The Heliocentrics @ Parco della Musica

Foto: gentile concessione ufficio stampa










The Heliocentrics @ Parco della Musica

Roma, Auditorium – 7.4.2017


Malcolm Catto: batteria

Jake Ferguson: basso

Raven Bush: violino

Jack Yglesias: organo, percussioni

Barbora Patkova: voce

Dan Smith: chitarra

Ade Owusu: chitarra

Tom Hodges: electronics


Prima assoluta all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 7 aprile per gli The Heliocentrics, gruppo inglese che in questi anni si è fatto conoscere per aver accompagnato, in tournée o su disco, alcuni dei grandi della musica più contaminata. Dall’Ethio Jazz dell’etiope Mulatu Astatke a quello più free di Archie Shepp passando per l’afrobeat di Orlando Julius, la formazione capitanata dal batterista Malcom Catto si è sempre contraddistinta per un sound originale e moderno difficile da etichettare, a cavallo tra jazz, funk, elettronica e psichedelia. Ma è soprattutto negli album a proprio nome che tutto ciò viene ancora più alla ribalta, in un miscuglio di suoni che riassume tutte le esperienze musicali con un tocco di modernità che li proietta tra le realtà inglesi più interessanti di questi anni.


L’aspettativa per questo tour da solisti è inevitabilmente tanta, vuoi per la prossima pubblicazione del loro quarto album A World of Masks in uscita il 26 maggio per la Soundway Records, ma vuoi anche per le novità annunciate proprio a partire da questo nuovo disco e dalla serie di concerti di presentazione in anteprima.


La tappa romana cade tra quelle di Bologna e Milano e l’inizio segue un andamento prevedibile, visivamente e musicalmente scuro. I sette già dalle prime note partono a spron battuto riprendendo una musica che richiama quella fin qui proposta nei precedenti album: ritmi accentuati, insistenti, ipnotici, acidi, con i musicisti praticamente al buio sotto un telone che proietta delle immagini distorte che si ripetono in loop. Ma dopo qualche brano introduttivo ecco la grande svolta, ossia l’aggiunta fondamentale di una voce, quella della brava cantante slovacca Barbora Patkova, già assoluta protagonista anche su disco. La giovane cantante si inserisce perfettamente in questo contesto, modellando la sua voce in un sound che non l’aveva mai prevista, ma che l’accoglie come meglio non potrebbe: i suoni infatti si fanno meno acidi e meno disordinati, non snaturandosi comunque, con quella voglia di continua esplorazione alla base del gruppo sempre ben solida. Una novità che scongiura un certo rischio di omogeneità che poteva appesantire l’ascolto, e che di nuovo proietta il gruppo al servizio di un solista, questa volta una voce, che arricchisce e rivitalizza una musica che invita gli spettatori ad un viaggio cosmico verso il futuro un po’ più comodo, restando comunque imprevedibile. Un passaggio quasi inevitabile, rivoluzionario, ma che non cambia il naturale sapore psichedelico dei brani, ingrediente immancabile alla base di tutto.


Una serata di qualità davvero da incorniciare che avrebbe meritato sicuramente un pubblico più numeroso per un collettivo che si conferma ancora una volta di assoluto valore e che non smette mai di stupire, guardando con grande rispetto al passato ma soprattutto, e per nostra fortuna, coraggiosamente al futuro.



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