Pollock Project – Speak Slowly Please

Pollock Project - Speak Slowly Please

2017





Marco Testoni: pianoforte, handpan, percussioni, tastiere, cori, programming

Simone Salza: sax soprano, sax alto

Elisabetta Antonini: voce, live electronics

Mats Hedberg: chitarre

special guests:

Giancarlo Russo: basso in Unnecessary

Guido Benigni: basso in Speak Slowly Please!

Primiano Di Biase: pianoforte in So What







Continua il viaggio di Pollock Project attraverso la giungla sonora dei nostri tempi, alla ricerca di una possibile e sempre mutevole soundtrack . In questo quarto cd ci sono significative novità di formazione e di scrittura. Il gruppo si è allargato proponendo alle chitarre lo svedese Mats Hedberg. Questo permette a Marco Testoni, autore di cinque dei sette brani in scaletta (gli altri due sono una cover di So What e una riproposizione dello zappiano Watermelon on Easter Hay) di arricchire la sua già notevole tavolozza timbrica. Il percussionista romano si cimenta anche in due vere e proprie canzoni: quella, molto convincente, che da il titolo al disco e la traccia di apertura L as In A Gift, dando così per la prima volta al suo gruppo una cifra melodica di spessore.


Sono tanti anche, rispetto ai dischi precedenti, gli elementi di continuità: la ricchezza di suoni, determinata anche da un uso dell’elettronica sempre pertinente, da un gioco d’inserti sonori provenienti dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità che s’intrecciano alla musica creando un flusso continuo di rimandi e suggestioni, l’immediatezza e la raffinata semplicità delle composizioni. Grazie a una felicissima “deformazione professionale” (lavora da sempre in ambito cinematografico), Testoni pensa alla musica in termini d’immagini visive. La comunicazione immediata (evocata anche nel titolo del disco), è per lui una necessità artistica primaria. Questa semplicità non scade mai, però, nell’ovvietà o nel patchwork stilistico. La rilettura di So What è, in questo senso, esemplare. La scarna idea di Miles, viene continuamente riproposta su una specie di tappeto dance mentre i soli, di ottima scuola jazzistica, suggeriscono continui cambi di atmosfera, spostamenti di colori; il vecchio classico, senza perdere le sue connotazioni fondamentali, diventa quindi racconto, colonna sonora di un paesaggio urbano indefinito, in continuo movimento. La musica di Pollock Project riesce sempre a mantenere, al di là della fruibilità istantanea, una dimensione d’inquietudine e di spiazzamento. Ciò si deve anche e soprattutto alla bravura dei singoli. Elisabetta Antonini e Simone Salza si muovono a loro perfetto agio nelle acque cangianti della musica del leader. Entrambi hanno il feeling “drammatico” necessario a interpretare il flusso d’immagini e suggestioni che tale musica evoca. Lo stesso si può dire del già citato Mats Hedberg. Sua l’introduzione al brano più convincente ed esplicativo del disco, quel Nana, ispirato al celebre strip della ballerina turca citato da Fellini ne La dolce vita.