Klopotec – IZK CD 040 – 2016
Bostjan Simon: sax alto
Cene Resnik: sax tenore
Vitja Balzalorsky: chitarra elettrica
Jost Drasler: contrabbasso
Vid Drasler: batteria, percussioni
Marko Lasic: batteria, percussioni
Mimmo Cogliandro: clarinetto basso
Massimo De Mattia: flauti
Gabriele Cancelli: tromba
Luigi Vitale: vibrafono
Giorgio Pacorig: Fender Rhodes
Giovanni Maier: contrabbasso
Zlatko Kaucic: direzione, composizioni
Zlatko Kaucic è un percussionista sloveno noto in Italia per la sua frequentazione del cenacolo jazzistico del nord-est. La Jubileum orchestra è una sua creatura ed è composta da dodici elementi, sei slavi e sei italiani, partners abituali in altri progetti. Kaucic si riserva qui il ruolo di compositore, di direttore e mette a frutto le esperienze maturate negli anni in giro per l’Europa a contatto con personaggi quali Misha Mengelberg o Tete Montoliu, per citare solo i nomi più grossi. Il disco è dedicato a Bostjan Cvek, agitatore culturale, organizzatore del festival di Cerkno, scomparso prematuramente pochi anni fa.
La musica ha una chiara fisionomia free, nella concezione e nella sintassi dei brani. I musicisti, cioè, sono lasciati liberi sia nell’interpretazione delle parti scritte che negli spazi dedicati all’improvvisazione, dove possono avventurarsi oltre i limiti della tonalità e attingere agli stilemi propri dell’avanguardia jazzistica. Esistono, poi, momenti convenuti di condivisione di una frase musicale all’unisono, per muovere successivamente, con interventi di una o più voci a contrasto oltre la cellula motivica, in altri territori. L’ensemble sta al gioco dei solisti, sbuffa, spinge, fino a decollare. Il bandleader, a un certo punto, è pronto, però, a tirare le redini e a riportare tutti sulla strada segnata, stabilita in partenza.
Da momenti caotici, in cui tutti ci danno dentro apparentemente senza un’idea da seguire, una meta da raggiungere, si passa all’enunciazione di melodie di impronta balcanica, nostalgiche e severe. Da intermezzi rockeggianti, sottolineati dalla chitarra in distorsione o dai suoni sghembi, sgraziati del fender Rhodes si arriva a sequenze di calma apparente sostenute da pochi strumenti, come il vibrafono o il flauto.
Il pezzo migliore è Kekceva Pesem, caratterizzato da un tema malinconico ripetuto parecchie volte su tempi diversi, fino a trasformarsi in una marcetta, mentre gli strumentisti, non tenuti ad eseguire il ritornello, si lanciano in un assolo continuo con un effetto discordante e convergente nel contempo. Il finale, assegnato al flauto di De Mattia, chiude su toni lisci e tranquilli una traccia in cui non sono mancate le asperità.
Questo album, in conclusione, testimonia la capacità di Kaucic di realizzare una musica slovena nell’anima, per il contenuto melodico, ma europea e contemporanea nella pronuncia e nel lessico. Occorre, infine, rimarcare che alla riuscita del cd contribuiscono in maniera determinante dodici orchestrali, o meglio compositori istantanei, di sicuro spessore.