Intakt Records – Intakt CD 293 – 2017
Irène Schweizer: pianoforte
Joey Baron: batteria
Coppia ad estremo tasso di carica polemica e problematicità, ma non per ciò di litigiosità – anzi.
Non era poi scontato l’incontro, o il match creativo, tra la Gran Dama del jazz elvetico (ed attiva testimone delle prime ore dell’euro-free) ed il mascalzoncello Yankee, in realtà nella fascia anni “anta” da alcuni decenni e temprato di cultura Jewish non soltanto grazie alle scorrerie in area Tzadik.
Trattasi peraltro di frequentazione recentissima, codesta tra il partner della grande avventura friselliana nonché braccio percussivo di un ampio ventaglio di firme, da Laurie Anderson a Gary Peacock, e la grandissima veterana della tastiera, la quale non ha disertato similari disfide, avendo già fissato incisioni di ruolo paritario insieme a Pierre Favre, Günter Baby Sommer, Jan Bennink o Andrew Cyrille, e della scena statunitense non ha omesso di studiare contributi pianistici di determinante profilo, tra tutti l’impronta e le derivazioni di figure alla Paul Bley .
Nel conferire spettacolare omaggio al “sentire Jazz” (ma più in generale al mondo dell’entertainment) targato USA, la pianista non lesina ammiccanti sortite danzanti (peraltro d’eccellenti sviluppo e tenuta), che attingono a complemento dinamico nelle trovate di torrenziale inventiva di Baron.
Più accreditabile donatrice di assist, forte di profondo acume tattico ed espanso ventaglio linguistico, Schweizer incontra la versatilità, tinteggiata d’assennata impudenza, del brillante confratello d’oltre Atlantico: oculatamente incoraggiata dall’infaticabile producer Patrik Landolt, quest’esperienza live sottende un’implicita denuncia (e per vari versi una rivalsa) nei confronti del torpore del circuito statunitense verso un gran numero di figure del jazz europeo: tanto speciale, concentratissimo interscambio, con non rari elementi di sorpresa, s’esalta nel tocco scintillante e nella verve smaltata della pianista nella percussione provocatoria e l’allure da bad boy della controparte.
Se non mira a fissare (in parte per la dichiarata informalità d’impianto) una pietra miliare d’intesa tra talenti, la registrazione rimane stimolante e vivida testimonianza di un’eccellente sintesi d’ispirazione istantanea e civiltà del dialogo.