NoFlightRecords – NFR S07 – 2016
Diego Allieri: pianoforte
Biagio Coppa: sax tenore, sax soprano
Adam Hopkins: contrabbasso
Thomas Fujiwara: batteria
Sessione di studio a Brooklyn per una doppia coppia italo-statunitense, che dei talenti nostrani esplicita la piena credibilità di collocazione tra segni ed energie transatlantiche, e del duo di sodali la più tangibile disponibilità nel completare il disegno di un discendente da una forte linea espressiva.
A seguire un recente duo appunto con il confermato e titolatissimo sassofonista, la nuova quadratura configura una tra le più tradizionali formazioni in jazz che non tarda a disvelare, sotto la regia passionale ed argomentata del pianista bergamasco, il dichiarato culto delle figure cardinali del pianismo storico, non certo insensibile all’opportunità della loro ricollocazione contemporanea.
Oltre ad omaggiare in modalità non soltanto referenziale il caposcuola dell’anti-armonia jazz (Monk’s Dream) ed un altro grandissimo patriarca del pianismo bop (nella powelliana Oblivion), il quartetto declina due prove autografe di Allieri a altre due in collettivo, che della band attestano efficacia d’interscambio e fluidità comunicativa, senza mettere da parte tensioni estetiche e dimensione del rischio.
Esasperando le già impervie obliquità monkiane e non negando movimentata sontuosità al dettato di Powell, le due metà dell’album sono completate dalle rispettive jam Exausting Wait, palestra degli istinti individuali e libera arena d’invettiva nel primigenio spirito del free.
Sensibile fianco espressivo, come era da attendersi, viene espresso dallo sperimentassimo Coppa, dalle cui ance erompono senso melodico spezzato e spinoso e brucianti effervescente, non limitandosi a completare il periglioso lavoro armonico e le austere invenzioni fraseologiche dell’abile titolare, energeticamente sostenuti dall’impeccabile e funzionale sezione ritmica, e ciò che il lavoro attinge a più riprese è una vivida costruzione trans-temporale che tonifica il làscito tutt’altro che remoto di una ineludibile (e a lunga persistenza) era del jazz.
Molto convincente, più per concretezza d’impianto che dettaglio, il lavoro d’insieme, all’insegna di solida progettualità e lucido talento.