Brownswood – BWOOD0160CD – 2017
Daymé Arocena: voce
Jorge Luis Lagarza: pianoforte, cori
Gaston Joya: contrabbasso, basso, marimbula
Rafael Aldama: basso
Ruly Herrera: batteria
Yaroldy Abreu: percussioni
Yoswany Diaz: percussioni
Mayquel Gonzalez: tromba, cori
Emir Santacruz: sax tenore
Yuniet Lambida: sax baritono
Heikel Trimino: trombone
Rober Luiz Gomez: chitarra
Lino Lores: chitarra
Miguel Atwood Ferguson: archi
Barbara Llores: voce
Dreyser Durruti: voce
Dexter Story: voce, strumenti addizionali
Julio Padron: voce
Ernesto Lastres, Daniela Barreto, Loreta Zarquero: cori
«Cubafonia è un viaggio intorno ai ritmi, alla cultura e alla storia di Cuba ed è l’inizio del mio viaggio.» Daymé Arocena accoglie con queste parole gli ascoltatori all’interno del suo nuovo lavoro. Registrato a Cuba con musicisti cubani sotto lo sguardo attento di Gilles Peterson, Cubafonia muove alla ricerca di una strada che parta dalle tradizioni cubane e, senza rinnegarle né stravolgerle, le faccia incontrare con altri mondo sonori. Un vero e proprio ponte musicale verso il nuovo secolo e le tendenze più attuali, ma anche verso il jazz e la canzone pop. L’operazione – già percorsa altre volte, sia chiaro – si fonda in questo caso sull’impatto carismatico e trascinante della voce di Daymé Arocena e sulla sua abilità nel rendere credibili e funzionali i vari momenti del lavoro. La sua versatilità giustifica la varietà dei ritmi e delle suggestioni presenti nel disco, i suoi interventi, il suo dialogo con la formazione, il suo essere radicata nella realtà cubana e la sua proiezione internazionale danno forza a passaggi anche molto diversi tra loro.
Quando si imbastisce un’operazione simile, occorre trovare l’elemento che dia equilibrio alle varie spinte: in questo caso, appunto, è la voce. Arocena raccoglie ogni volta gli spunti presenti nei brani – tutti composti dalla cantante, peraltro – e offre all’ascoltatore un rifugio sicuro nelle tante inflessioni del suo modo di cantare, approdo sempre risolutivo e coerente per i vari passaggi. Le radici cubane non vengono tradite e, sia nei brani in cui sono più evidenti che nelle tracce più dove sono più nascoste, offrono la chiave per non rendere eccessivamente dispersiva la varietà messa in campo nel lavoro. La matrice cubana è stata da sempre è un riferimento e un punto verso il quale il jazz e, in generale, la musica statunitense e internazionale ha guardato con estremo interesse: se si considera poi il ventaglio ampio offerto dalle espressioni musicale dell’isola caraibica, le combinazioni sono state davvero numerose. La nuova generazione di musicisti cubani sta cercando una strada capace di mettere in risalto una prospettiva più autentica ed originale, una strada dove si possano unire e portare sintesi le tante suggestioni provenienti dal mondo esterno con l’esperienza diretta e personale dei linguaggi appartenenti all’isola. Superata la fase Buena Vista Social Club, dove l'”originale” storicizzato veniva restituito al mondo nella sua bellezza quasi incontaminata, superate le innumerevoli riprese da parte di interpreti stranieri, si approda così ad un incontro che viaggia intorno ai ritmi cubani, per ritornare le parole della protagonista del disco, e ne rivela le possibili implicazioni con altri contesti. Come si diceva prima, il punto determinante, però, è la prospettiva del tutto peculiare di Arocena e dei musicisti della generazione emergente: la possibilità di avere un contatto immediato tanto con la tradizione – e nel caso specifico lo ripercorreva il documentario La Clave che Gilles Peterson ha girato “accompagnando” la cantante nei luoghi di musica – quanto con quello che arriva da altri luoghi e da altre culture. In questo come in altri casi, il valore delle tradizioni, per quanto “rimaneggiate” e rivisitate, non viene mai messo in secondo piano rispetto ai contributi esterni ma, anzi, viene esaltato e diventa la traccia portante dell’intero discorso.
Il lavoro di “supervisione” compiuto da Gilles Peterson e Dexter Story completa il quadro e offre una sponda utile tanto alla voce che ai musicisti coinvolti. L’esplorazione della musica cubana condotta in Cubafonia, per quanto varia e mutevole, non diventa spiazzante o dispersiva.
Il disco mette in risalto, soprattutto, le potenzialità di Dayme Arocena: molte sono già presenti e attuali e, tanto Cubafonia quanto il precedente Nueva Era e il breve tour italiano dello scorso anno, le mostrano agli ascoltatori. Un’interprete vigorosa, spigliata e in grado di padroneggiare l’energia ritmica e di modulare in maniera efficace i temi più morbidi: un punto di partenza significativo e valido per i prossimi lavori e per le esibizioni dal vivo.
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