Foto: Fabio Ciminiera
Bill Evans: un concerto laboratorio a Faenza
Faenza. Chiostro Scuola Sarti – 24.5.2017
Bill Evans rappresenta un banco di prova importante per ogni jazzista e, ovviamente, ancor di più per ogni pianista. Banco di prova per il senso della melodia, per la capacità di trovare significati e visioni nella musica, per la possibilità di unire la profondità della composizione alla pratica dell’improvvisazione, di far incontrare la dimensione classica – colta ed europea – con il gesto e con la pratica del jazz. In una, trovare “modi” sempre differenti di dare significato alla musica, sfruttando tanto la tradizione quanto le possibili aperture al nuovo.
Michele Francesconi ha condotto nel corso dell’anno accademico appena trascorso un laboratorio sul pianista statunitense. Il suo approccio stilistico, le sue scelte di repertorio, le dinamiche interne al piano trio, le implicazioni legate alla sua figura sono stati gli spunti intorno ai quali hanno lavorato i pianisti. Il laboratorio è stato rivolto a pianisti già formati e, quindi, avviati a un proprio percorso personale, ma ancora attenti a cercare ulteriori strade espressive e possibilità di crescita nel confronto con un maestro della storia del jazz e con i colleghi.
Il concerto finale proposto nel Chiostro della Scuola Sarti si è perciò trasformato in una articolata esplorazione del mondo espressivo di Bill Evans e sulle sue modalità interpretative. Nel corso della sua carriera, Bill Evans ha scelto un ristretto novero di brani come “compagni di viaggio”: un repertorio su cui mettere in pratica concetti e sviluppare discorsi, dare una continuità al filo logico e artistico. Composizioni originali e standard resi definitivi dal suo tocco. questi brani sono, ovviamente, stati il fulcro del concerto e si sono intersecati con le personalità dei vari pianisti coinvolti. A questo filo conduttore vanno poi anche aggiunte alcune digressioni, come l’excursus tristaniano di Enrico Ronzani oppure la rivisitazione “evansiana” di Senza fine proposta da Rossella Giannini.
Sul palco sono saliti, in rigoroso ordine di apparizione, i pianisti Corrado Calessi, Carlo Belli, Massimiliano Vidali, Nicolò Missiroli, Rossella Giannini, Alberto Gramellini, Lorenzo Antonelli, Alberto Fattori, Luigia Nigro, Filippo Morini, Simone Migani ed Enrico Ronzani oltre a Michele Francesconi e a Massimiliano Rocchetta, docente di Pianoforte Jazz presso la Scuola Sarti. Con l’ausilio di Paolo Ghetti al contrabbasso e Giacomo Scheda alla batteria hanno dato vita a tante rappresentazioni differenti della formazione più frequentata dal grande pianista statunitense, vale a dire il piano trio.
Il percorso evansiano si è arricchito, come si diceva sopra, delle esperienze già acquisite dai vari protagonisti, esperienze diverse per livello e intensità ma capaci comunque di dare spazio ad una riflessione consapevole sul materiale suonato. Bill Evans è stato raccontato attraverso brani quali Funkallero, Interplay, Nardis, Someday my Prince will come: un racconto in musica di una esperienza irripetibile e, per molti versi, singolare; un racconto in musica che ha ripreso il senso della sua parabola artistica e ha cercato le chiavi per utilizzarlo come punto di partenza per lo studio e per le successive interpretazioni dei pianisti presenti nel laboratorio.
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