia in How Insensitive, e le evoluzioni interiori di Infant Eyes di Shorter. Il disco si chiude con le inflessioni gospel di Come Sunday, che Russo rievoca con voce da organo e slanci spiritual.
Il secondo disco è un lavoro di pura bellezza. Russo suona bandoneon e pianoforte dialogando con il violoncello di Ruslan Vilensky, un musicista, che come tradizione baltica, fa “cantare” lo strumento. La loro musica è una sintesi di mediterraneo e nord europa, di tango e classica fusi assieme. È una musica che travalica qualsiasi senso di appartenenza e definizione. Va oltre le categorie per divenire essa stessa rappresentazione di bellezza e libertà espressiva. Queste componenti si materializzano nello splendido e potente brano d’apertura intitolato Kattegat che da anche il titolo al disco. Russo e Vilensky si tuffano in un dialogo continuo costruito su inseguimenti che lasciano immaginare rondini in volo che giocano in un cielo che non ha confini. La loro esecuzione è sostenuta dalla forza di due violini, viola e contrabbasso.
Ma Kattegat non finisce qui. È un disco pieno di sorprese. Le composizioni di Paolo Russo sono efficaci, variegate, e ricche di variazioni cromatiche a cui contribuisce con notevole liricità ed espressività il background culturale di Vilensky. Cosu Y casa è un gioiellino così come lo è per intensità espressiva la cover Dark Eyes. Il tango di Russo è figlio della contaminazione, di aperture verso est, di frequentazioni sonore a cui anni addietro Gidon Kremer ha dato diritto di cittadinanza. Lui vi aggiunge passione, quel crogiuolo di istinto e animismo che è ancora saldo nel DNA mediterraneo. L’omaggio a Piazzola di Adios Nonino va letto in quella chiave, di due estremi che si fondono, nord e sud, nella sequenza filologica di un tema divenuto immortale invenzione. Poi un richiamo verso casa, di onde sonore portate dal mare, di ascolti giovanili di radio gracchianti e violini tzigani di Radio Tirana.
Kattegat si chiude con Oblivion del maestro Piazzolla. Una chiusura, che è allo stesso tempo, crediamo, un riferimento e un superamento. L’estensione del maestro verso geografie il cui calore si misura con l’intensità di un lirismo gotico e rarefatto.
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