Maria Chiara Argirò – The Fall Dance

Maria Chiara Argirò - The Fall Dance

Odradek Records – ODRCD513 – 2016





Maria Chiara Argirò: pianoforte

Sam Rapley: sax tenore, clarinetto, clarinetto basso

Tal Janes: chitarra

Andrea Di Biase: contrabbasso

Gaspar Sena: batteria

Leïla Martial: voce







Maria Chiara Argirò disegna un ensemble dal modulo variabile per rispondere alle esigenze di una scrittura capace di far convivere e convergere influenze e stati d’animo differenti. I nove temi per dieci tracce complessive, se consideriamo l’introduzione a Dream R, rappresentano uno sguardo alle tante direzioni della musica di oggi, uno sguardo capace di andare dalle suggestioni cinematografiche di The man who sees the world alle derive post rock di Dream R e dell’eponima The fall dance, dalla libertà espressiva di Freely al passo incalzante e progressivo di Stanhope gardens. Una visione musicale animata soprattutto da una forte attenzione alla composizione e al suono dell’insieme, dall’intenzione di trovare un linguaggio che possa tenere insieme le influenze invocate di volta in volta. Nelle singole tracce, anche quando prevale un’ispirazione rispetto alle altre, la scrittura lascia sempre aperte strade alternative, una possibile via di fuga realizzata attraverso la sintesi di elementi diversi.


Per ottenere questo risultato, la pianista lavora molto sulle possibilità di una formazione in grado di rilanciare e interpretare le diverse anime presenti nella sua musica. Il sestetto permette di creare cellule interne al gruppo in modo da esplorare le varie atmosfere tratteggiate: consente un gioco di dinamiche ampio e sempre controllato, “costringe” ad un ascolto reciproco costante e alla necessità di un arrangiamento all’interno della scrittura. Il risultato è un suono compatto e solido, costruito grazie al contributo di tutti i protagonisti. Suono utile a sostenere le linee del solista di turno e, in particolare, gli slanci esplosivi e trascinanti di Leïla Martial. In tutto il disco, però, il lavoro dei sei musicisti è quello di creare una tessitura consistente in grado di legare e rendere coerenti i vari riferimenti. Il sestetto manifesta con evidenza come alcune esperienze musicali siano del tutto storicizzate per il jazzista del terzo millennio: Radiohead, Nirvana o David Bowie, evocato nel titolo di The man who sees the world, diventano punto di partenza tanto quanto i grandi maestri della storia del jazz, i capisaldi del rock storico e la musica colta del novecento. La chiave è trovare il modo per attraversare i territori intermedi tra i generi e sfruttare questo bagaglio come fonte di ispirazione. Le composizioni di Maria Chiara Argirò sottolineano come sia impossibile escludere uno qualunque degli elementi citati sopra volendo trovare la propria strada in una musica che sia creativa o di improvvisazione: tanto per l’autore che per l’ascoltatore, è ineludibile non guardare ad una gamma tanto larga e sfaccettata di rimandi. La costruzione musicale di Maria Chiara Argirò e dei suoi compagni di avventura, se si vuole, non ha bisogno di stabilire le connessioni tra le sue diverse anime ma arriva alla sintesi senza troppi artifici, in maniera intima e connaturata.




Segui Fabio Ciminiera su Twitter: @fabiociminiera